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Omelie Parroco

DOMENICA  17  MARZO  2024

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

Domenica di Lazzaro


 Rif. Biblici:    1^Lettura:   Dt        6,4a.20-25

                      Epistola:     Ef               5,15-20                      

                             Vangelo:     Gv      11,1-53                     

 

La quinta domenica di Quaresima è conosciuta come la domenica di Lazzaro.

La liturgia, sempre con un brano del Vangelo di Giovanni, porta a compimento la catechesi che vuole aiutarci a riscoprire la bellezza del dono ricevuto nel Battesimo.

La samaritana - l’acqua che purifica e dona la vita.

Abramo - la libertà dalla schiavitù del peccato.

Il cieco nato - la luce che ci fa vedere il vero ed il giusto.

La resurrezione di Lazzaro è segno della vita nuova che nel Battesimo ci è stata donata.


Il grido di Gesù “Lazzaro vieni fuori” è simbolicamente per noi l’invito a “uscire” dalla condizione di peccato e di morte per entrare nella vita eterna.

Il seme di eternità ricevuto nel giorno del Battesimo va custodito e coltivato nella fede che ci porta a credere che in Gesù noi tutti avremo la vita eterna.

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno.  Credi questo?»”.

Oggi il Signore pone a noi la stessa domanda: “Credi tu questo?” - “Credi che la morte non sia la fine di tutto o il termine di ogni cosa?”. 

Credi, credi, credo …?

In Gesù la morte è diventata la partecipazione piena alla Pasqua di Cristo.

Pasqua significa “Passaggio”.  Per noi la morte è il passaggio da questa vita alla vita eterna. 

Diamo quindi un significato più profondo e vero a quanto recitiamo nel Simbolo di fede: “Credo la vita eterna”.

Certamente dobbiamo lottare perché profondamente legati a questa vita che è quella che conosciamo, mentre non conosciamo la vita eterna ma “Crediamo”.

Il Signore ci accompagni, ci sostenga e aumenti la nostra fede.

 

don Edy


DOMENICA  3  MARZO   2024

TERZA  DOMENICA  DI  QUARESIMA 

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Es                       32,7-13b

                      Epistola:    1Ts                         2,20-3,8

                             Vangelo:    Gv                         8,31-59

La terza domenica della Quaresima è conosciuta come la domenica di Abramo.

Oggi la liturgia ci invita a proseguire il nostro cammino alla riscoperta dell’importanza e bellezza del nostro Battesimo.

L’acqua che nel Battesimo purifica e dona la vita è la fonte della nostra libertà, della libertà autentica che spezza le catene della schiavitù del male e del peccato.

Il brano evangelico ci mostra il percorso che viene proposto nella fede in Cristo Gesù, che si manifesta come il figlio di Dio.

In verità, in verità vi dico prima che Abramo fosse Io Sono”.

Come nell’incontro con la Samaritana Gesù rievoca l’episodio della rivelazione del nome che troviamo nel libro dell’Esodo.  Alla domanda di Mosè che chiede: “Tu chi sei?”, Dio risponde: “Io Sono”.

Colui che è visto come un uomo, Gesù, afferma: “Io Sono” ossia non solo uomo ma anche Dio. “Vero uomo e vero Dio”.

Siamo di fronte ad uno dei momenti più alti della Rivelazione.  Siamo messi faccia a faccia col mistero che non possiamo né comprendere né spiegare.  Solo la fede ci permette di accettare ed accogliere la parola di Gesù.

I Giudei che incontrano Gesù non credono, non sanno o non vogliono andare oltre ciò che vedono perché sono prigionieri di se stessi e della loro storia.  Appartengono al mondo e non a Dio.  Dice Gesù: “A me, invece, voi non credete, perché dico la verità.  Chi di voi può dimostrare che ho peccato?  Se dico la verità, perché non mi credete?  Chi è da Dio ascolta le parole di Dio.  Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio”.

Il Battesimo ci ha fatto dono della fede in Cristo Gesù che ci rivela il Padre e ci dona lo Spirito.


La fede è un dono che va custodito, curato e fatto crescere.  Dice ancora Gesù: “
Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.  Ci sono tre passaggi fondamentali senza i quali non possiamo dirci Cristiani.

1.  Rimanere nella mia parola”.  L’essere cristiani, discepoli di Cristo, significa fondare tutto sulla sua parola.  Noi non inventiamo niente, ma solo la sua parola ci costituisce Cristiani.  Sarebbe molto interessante spiegare la differenza tra Fede e Religione che spesso interpretiamo in modo univoco.

Non è così.  La fede è l’adesione piena alla parola, la religione sono i gesti umani che noi compiamo nel tentativo di visibilizzare ciò in cui crediamo.

2.  Conoscere la verità”.  La verità è che nessuno di noi è salvezza a se stesso per appartenenza etnica o per opere o altro.  Solo Dio ci salva.  Possiamo dire che questa conoscenza della verità è un cammino che abbraccia tutta la vita fino all’incontro finale con Dio.

3.  La verità vi farà liberi”.  È la libertà di chi ha scoperto tutta la sua insufficienza e fragilità e si fida solo di Dio e sa che (come dice il Salmo): “Chi in te confida non sarà deluso”.  Libertà da ogni paura di morte e ogni altro sentimento negativo.  La Quaresima ci aiuti a radicarci nella Parola, conoscere la verità ed essere liberi.

don Edy


DOMENICA  25  FEBBRAIO  2024

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA


Rif. Biblici:    1^Lettura:   Dt                       5,1-2.6-21

                      Epistola:     Ef                               4,1-7

                             Vangelo:     Gv                     4,5-42

 

La seconda domenica della Quaresima ambrosiana è conosciuta come la domenica della Samaritana a partire dal brano evangelico di Giovanni che leggiamo in questo giorno.

Essa dà inizio alla grande catechesi battesimale, voluta da S. Ambrogio, che si sviluppa in queste domeniche, sempre a partire del Vangelo di Giovanni.

Domenica della Samaritana -       l’acqua

Domenica di Abramo            -       la libertà

Domenica del cieco nato       -       la luce

Domenica di Lazzaro             -       la resurrezione

Nel brano odierno Gesù si propone come Colui che dona l’acqua che estingue sempre la nostra sete.

La sete di cui Egli parla è sete di vita eterna.


Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno.  Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”.

Siamo invitati a liberare il nostro spirito da tutto ciò che impedisce l’emergere del desiderio di eternità che è dentro di noi.

È il cammino della conversione cui siamo chiamati in questo tempo di Quaresima.  Le cose materiali, i beni di questo mondo, non possono dissetarci.  Solo Dio lo può fare.

Nell’acqua del Battesimo abbiamo ricevuto il seme dell’eternità, che va curato e non dimenticato o trascurato.

Ci chiediamo già oggi se in questi primi giorni di Quaresima abbiamo voluto fare a meno di tante cose terrene per riscoprire che solo Dio può riempire in pienezza il nostro cuore e che nel Battesimo ci è stata aperta la via per l’eternità.

Ancora ci ricordiamo di ringraziare Dio per il Battesimo che abbiamo ricevuto, per l’acqua che ci ha liberati dal male e ci ha fatti figli e figlie di Dio?

Il Battesimo facendoci figli/e dello stesso Padre ha realizzato una nuova fraternità.   Ce lo ha ricordato San Paolo nella seconda lettura.

Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo.  Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”.

In Quaresima vogliamo ricordare tutto questo.

don Edy


DOMENICA  18  FEBBRAIO  2024

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

 

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                          57,15-58,4a

                      Epistola:     2Cor                      4,16b-5,9

                             Vangelo:     Mt                         4,1-11

Iniziamo oggi il Santo tempo della Quaresima che ci porterà a rinnovare il mistero della Pasqua di Cristo Signore.

La Quaresima evoca attraverso il numero quaranta un periodo di grazia, di vicinanza del Signore, di uscita da una situazione di schiavitù alla piena libertà.

Su tutti gli eventi segnati dal quaranta basta evocare gli anni di Israele nel deserto e i quaranta giorni di Gesù sempre nel deserto.

La Quaresima è quindi orientata dalla grazia di Dio che si fa vicino e ci chiama a conversione, ad un cambiamento profondo di vita.

Il brano di Vangelo, in modo paradigmatico, ci dice che la nostra vita sarà sempre segnata da tentazioni che, se ascoltate, ci allontanano da Dio, ci danno una illusione di gioia e di felicità, che poi non si realizzano.

Nella seconda lettura San Paolo sottolinea con forza questo aspetto.

“Fratelli, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne”.

Siamo chiamati a fissare lo sguardo sulle cose invisibili e non su quelle di questo mondo. Da sempre la Quaresima per aiutarci a realizzare questo passaggio ci propone l’ascolto più attento e profondo della Parola.  Una preghiera più convinta nel dialogo con Dio e il digiuno non solo nell’astenersi da cibi e bevande, ma anche digiuno del pensiero e della parola e ai nostri giorni della televisione e socials.


Ascolto – Preghiera – Digiuno.

La Quaresima vera è il tempo di lotta.

Sempre San Paolo oggi ci dice di aver fede e di affidarci a Dio.

Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione - , siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.  Perciò sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a Lui graditi”.

Buona Quaresima a tutti.

 

don Edy


DOMENICA  11  FEBBRAIO  2024

ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA


Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                         54,5-10

                      Epistola:     Rm                       14,9-13

                             Vangelo:     Lc                        18,9-14

La liturgia celebra l’ultima domenica del tempo ordinario dopo l’Epifania.

Il rito ambrosiano inizierà domenica il tempo forte e sacro della Quaresima.

La Quaresima ci chiamerà a conversione della mente e del cuore per essere degni di partecipare ai misteri della Pasqua.

Già oggi la Parola di Dio ci indica la strada da seguire che è quella di Gesù che si è fatto servo, è stato umiliato e condannato per noi.


Il brano evangelico chiude dicendo: “Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.

Il profeta Isaia nel quarto carme parla del servo che si lascia umiliare per la nostra salvezza.

Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”. (Is 53,3-7).

Ma proprio per questo sarà esaltato.  Dice sempre Isaia: “Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza”.

Anche noi nella misura in cui sappiamo seguire Gesù “il  SERVO”  conosceremo l’amore di Dio che da lontano si è fatto vicino e da onnipotente piccolo.

Dice San Paolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome”. (Fil 2,5-9).

Sia questa la strada da seguire con gli stessi sentimenti di Gesù nel cuore per entrare nella Quaresima.

 

don Edy


DOMENICA  4  FEBBRAIO  2024

PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA


Rif. Biblici:    1^Lettura:   Os                         6,1-6

                      Epistola:     Gal                       2,19-3,7

                             Vangelo:    Lc                        7,36-50

 

Oggi celebriamo la domenica della “Divina clemenza”.

Le letture ci parlano di Dio che ci viene incontro per donarci il suo perdono e farci sperimentare la bellezza di sentirsi amati da lui.

Gesù ci mostra con le sue parole ed il suo agire che Dio è amore che vuole il bene di tutti a partire dai peccatori.


La Parola che oggi ascoltiamo ci chiede una profonda conversione, della mente e del cuore.

Il profeta Osea nella prima lettura ci dice: “Affrettiamoci a conoscere il Signore”.

Ci chiediamo se noi lo conosciamo o no.  Lo conosciamo a partire da quanto lui ci ha detto, ci dice o ci fa vedere, e non dalla nostra esperienza umana e terrena.  Sempre il profeta mette queste parole sulla bocca di Iahvè: “Poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti”.

Questa conoscenza deve portarci all’imitazione di Cristo per essere come lui e manifestare al mondo l’amore di Dio.

Nella seconda lettura Paolo ci dice: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me.  E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”.

Sono due i passaggi richiesti.  Anzitutto “l’essere crocifissi con Cristo” ossia aver imparato a dire di no al nostro Io, essere in grado di portare la croce come lui sapendo che dalla Croce viene la nostra salvezza.  Come Cristo vivere la vita come servizio in risposta ai doni che Dio ci ha dato.

Ciascuno di noi ha avuto una vocazione che ci chiama a  rinunciare a progetti umani propri per seguire la chiamata del Signore. “Chi vuol essere mio discepolo rinneghi se stesso, prenda la sua Croce e mi segua”.

Il secondo passaggio ospitare nel cuore i sentimenti di Cristo e nella mente i suoi pensieri per poter dire: “Non vivo più io ma Cristo vive in me”.

Tutto questo è il traguardo della vita cristiana verso cui camminiamo nella sequela.

Portiamo allora la croce e lasciamoci crocifiggere con gioia per poter portare Cristo in noi.

 

1don Edy


DOMENICA  28  GENNAIO  2024

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

 

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                       45,14-17

                      Epistola:     Eb                       2,11-17

                             Vangelo:    Lc                       2,41-52

Oggi celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazaret.  Già ci siamo fermati a guardare a questa famiglia in occasione del Santo Natale.  Ancora una volta il Vangelo delle feste natalizie ci ha detto che il suo fondamento è l’obbedienza alla chiamata di Dio.

Maria risponde di sì all’angelo dicendo “sia fatta la sua volontà”, Giuseppe obbedisce prendendo con sé Maria e accogliendo nella sua famiglia, con l’imposizione del nome, il figlio suo Gesù.

Il Vangelo odierno ribadisce tutto questo.  È Gesù stesso che afferma: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.


Ritornati a Nazaret Gesù, Maria e Giuseppe vivono la loro esistenza in completa obbedienza alla volontà del Padre che sta nei cieli.

Vediamo l’espressione di questa obbedienza in due aspetti molto significativi.

Gesù stava loro sottomesso”.  Egli è il Figlio di Dio ma sa che la sua missione è quella del “Servo di Jahvè”.  Per i nostri peccati sarà umiliato, perseguitato e messo a morte.  Gesù sin dall’inizio anticipa tutto questo rimanendo sottomesso e nascondendo la sua divinità.  In lui si compie quanto detto da Isaia nella prima lettura: “Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore”.

Il nascondimento di Nazaret è segno che egli è uno di noi e come noi.  Egli sarà l’Emmanuele, ossia il “Dio con noi”. La resurrezione manifesterà al mondo la sua divinità e a tutti si rivelerà come “Vero Dio e vero Uomo”, “Vero Uomo e vero Dio”.

La seconda sottolineatura riguarda Maria di cui si dice che “Custodiva tutte queste cose nel suo cuore”.

Ella non comprende ma custodisce perché sa che il Mistero non può essere spiegato ma va annunciato per la salvezza dell’umanità. 

Nella Santa Famiglia oggi contempliamo il disegno mirabile di Dio che ha voluto farsi come noi per la nostra salvezza.

Vogliamo custodire nel cuore questa certezza ed annunciarla mondo intero.

 

don Edy


DOMENICA  21  GENNAIO  2024

TERZA  DOMENICA  DOPO L’EPIFANIA


Rif. Biblici:    1^Lettura:   Nm                       11,4-7.16a.18-20.31-32a

                      Epistola:     1Cor                   10,1-11b

                             Vangelo:    Mt                      14,13b-21

Siamo nel tempo dopo l’Epifania ed anche in questa domenica la liturgia ci presenta un episodio epifanico dopo il racconto del Battesimo al Giordano e la Cena di Cana.

È la domenica in cui Gesù attraverso il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci si manifesta al mondo come colui che solo può saziare la nostra fame. Il racconto evangelico va interpretato nella sua ricchissima e multiforme simbologia.


La fame corporale è segno della fame più profonda e autentica di ogni uomo. Nella misura in cui sappiamo andare in profondità, e non essere superficiali, scopriamo la fame infinita di vita, di eternità, di bellezza, di bene e di pace che le cose di questo mondo non possono darci.

San Paolo nel brano dell’epistola ci ricorda tutto questo quando dice parlando dei padri nel deserto: “Tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.  Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.  Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono”.

Abbiamo fame e sete di eterno.

Per questo la nostra umanità non può dare una risposta piena e definitiva.

I discepoli si rivelano incapaci di sfamare la folla che aveva seguito Gesù, segno dell’incapacità dell’uomo a colmare il desiderio più profondo di senso e significato che ciascuno di noi ha dentro di sé.

Ci sono domande a cui non sappiamo rispondere.

“Che senso ha la vita?  Perché il dolore e la sofferenza e in ultima analisi perché la morte?”.

Solo nella fede in Cristo possiamo illuminare il mistero oscuro e profondo dell’esistenza.  Cristo ci nutre con la sua parola che però richiede sempre una risposta da parte nostra.  “Credi tu?”.

Sì o Signore io credo, colmami della tua parola che nutre la mia vita e sazia la mia fame.

don Edy


DOMENICA  14  GENNAIO  2024

SECONDA  DOMENICA  DOPO L’EPIFANIA 

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                       25,6-10a

                      Epistola:     Col                     2,1-10a

                             Vangelo:    Gv                      2,1-11

 


Oggi la liturgia ricorda un altro segno epifanico, il miracolo che Gesù compie a Cana di Galilea trasformando l’acqua in vino.

L’evangelista Giovanni, che narra questo episodio, ci dice che questo compiuto a Cana di Galilea fu il primo dei segni operati da Gesù.

Il segno ha nel Vangelo di Giovanni lo scopo di portare chi lo vede ad andare oltre il fatto naturale per entrare nel soprannaturale.  In parole povere a credere che Gesù non è semplicemente un uomo ma il figlio di Dio che manifesta nel segno la sua gloria.

Egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.

L’invito è anche per noi quello di rimettere Cristo al centro della nostra vita come Signore e guida della nostra esistenza.

Oggi c’è un grande dibattito sulla capacità o meno del cristianesimo di incidere nella società e nel mondo, di essere, come ci dice il Vangelo, Segno che parla a tutti gli uomini.

Dobbiamo rendere più pura la nostra fede radicandoci sempre più in Cristo per tornare ad essere quel “sale” e quella “luce” di cui parla il discorso della montagna.

San Paolo nella seconda lettura ci richiama a tutto questo.

Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie.  Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.  È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui”.

Sia così per tutti noi.  Capaci di seguire Cristo e non gli insegnamenti della tradizione umana secondo gli elementi del mondo.

 

don Edy


DOMENICA  17  DICEMBRE  2023

SESTA  DOMENICA  DI  AVVENTO


Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                      62,10-63,3b

                      Epistola:     Fil                     4,4-9

                        Vangelo:    Lc                     1,26-38a

Nella sesta domenica di Avvento la chiesa ambrosiana celebra la festa della Divina maternità della beata sempre vergine Maria o dell’Incarnazione del Verbo di Dio.

La stessa festa viene celebrata nella liturgia romana come compimento dell’ottava di Natale il giorno 1° gennaio.

Maria venne proclamata “THEOTÒKOS” (Madre di Dio) dal Concilio di Efeso il 22 giugno 431 d.C. contro le eresie che negavano che il Figlio di Maria fosse al contempo “Verus homo” e “Verus Deus” come affermato dal Concilio di Nicea.

Maria è colei, scelta da Dio per dare un corpo al Figlio suo.  In lei per potenza di Spirito Santo si compie il mistero dell’incarnazione. 

Non è opera umana ma unicamente grazia di Dio.


Il Vangelo dice: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra.  Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio
”.

Quel bambino sarà chiamato “Figlio di Dio”.  Egli sarà, come annunciato dal profeta Isaia, “L’EMMANUELE” ossia il Dio con noi.  Oggi la celebrazione liturgica ci invita anzitutto a ringraziare Dio per questo grande dono.

La prima orazione della Messa ci dice: “O Dio che nella verginità feconda di Maria hai donato al mondo i beni della salvezza. Noi ti ringraziamo”.

Grazie o Dio perché in Maria ci hai donato il tuo Verbo che si è fatto carne.

C’è poi l’invito alla gioia perché il dono di Dio è così grande.

Nell’epistola san Paolo ci dice: “Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti.  La vostra amabilità sia nota a tutti.  Il Signore è vicino!  Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con le preghiere, suppliche e ringraziamenti”.

Viviamo quindi questi ultimi giorni prima del Natale con il cuore colmo di gioia, grazie a Dio per il suo dono.

                                                   don Edy


DOMENICA  10  DICEMBRE  2023

QUINTA  DOMENICA  DI  AVVENTO

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                      11,1-10

                      Epistola:     Eb                            7,14-17.22.25

                             Vangelo:    Gv                     1,19-27a.15c.27b.28

Questa quinta domenica di Avvento ci presenta ancora una volta la figura di Giovanni il Battista che rende testimonianza a Gesù indicandolo come il più grande, il Messia.

Il Vangelo dice: “Egli confessò e non negò”. “Io non sono il Cristo”. E più avanti aggiunse: “Io battezzo nell’acqua.  In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me, ed era prima di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”.

Nella prima lettura Isaia ci offre una visione meravigliosa del Messia annunciato da Giovanni.  Egli non sarà un Messia politico che scaccerà i nemici romani, non sarà colui che instaurerà un regno terreno come la gente chiedeva.  Egli darà inizio ad una nuova storia di giustizia e di pace.


Egli è il “Dono” per eccellenza di Dio che fa crescere un virgulto da un tronco secco: “
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici”.

Egli sarà guidato dallo Spirito di Dio: “Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.  Si compiacerà del timore del Signore”.

Il Messia darà inizio ad un mondo nuovo: “Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà.  La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme.  Il leone si ciberà di paglia, come il bue.  Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.

Celebrare il Natale significa accogliere il dono di Dio e collaborare alla costruzione di un mondo nuovo.

                                                   don Edy


DOMENICA  3  DICEMBRE  2023

QUARTA DOMENICA DI AVVENTO

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                      16,1-5

                      Epistola:    1Ts                    3,11-4,2

                             Vangelo:    Mc                   11,1-11

In questa quarta domenica di Avvento la liturgia ci invita a guardare Gesù come il Figlio di David che entra nella storia dell’umanità e nella nostra storia personale come il Re e Signore della nostra vita.

La narrazione evangelica situa il brano di Vangelo odierno all’inizio dell’ultima settimana della vita terrena di Gesù prima della sua passione, morte e resurrezione.  In poche parole è preparazione alla Pasqua di Cristo.


La cavalcatura (un puledro d’asino) è segno della scelta di voler stare ed essere con gli ultimi ed i poveri.  Nella sua passione egli si manifesta pienamente come il “Servo di Dio” annunciato da Isaia.
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”.  (Is 53,2-7).

Proprio perché si è umiliato sarà esaltato.  L’annuncio della Chiesa primitiva è proprio questo: “Colui che voi avete crocefisso e messo a morte, Dio Padre lo ha resuscitato e fatto sedere alla sua destra”.

Egli si manifesta nella Resurrezione come il Messia, il consacrato di Dio che reca l’annuncio di salvezza a tutti i diseredati.  Anche qui si coglie la profezia di Isaia: “Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore per manifestare la sua gloria”. (Is 61,1-3).

In Avvento noi attendiamo il Servo di Dio che nasce nella povertà più assoluta per essere strumento di salvezza dell’amore e della misericordia di Dio e non della potenza umana.                                         

don Edy


DOMENICA  26 NOVEMBRE  2023

TERZA DOMENICA DI AVVENTO

 Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                      51,1-6

                      Epistola:     2Cor                2,14-16a

                      Vangelo:   Gv                   5,33-39

Tema della liturgia odierna è la testimonianza.

Nella prima lettura di questa terza domenica di Avvento il profeta Isaia ci invita a guardare ai due grandi personaggi dell’Antico Testamento, Abramo e Sara che sono segno e memoria della benedizione che Dio ha voluto riversare sul suo popolo.  Essi sono stati benedetti perché hanno testimoniato con la loro fede che Dio è Colui che governa  e guida la storia del mondo intero.


Il brano di Vangelo ci richiama la testimonianza di Giovanni il Battista.

È Gesù stesso che parla chiaramente: “Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza”.  Proprio questa è la vocazione di Giovanni: essere testimone.  Egli non vuole l’attenzione su di sé, non si proclama Messia come tanti pensavano, ma indica Gesù come il Messia, come l’inviato del Padre.  Dirà Giovanni: “Colui che viene dopo di me è più grande di me ed io non sono degno neanche di sciogliere il legaccio dei suoi sandali”.

Oggi la liturgia ci dice dunque che l’impegno di tutti i cristiani è quello di essere testimoni di Gesù, e come Giovanni dire al mondo che solo Gesù è il nostro Salvatore, colui che dà un senso ultimo e definitivo alla nostra esistenza.

San Paolo nell’epistola di oggi usa una immagine molto espressiva e significativa, dice che il cristiano deve essere il “Profumo di Cristo”.

Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza!  Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono”.

Dobbiamo chiederci come testimoniamo noi la nostra fede.

Nell’ambito di lavoro, con gli amici abbiamo paura o vergogna a dire che siamo cristiani?

Abbiamo il coraggio di invitare familiari e altre persone che conosciamo a venire a Messa nel giorno del Signore?

Sappiamo testimoniare la nostra fede e la speranza cristiana di fronte a chi è nel dolore, nella sofferenza, di chi piange la morte di una persona amata?

La nostra affabilità, il nostro sorriso portano al mondo il “Profumo di Cristo?”.

L’Avvento che è tempo di conversione ci aiuti allora ad essere testimoni più autentici di Cristo.

 

don Edy


DOMENICA  19  NOVEMBRE  2023

SECONDA DOMENICA DI AVVENTO

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                      51,7-12a

                      Epistola:     Rm                 15,15-21

                      Vangelo:   Mt                   3,1-12

Continuiamo il nostro cammino di Avvento che deve essere cammino di preghiera, di ascolto e di conversione.


L’Arcivescovo ha scritto per l’Avvento sette lettere alla città di Milano (sull’esempio del Libro dell’Apocalisse) per aiutarci e sostenerci nel cammino di conversione.

Facciamo nostre alcune riflessioni della lettera che parla di solitudine perché spesso anche noi nella nostra Comunità viviamo situazioni di disagio dovuto a questo.

Ci sono solitudini subite, ferite: le persone abbandonate, le vedove e i vedovi, quelli che non hanno nessuno perché le vicende della vita li hanno isolati dalla famiglia, quelli che sono diventati soli perché reclusi in casa dal peso degli anni, dai limiti della malattia. 

Ci sono solitudini cercate, scelte come una garanzia di libertà, come una persuasione che sia meglio vivere di relazioni provvisorie e capricciose.  Il lavoro, gli impegni, le consuetudini sociali già costringono a sopportare molte persone: almeno in casa si possa stare soli, farsi compagnia con un cagnolino,  fantasticare navigando fino ai confini del mondo, della morale, della curiosità, sin dove la rete lo consente!

Ma la comunità cristiana ricorda la parola di Dio: «Non è bene che l’uomo sia solo». (Gen 2,18).

Perciò i discepoli di Gesù formano la Chiesa, la convocazione accogliente, aperta, perché tutti sappiano che c’è una casa che li attende, c’è una trama di relazioni che consentono di praticare la carità e di affrontare insieme le situazioni della vita, la missione dell’evangelizzazione, la preghiera condivisa, la testimonianza della presenza del Signore risorto.

Perciò incoraggio tutti i discepoli del Signore a praticare l’arte del buon vicinato: guardare con simpatia chi abita vicino, riconoscere le invocazioni di aiuto, il bisogno di un sorriso amico, di una mano tesa, fare il primo passo nel saluto e vincere il riserbo per rivolgere l’invito a ciascuno: vieni e vedi!

Siano benedette quelle persone che fanno della visita a chi è solo in casa una pratica ordinaria, semplice, rivolta con discrezione e sollecitudine, specie quando si sa di persone malate, bloccate in casa dai disagi della vecchiaia”.

L’Avvento ci aiuti in questo cammino.

don Edy


DOMENICA  12  NOVEMBRE  2023

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO

Rif. Biblici:    1^Lettura:   Is                      24,16b-23

                      Epistola:     1Cor                15,22-28

                      Vangelo:   Mc                   13,1-27

Siamo in Avvento e ci stiamo preparando a celebrare la venuta del Figlio di Dio tra noi.  Egli è venuto per annunciare a tutti noi l’amore e la misericordia di Dio.  Solo quando si sente amata e termine di gesti di misericordia e perdono una persona trova, pur nelle prove della vita, la pace del cuore.

Come immagini di Cristo noi tutti siamo chiamati ad essere misericordiosi, ad aver fame e sete di giustizia per poter diventare operatori di pace.

Purtroppo (ed è storia di questi giorni) dopo duemila e più anni di cristianesimo non esiste ancora una pace stabile ed autentica in questo mondo.


Ho riletto in questo periodo uno dei documenti più significativi della Chiesa sulla pace, l’enciclica di papa Giovanni XXIII “Pacem in terris”.

Importantissimo quanto viene detto all’inizio.

Fondamento della pace è il riconoscimento della dignità e quindi     importanza di ogni essere umano: “In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili.

Che se poi si considera la dignità della persona umana alla luce della rivelazione divina, allora essa apparirà incomparabilmente più grande, poiché gli uomini sono stati redenti dal sangue di Gesù Cristo, e con la grazia sono divenuti figli e amici di Dio e costituiti eredi della gloria eternaOgni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; ed ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”.

Da qui dobbiamo partire o ripartire per essere autentici discepoli di Cristo, costruttori di pace.

don Edy


DOMENICA  5  NOVEMBRE  2023

NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO


Rif. Biblici:    1^Lettura:   2Sam                     7,1-6.8-9.12-14a.16-17

                      Epistola:     Col                        3,13b-4,1

                      Vangelo:   Gv                       18,33c-37

L’anno liturgico si chiude con la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo.

La Chiesa Madre e Maestra ci ha guidati ancora una volta lungo tutto l’anno per ripercorrere e rivisitare il Mistero di Cristo in tutti i suoi aspetti.  Dall’Avvento sino ad oggi per come dice S. Paolo poter conoscere sempre meglio “l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo”. (Ef 3,18-19).

Questo amore si manifesta ogni volta sempre più nella sua grandezza e bellezza.  In Cristo siamo stati chiamati ad essere figli: “Il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi ed immacolati di fronte a lui nell’amore, destinandoci a essere figli, a essere suoi figli secondo il disegno d’amore della sua volontà”. (Ef 1,3-9).


Oggi la Chiesa proclama la regalità di Cristo che conclude il nostro cammino annuale e ci dice che in Cristo e solo in lui noi potremo trovare il senso ultimo della nostra vita e la pienezza della pace, della luce e della gioia.

La regalità di Cristo si manifesta nel momento estremo della sua vita in cui dona se stesso per noi e per l’umanità intera di tutti i tempi.

La Croce è il suo trono e sulla Croce troviamo la scritta “Gesù di Nazaret Re dei Giudei”.  Una scritta provocatoria voluta da Pilato che inconsciamente proclama al mondo la verità più profonda e significativa.

Egli è un re completamente diverso dai re di questo mondo.  Non vuole per sé onori, ricchezze, potere.  Egli è il re della Misericordia, del perdono e dell’amore per ogni uomo.

Il brano di Vangelo di quest’oggi è molto preciso su questo: “Il mio regno non è di questo mondo” e più avanti: “Tu lo dici: io sono re.  Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per dare testimonianza alla verità.  Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.

Tutti noi siamo chiamati a farci imitatori di Cristo, nostro re, che dice: “Ecco io non sono venuto al mondo per essere servito, ma per servire e dare la mia vita”.

 

don Edy


DOMENICA  29  OTTOBRE  2023

SECONDA DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE 

Rif. Biblici:    1^Lettura      Is                         45,20-23

                       Epistola:      Fil                         3,13b-4,1

                      Vangelo:       Mt                        13,47-52

 L’anno liturgico termina ogni anno con la solennità di Cristo Re che noi celebriamo la prossima domenica.  Questo è quindi il tempo in cui la Chiesa ci invita a riflettere sulla regalità di Cristo che ricapitola in sé tutto il creato.  In lui noi tutti avremo la pienezza della vita, in lui troveremo il senso ultimo dell’esistenza e la beatitudine eterna.

Le letture di questa domenica sottolineano un duplice aspetto.      

Deve esserci sempre un andare verso Cristo.

Nella seconda lettura Paolo parla addirittura di un correre verso di lui. “Dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù in Cristo Gesù”.

Il brano di Vangelo specifica che questa corsa terminerà con il giudizio che sarà salvezza per i buoni e condanna per i cattivi.

La seconda sottolineatura è data dalla consapevolezza che ogni cristiano deve avere che la nostra corsa è motivata e fondata sulla certezza che la nostra patria non è questo mondo, ma il Regno dei cieli.

Sempre San Paolo dice: “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi! “.

Da tutto questo derivano per la nostra vita alcune prospettive molto importanti.

1.  Anzitutto ogni giorno dobbiamo reagire alla tentazione che ci porta a vivere la vita in una prospettiva unicamente terrena e materiale.

Pertanto vi chiedo se vi ricordate che la nostra cittadinanza è nei cieli oppure la vostra vita è riempita unicamente di cose di quaggiù?  Dio o la ricchezza terrena ed il benessere umano?

2.  Una seconda domanda che ci poniamo a partire dalle letture è su come pensiamo ai nostri cari morti.  Li pensiamo vivi nella beatitudine eterna della casa del Padre dopo aver terminato la loro corsa?

Sappiamo superare la tristezza ed il dolore umano guidati ed illuminati dalla fede?

Ci prepariamo alla commemorazione dei defunti il giorno 2 di novembre.  Sia un giorno vissuto nella fede della beatitudine eterna.

 

don Edy


DOMENICA  22  OTTOBRE  2023

PRIMA DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE DEL DUOMO

 

 Rif. Biblici:   1^Lettura          At                        10,34-48a

                      Epistola:          1Cor                      1,17b-24

                     Vangelo:           Lc                       24,44-49a

 Celebriamo la Giornata Mondiale delle Missioni.  Riportiamo una parte del messaggio che il Papa ha scritto alla Chiesa universale.

«Di me sarete testimoni» – La chiamata di tutti i cristiani a testimoniare Cristo.

È il punto centrale, il cuore dell’insegnamento di Gesù ai discepoli in vista della loro missione nel mondo. Tutti i discepoli saranno testimoni di Gesù grazie allo Spirito Santo che riceveranno: saranno costituiti tali per grazia. Ovunque vadano, dovunque siano. Come Cristo è il primo inviato, cioè missionario del Padre (cfr Gv 20,21) e, in quanto tale, è il suo “testimone fedele” (cfr Ap 1,5), così ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo. E la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare. Una rilettura d’insieme più approfondita ci chiarisce alcuni aspetti sempre attuali per la missione affidata da Cristo ai discepoli: «Di me sarete testimoni». La forma plurale sottolinea il carattere comunitario-ecclesiale della chiamata missionaria dei discepoli. Ogni battezzato è chiamato alla missione nella Chiesa e su mandato della Chiesa: la missione perciò si fa insieme, non individualmente, in comunione con la comunità ecclesiale e non per propria iniziativa. E se anche c’è qualcuno che in qualche situazione molto particolare porta avanti la missione evangelizzatrice da solo, egli la compie e dovrà compierla sempre in comunione con la Chiesa che lo ha mandato. Come insegnava San Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, documento a me molto caro: «Evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell’ordine della grazia, all’attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa» (n. 60). Infatti, non a caso il Signore Gesù ha mandato i suoi discepoli in missione a due a due; la testimonianza dei cristiani a Cristo ha un carattere soprattutto comunitario. Da qui l’importanza essenziale della presenza di una comunità, anche piccola, nel portare avanti la missione. In secondo luogo, ai discepoli è chiesto di vivere la loro vita personale in chiave di missione: sono inviati da Gesù al mondo non solo per fare la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione a loro affidata; non solo per dare testimonianza, ma anche e soprattutto per essere testimoni di Cristo. Come dice l’apostolo Paolo con parole davvero commoventi: «Portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2 Cor 4,10). L’essenza della missione è il testimoniare Cristo, vale a dire la sua vita, passione, morte, e risurrezione per amore del Padre e dell’umanità. Non è un caso che gli Apostoli abbiano cercato il sostituto di Giuda tra coloro che, come loro, erano stati testimoni della sua resurrezione (cfr At 1,22). È Cristo, e Cristo risorto, Colui che dobbiamo testimoniare e la cui vita dobbiamo condividere. I missionari di Cristo non sono inviati a comunicare sé stessi, a mostrare le loro qualità e capacità persuasive o le loro doti manageriali. Hanno, invece l’altissimo onore di offrire Cristo, in parole e azioni, annunciando a tutti la Buona Notizia della sua salvezza con gioia e franchezza, come i primi apostoli.

Perciò, in ultima analisi, il vero testimone è il “martire”, colui che dà la vita per Cristo, ricambiando il dono che Lui ci ha fatto di Sé stesso. «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più» (Evangelii gaudium, 264).

Infine, a proposito della testimonianza cristiana, rimane sempre valida l’osservazione di San Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii nuntiandi, 41). Perciò è fondamentale, per la trasmissione della fede, la testimonianza di vita evangelica dei cristiani. D’altra parte, resta altrettanto necessario il compito di annunciare la sua persona e il suo messaggio. Infatti, lo stesso Paolo VI così prosegue: «Sì, è sempre indispensabile la predicazione, questa proclamazione verbale di un messaggio. […] La parola resta sempre attuale, soprattutto quando è portatrice della potenza di Dio. Per questo resta ancora attuale l’assioma di S. Paolo: “La fede dipende dalla predicazione” (Rm 10,17): è appunto la Parola ascoltata che porta a credere» (ibid., 42).

Nell’evangelizzazione, perciò, l’esempio di vita cristiana e l’annuncio di Cristo vanno insieme. L’uno serve all’altro. Sono i due polmoni con cui deve respirare ogni comunità per essere missionaria. Questa testimonianza completa, coerente e gioiosa di Cristo sarà sicuramente la forza di attrazione per la crescita della Chiesa anche nel terzo millennio. Esorto pertanto tutti a riprendere il coraggio, la franchezza, quella parresia dei primi cristiani, per testimoniare Cristo con parole e opere, in ogni ambiente di vita.

2. «Fino ai confini della terra» – L’attualità perenne di una missione di evangelizzazione universale

Esortando i discepoli a essere i suoi testimoni, il Signore risorto annuncia dove essi sono inviati: «A Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). Emerge ben chiaro qui il carattere universale della missione dei discepoli. Si mette in risalto il movimento geografico “centrifugo”, quasi a cerchi concentrici, da Gerusalemme, considerata dalla tradizione giudaica come centro del mondo, alla Giudea e alla Samaria, e fino “all’estremità della terra”. Non sono mandati a fare proselitismo, ma ad annunciare; il cristiano non fa proselitismo. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano questo movimento missionario: esso ci dà una bellissima immagine della Chiesa “in uscita” per compiere la sua vocazione di testimoniare Cristo Signore, orientata dalla Provvidenza divina mediante le concrete circostanze della vita. I primi cristiani, in effetti, furono perseguitati a Gerusalemme e perciò si dispersero in Giudea e Samaria e testimoniarono Cristo dappertutto (cfr At 8,1.4).

Qualcosa di simile ancora accade nel nostro tempo. A causa di persecuzioni religiose e situazioni di guerra e violenza, molti cristiani sono costretti a fuggire dalla loro terra verso altri Paesi. Siamo grati a questi fratelli e sorelle che non si chiudono nella sofferenza ma testimoniano Cristo e l’amore di Dio nei Paesi che li accolgono. A questo li esortava San Paolo VI considerando la «responsabilità che spetta agli emigranti nei Paesi che li ricevono» (Evangelii nuntiandi, 21). In effetti, sempre più sperimentiamo come la presenza dei fedeli di varie nazionalità arricchisce il volto delle parrocchie e le rende più universali, più cattoliche. Di conseguenza, la cura pastorale dei migranti è un’attività missionaria da non trascurare, che potrà aiutare anche i fedeli locali a riscoprire la gioia della fede cristiana che hanno ricevuto.

L’indicazione “fino ai confini della terra” dovrà interrogare i discepoli di Gesù di ogni tempo e li dovrà spingere sempre ad andare oltre i luoghi consueti per portare la testimonianza di Lui. Malgrado tutte le agevolazioni dovute ai progressi della modernità, esistono ancora oggi zone geografiche in cui non sono ancora arrivati i missionari testimoni di Cristo con la Buona Notizia del suo amore. D’altra parte, non ci sarà nessuna realtà umana estranea all’attenzione dei discepoli di Cristo nella loro missione. La Chiesa di Cristo era, è e sarà sempre “in uscita” verso i nuovi orizzonti geografici, sociali, esistenziali, verso i luoghi e le situazioni umane “di confine”, per rendere testimonianza di Cristo e del suo amore a tutti gli uomini e le donne di ogni popolo, cultura, stato sociale. In questo senso, la missione sarà sempre anche missio ad gentes, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, perché la Chiesa dovrà sempre spingersi oltre, oltre i propri confini, per testimoniare a tutti l’amore di Cristo. Vorrei in proposito ricordare e ringraziare i tanti missionari che hanno speso la vita per andare “oltre”, incarnando la carità di Cristo verso i tanti fratelli e sorelle che hanno incontrato.
                                                                                                     don Edy


DOMENICA  15  OTTOBRE  2023

DEDICAZIONE DEL DUOMO

Rif. Biblici:   1^Lettura      Ap                        1,10;21,2-5

                     Epistola:       2Tm                      2,19-22

                     Vangelo:       Mt                       21,10-17

La terza domenica di ottobre ci ricorda il giorno in cui il duomo di Milano è stato consacrato il 20 ottobre 1577 da S. Carlo Borromeo.

Posto al centro della città di Milano esso è il segno della presenza viva e salvifica di Dio in mezzo a noi.

Dal duomo il Vescovo guida e dirige la Chiesa a lui affidata e per questo il duomo è chiamato “Chiesa Cattedrale”.

Oggi ci stringiamo attorno al nostro Vescovo Mons. Mario Delpini nel rendere grazie a Dio per la sua presenza tra noi visibilizzata dal duomo e preghiamo per tutta la Chiesa milanese.

Oggi però siamo chiamati anche a compiere un altro gesto profondo di preghiera per le popolazioni di Israele e Palestina.

 

Il Card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, così ci scrive:



Fratelli e sorelle carissimi, che il Signore davvero ci doni la sua pace!

Il dolore e lo sgomento per quanto sta accadendo sono grandi. Ancora una volta ci ritroviamo nel mezzo di una crisi politica e militare. Siamo stati improvvisamente catapultati in un mare di violenza inaudita. L’odio, che purtroppo già sperimentiamo da troppo tempo, aumenterà ancora di più, e la spirale di violenza che ne consegue e creerà altra distruzione. Tutto sembra parlare di morte.
Ma in questo momento di dolore e di sgomento, non vogliamo restare inermi. E non possiamo lasciare che la morte e i suoi pungiglioni (1Cor 15,55) siano la sola parola da udire.
Per questo sentiamo il bisogno di pregare, di rivolgere il nostro cuore a Dio Padre. Solo così potremo attingere la forza e la serenità di vivere questo tempo, rivolgendoci a Lui, nella preghiera di intercessione, di implorazione, e anche di grido.
A nome di tutti gli Ordinari di Terra Santa, invito tutte le parrocchie e comunità religiose ad una giornata di digiuno e di preghiera per la pace e la riconciliazione.
Chiediamo che nel giorno di martedì, 17 ottobre, tutti facciano un giorno di digiuno e astinenza, e di preghiera. Si organizzino momenti di preghiera con adorazione eucaristica e con il rosario alla Vergine Santissima. Probabilmente in molte parti delle nostre diocesi le circostanze non permetteranno la riunione di grandi assemblee. Nelle parrocchie, nelle comunità religiose, nelle famiglie, sarà comunque possibile organizzarsi per avere semplici e sobri momenti comuni di preghiera.
È questo il modo in cui ci ritroviamo tutti riuniti, nonostante tutto, e incontraci nella preghiera corale, per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, di giustizia e di riconciliazione.

Assicurando il ricordo nella preghiera,

 

+Pierbattista Card. Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini


don Edy


DOMENICA  8  OTTOBRE  2023

SESTA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

Rif. Biblici:   1^Lettura      Gb                        1,13-21

                     Epistola:       2Tm                      2,6-15

                     Vangelo:       Lc                       17,7-10

Il brano evangelico di questa VI domenica dopo il martirio di Giovanni ci presenta in tutta la sua radicalità il messaggio che Gesù rivolge ai suoi discepoli.

Ci viene detto che la vera misura della fede sia il servizio.  Fede e servizio non si possono separare, anzi sono strettamente collegati.

Siamo chiamati a lavorare per il Regno di Dio nella dimensione piena della gratuità senza pretendere nulla in ricompensa.

Dovremmo dire: “Siamo servi inutili, abbiamo fatto il nostro dovere”.

Queste parole risuonano come molto lontane dal nostro modo di essere e di vivere.  Occorre una grande conversione della mente e del cuore per poterci mettere in questa dimensione.

Nel brano dell’epistola l’apostolo Paolo ci dice che dobbiamo conformarci a Cristo che si è fatto “servo” fino all’obbedienza finale sulla croce: “Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore”.


Gesù ha portato a compimento quanto scritto dal profeta Isaia nei Carmi del Servo di Jahwè: “
Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? E' cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato”. (Is 53,1-4).

Egli è il servo umile ed obbediente e per questo Dio lo ha esaltato: “Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità”. (Is 53, 10-11).

Anche noi come lui viviamo l’obbedienza alla volontà di Dio perchè la nostra vita sia autentico servizio, in tutte le dimensioni della vita,

 

don Edy


DOMENICA  1°  OTTOBRE  2023

QUINTA  DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

 Rif. Biblici:   1^Lettura      Dt                       6,4-12

                     Epistola:       Gal                      5,1-14

                     Vangelo:       Mt                     22,34-40

La liturgia odierna mette al centro della nostra riflessione il comandamento dell’amore. Amare Dio con tutto il proprio essere (cuore, anima, mente) è il più grande.  Il secondo ci invita ad amare il prossimo come noi stessi.

Gesù riprende con le sue parole l’antica tradizione del popolo di Israele che noi troviamo nel libro del Deuteronomio e che abbiamo letto come prima lettura.

La prima parte di questa lettura costituisce la preghiera dello “SHEMÀ ISRAEL” che gli Israeliti recitavano due volte al giorno e che gli Ebrei osservanti dei nostri giorni recitano al mattino ed alla sera.

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore.  Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.  Questi precetti che oggi ti do, ti siano fissi nel cuore”.

Nella preghiera si afferma la fede monoteista: “Il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore”, da cui deriva l’impegno ad amare Dio che è Signore e Salvatore.

Cosa vuol dire amare Dio o in che cosa consiste l’amore per lui?

La stessa preghiera ci aiuta a comprendere quando dice: “Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore”.

Amare Dio per l’Antico Testamento significa osservare la legge che Lui ha dato al suo popolo.  Gesù riprende questa tradizione applicandola a sé ed alla sua parola.

Non chiunque mi dice «Signore, Signore», ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. (Mt 7, 21). Ed ancora “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama.  Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò”. (Gv 14,21-22).

Quali sono i comandamenti di Gesù?

Li troviamo nel discorso della montagna del Vangelo di Matteo dal Cap. V al Ca. VII, dove gli antichi comandamenti mosaici vengono riletti e portati a compimento.


Vi è stato detto”:

·    Non uccidere. Ma io vi dico non adirarti col tuo fratello.

·    Non commettere adulterio.  Ma io vi dico chi guarda una donna con sguardo impuro…

·   Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico.  Ma io vi dico: “Amate i vostri nemici e pregate per chi vi fa del male”.

Sono solo alcuni esempi che ci indicano la strada da seguire.

don Edy

DOMENICA  24  SETTEMBRE  2023

QUARTA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

Rif. Biblici:   1^Lettura      Is                     63,19b-64,10

                     Epistola:       Eb                      9,1-12

                     Vangelo:       Gv                     6,24-35

In questa quarta domenica di settembre celebriamo la tradizionale festa d’Affori.



È una festa legata alla storia del nostro territorio che fa memoria di un passato ricco di fede, di relazioni, di lavoro.

È una festa che ci dice come la fede sia stata profondamente radicata in quello che fu il paese di Affori e dal 1923 parte integrante della città metropolitana di Milano.

Quest’anno celebriamo il centenario di quello storico evento e ci sentiamo orgogliosi di essere parte di questa grande storia.

Affori è Milano, ma allo stesso tempo ha saputo mantenere le sue caratteristiche ed originalità che la distinguono e la caratterizzano in modo molto preciso rispetto ad altre zone o quartieri della città.

Al centro di Affori c’era e c’è la chiesa di Santa Giustina, la nostra Chiesa, che la comunità ha tanto amato e continua ad amare e sente come il cuore di tutto il quartiere.

Per questo motivo vogliamo che la nostra Chiesa continui ad essere segno della presenza viva, amorosa, misericordiosa e salvifica di Dio.  Ci sentiamo di poter dire: “Dio è venuto tra noi e continua ad essere con noi ed abitare in mezzo a noi”.

Diciamo grazie allora al Signore per ciò che ha compiuto tra noi.  Facciamo nostra la preghiera del Salmo che dice: “Lodiamo il tuo nome, Signore, tu hai compiuto prodigi, cantiamo le tue meraviglie, eterno è il tuo amore per noi”.

Diciamo grazie perché continua a donarci la salvezza nei Sacramenti che celebriamo, nei Battesimi, Confermazioni, Matrimoni, Confessioni. 

Diciamo grazie perché continua ad accompagnare nei funerali coloro che lasciano la scena di questo mondo per entrare nel suo Regno di luce e di pace.

Questa festa che anzitutto ci porta al ringraziamento vuole essere però anche il momento di assunzione della responsabilità ad essere qui in Affori testimoni del Signore.

Mi colpiscono sempre, quando leggo la vita di Santa Giustina, le sue parole di fronte all’imperatore Diocleziano.  A lui che le chiedeva: “Quale è il tuo nome?”.  Ella risponde: “Il mio nome è Cristiana”.  Parole che rivelano la sua totale confermazione a Cristo e la sua volontà di essere testimone fino in fondo della sua fede.

Deve essere così anche per noi.  Dobbiamo saper dire: “Io sono Cristiano/a” e testimoniare in quartiere la nostra fede.

Chiedetevi come. Certamente con uno sguardo aperto al trascendente che supera il materialismo imperante, con la partecipazione all’Eucaristia domenicale con la preghiera.

Dobbiamo però testimoniare anche l’amore di Cristo verso gli ultimi, i profughi, i diseredati.  Oggi il Cristiano deve avere il coraggio di distinguersi dal costume imperante e apparentemente vincente di chi non vuole accogliere, incontrarsi, magari anche solo dare la mano a chi è diverso da noi.  Deve essere la testimonianza della Carità Cristiana.

La Caritas operante e molto attiva in parrocchia è un segno di tutto questo.  Tutti noi però dobbiamo essere testimoni della Carità e della Misericordia di Cristo.

 

don Edy


DOMENICA  17  SETTEMBRE  2023

TERZA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

 Rif. Biblici:   1^Lettura      Is                     11,10-16

                     Epistola:       1Tm                   1,12-17

                     Vangelo:       Lc                     9,18-22

Le folle chi dicono che io sia?” è la domanda che Gesù pone ai suoi discepoli e che la liturgia pone al centro di questa domenica.



Egli è il Signore perché ha dato la sua vita per noi ed è risorto da morto e dona a noi la vita eterna. Egli deve diventare il più importante, il primo. Colui che dobbiamo amare al di sopra di tutti e di tutto.

Leggiamo nel Vangelo: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”.  (Mt 10,37-39).

Cosa possiamo dire di noi? Chi è Gesù per noi?  Quale cammino percorriamo per metterlo al primo posto?

Oggi in Diocesi si celebra la Giornata del Seminario e ci viene chiesto di pregare ma anche di dare il nostro esempio di una vita donata  e messa nelle mani del Signore.  Sicuramente la preghiera, perché di fronte ad una crisi vocazionale che sembra non terminare mai, dobbiamo credere nelle parole del Signore che dice: “Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio” e ancora: “Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe.

Preghiamo quindi con fiducia nell’amore infinito di Dio che conosce le nostre fatiche e bisogni certi che ci darà un aiuto che magari oggi non immaginiamo neanche.

Da ultimo sosteniamo con la vicinanza e l’amicizia i nostri preti che hanno messo la loro vita al servizio pastorale di Dio.

don Edy


DOMENICA  10 SETTEMBRE  2023

SECONDA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

Rif. Biblici:   1^Lettura      Is                     60,1b-22

                     Epistola:       1Cor                15,17-28

                     Vangelo:       Gv                     5,19-24

Il brano di Isaia che oggi leggiamo appartiene all’ultima parte del libro del profeta.  Ci presenta una visione che va al di là ed oltre il tempo e la storia dell’uomo.

Il tempo e la storia sono il luogo delle prove e delle sofferenze, per questo il profeta invita a contemplare la beatitudine eterna.


Là saremo illuminati dalla luce del Signore che sconfiggerà ogni tenebra. “Il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore.  Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto”.

Il libro dell’Apocalisse che riprende altri brani dello stesso profeta Isaia parla di Dio che prende dimora tra noi e vince ogni male in particolare la morte.

Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo Popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”. (Apc 21,3-4).

Tutto questo si è realizzato nella Resurrezione di Cristo Signore.  Nel brano del Vangelo di Giovanni leggiamo: “Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole”.

Questa è la nostra fede, anzi il fondamento della nostra fede.

Per questa ragione Paolo nell’epistola ci dice: “Fratelli, se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.  Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.  Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.  Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.  Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti”.

Oggi allora dobbiamo interrogarci se noi camminiamo nella storia illuminati da questa fede.

Crediamo che la morte non è la fine di tutto, o il termine di ogni cosa?

Chiediamo al Signore la grazia di credere non solo con la mente, ma anche col cuore.

Siamo legati alla terra, perché di essa siamo fatti e staccarci da essa è sempre molto faticoso e difficile.

Continuamente dobbiamo allora ripetere: “Signore aumenta la mia fede”.

 

don Edy



DOMENICA  3  SETTEMBRE  2023

PRIMA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

Rif. Biblici:   1^Lettura      Is                     65,13-19

                            Epistola:       Ef                       5,6-14

                           Vangelo:          Lc                      9,7-11

Questa domenica apre la seconda parte del tempo dopo Pentecoste.  Seguendo l’esempio di Giovanni Battista di cui abbiamo celebrato la memoria del martirio martedì 29 agosto tutti noi discepoli di Cristo siamo chiamati ad essere suoi testimoni nel mondo.

Nell’epistola un brano della lettera agli Efesini, Paolo ci ricorda che in forza della Pasqua di Cristo cui siamo stati resi partecipi nel Battesimo ora siamo luce  nel Signore.

La nostra testimonianza deve essere luce.

Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore.  Comportatevi come figli della luce”.

È il mandato che troviamo all’inizio del discorso della montagna, che è la carta costituzionale del discepolo di Cristo.


Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.

(Mt 5,14-16).

È molto importante il richiamo pratico che qui viene fatto: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini”.

Ci chiediamo anzitutto se in noi c’è questa consapevolezza di essere “Luce del mondo” o come dice l’apostolo Paolo “Figli della luce”.

E poi se la nostra luce risplende e illuminiamo chi ci circonda o chi incontriamo.

Cosa significa essere luce in questo contesto sociale e culturale in cui viviamo?

L’apostolo Paolo ci dice che il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e carità.

Mentre nella lettera ai Galati contrappone ai frutti della carne o delle tenebre i frutti dello Spirito della luce.

Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. 

(Gal 5,19-22).

Quali sono i nostri frutti”

Forse non sono cattivi, ma neanche buoni e questo è molto negativo.

 don Edy


DOMENICA 16 LUGLIO  2023

SETTIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 Rif. Biblici:   1^Lettura      Gs                       4,1-9

                     Epistola:       Rm                       3,29-31

                     Vangelo:       Lc                      13,22-30

Ed ecco vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi”.

Nel contesto storico in cui il Vangelo è annunciato e scritto gli ultimi sono i pagani che nel Nuovo Testamento vengono chiamati “le genti”, ossia quei popoli che non appartengono ad Israele e che venivano ritenuti esclusi dalla salvezza operata dall’amore di Dio.

In Cristo Gesù si rivela il piano di Dio e si rende manifesto il fatto che tutti, Ebrei (circoncisi) e non Ebrei (incirconcisi) sono giustificati in virtù della fede e non dell’appartenenza etnica (circoncisione).

Nel brano della lettera ai Romani che leggiamo oggi San Paolo dice: “Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti?  Certo, anche delle genti!  Poiché unico è il Dio che giustificherà i circoncisi in virtù della fede e gli incirconcisi per mezzo della fede”.

La fede è il fondamento della speranza per la nostra salvezza.


Un passo fondamentale del Nuovo Testamento nella lettera agli Ebrei dice: “
La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono.  Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza”. (Eb  11,1-2).

Per fede abbiamo scelto di seguire Gesù e mettere in pratica la sua parola.  Per seguire Gesù il discepolo è chiamato per fede a compiere scelte spesso incomprensibili agli occhi di coloro che non credono.  Il brano evangelico di oggi usa la metafora “Porta stretta” per indicare un passaggio che non è terreno o umano ma appartiene al piano di Dio.

Che cosa può essere la porta stretta?

Possiamo fare una infinità di esempi.

Faccio solo questi pochi importantissimi nel nostro mondo oggi.

·  Nei confronti di Dio prendere del tempo che pensiamo nostro, rinunciare a qualcosa per andare a Messa la domenica.  Oggi è un segno discriminante che segna diversità di vita e di scelte.

·  Nei confronti di se stessi, naturalmente parlo per coloro sposati in Chiesa, la fedeltà alle promesse coniugali, fedeltà che manifesta la certezza della presenza di Dio in coloro che sono sposati in Cristo.  È un altro segno discriminante.

·   La capacità di vivere una vita onesta, retta, giusta in un mondo che sembra aver dimenticato tutto questo.  Anche questo segno fondamentale importantissimo.

Raccogliamo allora tutti gli insegnamenti che oggi la liturgia ci dà e preghiamo perché la nostra fede sia sempre più profonda ed autentica.

 

don Edy


DOMENICA 9 LUGLIO  2023

SESTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 Rif. Biblici:   1^Lettura      Es                      33,18-34,10

                     Epistola:       1Cor                   3,5-11

                     Vangelo:       Lc                      6,20-31

Continuiamo anche in questa sesta domenica dopo Pentecoste il nostro cammino alla scoperta o approfondimento del senso più vero e profondo della sequela a Cristo Signore.

Ci guida il brano di Vangelo.  Leggiamo oggi la redazione lucana delle Beatitudini che si differenziano parecchio da quelle che troviamo all’inizio del capitolo 5° del Vangelo di Matteo.  Matteo menziona nove beatitudini, mentre Luca quattro.  Matteo ha un taglio molto spirituale (beati i poveri di spirito) mentre Luca sottolinea la concretezza della vita vissuta.  Possiamo anche dire che Luca seguendo uno schema che troviamo già nell’Antico Testamento (in particolare una pagina di Deuteronomio) alle beatitudini contrappone le maledizioni, ossia dopo la proclamazione dei “Beati voi” segue il “Guai a voi”.

Leggendo questa pagina non possiamo che sentirci lontani dalle parole e dalle volontà di Gesù.  Le sue parole ci sembrano irraggiungibili e al di sopra o al di là di ogni nostra capacità umana di operare, ma anche di comprendere.

Ancora una volta vengono alla mente le parole del profeta Isaia: “Le mie vie non sono le vostre vie e i miei sentieri non sono i vostri sentieri”.


C’è un passaggio molto importante ricordato nel brano di Vangelo che vuole aiutarci a metterci in sintonia con le parole di Cristo e i suoi pensieri. “Ma a voi che ascoltate”.

Dobbiamo porci di fronte a lui con mente e cuore liberi per ASCOLTARE.

In particolare ASCOLTARE che la CROCE  strumento di maledizione diventa in lui (cosa incomprensibile alla ragione umana) sorgente di vita e di salvezza.  Dalla croce Gesù ci dona il suo testamento spirituale fondato sul gesto più grande dell’amore che è il perdono.  “Padre perdona loro”.

Facciamo allora nostra la conclusione del brano odierno: “Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come  volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”.

don Edy


DOMENICA 2 LUGLIO  2023

QUINTA  DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Gen                  11,31.32b-12,5b

                     Epistola:       Eb                   11,1-2.8-16b

                     Vangelo:       Lc                    9,57-62

 La Parola di Dio   ci invita oggi a fondare saldamente la nostra vita sulla fede.

La fede autentica supera tutte le fatiche o difficoltà che si possono incontrare nel percorso della vita per seguire Gesù.  Eloquente è l’esempio di Abramo ricordato da Paolo nella seconda lettura.

Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.


Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso
”.

Il brano di Vangelo ci dice che la fede che ci porta a seguire Gesù può chiamarci a compiere scelte radicali.

Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ ad annunciare il regno di Dio”.

Solitamente pensiamo che le scelte così forti possono essere compiute unicamente da persone particolari, in genere religiosi e consacrati a Dio, ma non da persone comuni.  In realtà non è così.  Ogni cristiano dovrebbe essere pronto a rinunciare o dire di no a scelte e comportamenti che impediscono di seguire il Signore in pienezza con totalità di cuore. 

Oggi viviamo in un contesto secolarizzato che spesso porta a giustificare piuttosto che rinunciare a comportamenti sbagliati, situazioni irregolari, scelte fondate su prospettive terrene e non evangeliche.

Già anni fa il Cardinal Martini affermava che tutto questo avviene perché la fede è molto superficiale ed in ultima analisi si è compiuto un processo che ha portato a sostituire Dio con il proprio Io.

Oggi questa parola ci chiama quindi ancora una volta a conversione come Abramo, come Paolo.

La conversione ci chiede sacrifici e rinunce ma è qualcosa (per chi crede) fatto con gioia perché consapevoli e certi di essere nelle mani di Dio e che dove egli vuole portarci è unicamente per il nostro bene, anche quando non riusciamo a capire.

don Edy


DOMENICA 25 GIUGNO  2023

QUARTA  DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Gen                  6,1-22

                     Epistola:       Gal                  5,16-25

                     Vangelo:       Lc                 17,26-30.33

Le letture di questa quarta domenica dopo Pentecoste ci dicono che ogni persona, ogni uomo è responsabile dei gesti che compie e sarà giudicato sulla capacità di fare il bene e di evitare il male.

Il brano evangelico, ricordando la pagina del diluvio, ci dice che il peccato ed il male saranno distrutti alla venuta finale del “Figlio dell’uomo”.


Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva”.

Ci chiediamo che cosa significhi l’espressione “salvare” o “perdere” la propria vita.

L’epistola ci aiuta a comprendere tutto questo. “Perdere” indica l’atteggiamento di chi rinuncia a mettere al centro bisogni umani o terreni e si lascia guidare dallo Spirito di Cristo.  L’opposto di chi pensa di “salvare” la propria vita lasciandosi condurre dai desideri della carne.

Fratelli, vi dico: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne.  La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste”.

Ci chiediamo allora chi è che ci guida nel cammino della vita?  Come saperlo?  Il Vangelo ci dice: “Dai loro frutti li riconoscerete”.

San Paolo descrive con grandissima precisione i frutti della carne ed i frutti dello Spirito: “Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere.  Riguardo a queste cose vi preavviso come ho già detto: chi le compie non erediterà il Regno di Dio.  Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge.  Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri”.

L’invito è per noi ad una continua conversione per poter camminare secondo lo Spirito.

 

don Edy

 


DOMENICA 18 GIUGNO  2023

TERZA  DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Gen                 2,4b-17

                     Epistola:       Rm                  5,12-17

                     Vangelo:       Gv                  3,16-21

 Il Figlio di Dio, Gesù Cristo Signore, è venuto nel mondo non per condannare, ma per portare la salvezza a tutti gli uomini. 

Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Il dono di Dio viene elargito in abbondanza per tutti gli uomini così che tutti possano essere “giustificati”.



L’apostolo Paolo ci dice nell’epistola che oggi leggiamo: “Il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti.  E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione”.

Paolo usa il termine “giustificazione” che è fondamentale nella storia della salvezza.  Dio ci rende “giusti” nonostante il nostro peccato e la nostra infedeltà.

Egli è più grande di tutto il male che è in noi o può essere in noi.  Per essere giustificati occorre però “Credere”.  La fede è il presupposto fondamentale richiesto ad ogni uomo.

Ce lo dice il brano di Vangelo che oggi leggiamo: “Chi crede in lui non è condannato: ma chi non crede è già stato condannato”.

Ancora una volta siamo quindi chiamati ad esaminare noi stessi.

Crediamo noi che solo Cristo ci può dare la salvezza eterna? Che solo lui può dare risposte definitive al desiderio profondo di bene, di bello, di infinito che sono dentro di noi?

Come i discepoli nel Vangelo allora anche noi diciamo: “Signore aumenta la nostra fede”.

don Edy


DOMENICA 11 GIUGNO  2023

SECONDA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Rif. Biblici:   1^Lettura       Sir                 17,1-4.6 -11b.12-14

                     Epistola:       Rm                  1,22-25.28-32

                     Vangelo:       Mt                  5,2.43-48

 

Il tempo dopo Pentecoste è il tempo che simbolicamente richiama il nostro cammino lungo la storia del mondo e dell’uomo.

Ad ogni uomo Dio ha dato la capacità e possibilità di conoscerlo a partire dalle opere del creato.  Leggiamo nella lettera ai Romani nel brano che precede quello riportato dalla seconda lettura:

In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa”. (Rm 1,18-21).

La durezza del cuore, l’egoismo, la superficialità di vita hanno impedito spesso all’uomo di riconoscerlo, anzi ha spinto molti a crearsi degli idoli che hanno preso il posto del vero Dio, con conseguenze disastrose che sono sotto gli occhi di tutti.  Ci dice sempre San Paolo: “E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di
ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia
”.

Oggi viviamo in una società “secolarizzata” e “materialista” che ha dimenticato il vero Dio e continua a crearsi falsi idoli che non danno però la gioia e la pace definitiva del cuore.  Anche noi possiamo cadere nella tentazione di legare il nostro cuore e la nostra vita a cose e idoli terreni.

Dobbiamo essere sempre vigilanti e lasciarci guidare da Cristo Signore che ci rivela il vero volto di Dio.

Dio ci ha creati a: “Sua Immagine” perché potessimo sempre incontrarci con lui e metterlo al primo posto.

Chiediamoci: “Chi è Dio per noi?”.

“Qual è l’assoluto della nostra vita (ossia la cosa più importante)?”.

L’amore per lui e per le sue creature è ciò che ci guida nella vita?

 

don Edy


DOMENICA 4 GIUGNO  2023

SANTISSIMA TRINITÀ

 

Rif. Biblici:   1^Lettura       Es                   3,1-15

                     Epistola:       Rm                  8,14-17

                     Vangelo:       Gv                16,12-15

 

Con la festa della Pentecoste abbiamo chiuso il periodo che ogni anno la Chiesa dedica alla contemplazione e celebrazione del mistero di Cristo.

Sono i tempi forti di “Avvento”, “Natale”, “Quaresima”, “Settimana Santa”, “Tempo Pasquale”.


Questa domenica detta della “Santissima Trinità
” ci offre la sintesi del percorso compiuto.

Gesù è venuto a “raccontarci” chi è Dio.

Il Padre ha inviato il Figlio che si è fatto come noi per assumere su di sé tutte le fatiche ed i peccati della natura umana.  Il Figlio ci dona lo Spirito che ci illumina e guida nel cammino della storia.

Il Vangelo di oggi ci dice: “Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.  Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.  Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”.

La Rivelazione ci parla di Dio che è “UNO” in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Naturalmente tutto questo rimane MISTERO per la mente umana.  Siamo chiamati invece a contemplare l’unità d’amore che lega le tre persone della SS. Trinità.

Il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, e dal loro amore procede lo Spirito Santo, come recitiamo nel Credo.

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio”.

Siamo stati battezzati nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo.  La formula Trinitaria è il fondamento della vita cristiana e requisito necessario per la validità del Battesimo.  Nel Battesimo siamo diventati “immagine di Dio”.  Il Segno della Croce che compiamo in occasioni diverse della giornata ci ricorda che siamo radicati nella Trinità e proprio perché “Immagini” dobbiamo essere nel mondo testimoni del legame che unisce le tre persone: l’amore gratuito.

Ci chiediamo allora se per noi è così. 

Abbiamo questa coscienza e consapevolezza di essere segno dell’amore di Dio? 

Il segno della Croce ci ricorda tutto questo o è solo un gesto scaramantico?

 

don Edy


DOMENICA 28 MAGGIO

 DOMENICA DI PENTECOSTE

 

Rif. Biblici:   1^Lettura       At                   2,1-11

                     Epistola:       1Cor            12,1-11

                     Vangelo:       Gv              14,15-20

 

Il Signore asceso al cielo non ha lasciato orfani i suoi discepoli.

Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.  Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.

Il suo Spirito disceso dal cielo nel giorno di Pentecoste, come ci ha detto la prima lettura, ci guida sulla strada della sequela e continua a rendere presente in mezzo a noi il Signore Gesù che ci salva.

Lo Spirito agisce anzitutto nei Sacramenti a partire dal Battesimo.  Questi segni sacri simbolicamente “SETTE” perché il sette (a partire dal racconto della creazione) indica il dono pieno di Dio, lo rendono presente in ogni tempo e luogo per la nostra salvezza.

Lo Spirito rompe così i limiti della nostra essenza di creature legate al tempo ed allo spazio e ci introduce nell’eternità di Dio che è rinchiusa da queste categorie terrene.

È quindi oggi la festa della Chiesa che in ogni luogo ed in ogni tempo celebra la memoria della Pasqua di Cristo e della nostra salvezza.

Noi siamo membra della Chiesa ed ogni giorno dobbiamo collaborare mettendo al servizio di tutti i doni che il Signore ci ha dato perché essa sia veramente presenza viva di Cristo nel mondo.


L’epistola di oggi ci dice: “
Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole”.

· Ci chiediamo: “Come è la nostra vita sacramentale?  In particolare la partecipazione alla Messa domenicale in cui lo Spirito rende presente per noi Cristo Signore.

·  Conosciamo quale è il dono particolare che lo Spirito ci ha fatto per il bene comune?  Lo mettiamo al servizio della comunità?

 

don Edy


DOMENICA 21 MAGGIO

SETTIMA  DOMENICA DI PASQUA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura       At                1,9a.12-14

                     Epistola:       2Cor            4,1-6

                     Vangelo:       Lc              24,13-35


 

La strada di Emmaus, al calar della sera, quando ormai fa buio è la strada di due delusi, sfiduciati, rassegnati.

Abbiamo sperato in Gesù, dicono, ma ormai tutto è finite. Due discepoli che si erano entusiasmati per Gesù, l’avevano seguito lasciando il loro villaggio, ma ormai si rassegnano. Tutto è finito.  Gesù è chiuso nel sepolcro e con lui sono finite le nostre speranze. Lasciando Gerusalemme in quel tramonto del primo giorno dopo il sabato, forse i due ricordano quando Gesù li aveva inviati, a due a due perché andassero a portare l’annuncio della buona notizia, l’evangelo. Quanto entusiasmo in quella partenza. Ora invece il loro andare è carico di amarezza.  Forse anche noi abbiamo avuto ore buie, segnate dalla sfiducia, forse dalla disperazione.  Una malattia, una grave delusione, una morte… .possono farci dire: abbiamo sperato nel Signore ma ormai tutto è finito, anche la mia fede in lui è morta.  Quanto ci somigliano i due di Emmaus; conosciamo il nome di uno dei due, Cleofa e potrebbe essere davvero il protettore dei delusi, dei disperati.

Ma sulla strada sempre più invasa dall’oscurità, c’è uno sconosciuto viandante che si affianca a noi e fa strada con noi. Ancora una volta è Gesù che viene a cercare e a salvare chi sfiduciato fa ritorno al passato.

L’iniziativa è sempre di Dio, è lui che fa il primo passo, è lui che viene continuamente a cercare. Lo aveva detto: Sono venuto perché niente e nessuno vada perduto. Anche nelle ore più buie della vita non deve mai abbandonarci la certezza che Gesù è sempre colui che cerca e salva chi si è smarrito. Anche in questo la via di Emmaus somiglia alla nostra vita. La compagnia di Gesù, anche se non riconosciuto, ridona lentamente fiducia. Quanta gente cammina, cioè vive, senza riconoscere il Signore che fa strada con loro. Ma il loro andare non è senza la compagnia del Signore. E sulla via di Emmaus ecco il primo miracolo: è la parola che apre l’intelligenza e aiuta a capire il groviglio dell’esistenza, soprattutto il nodo oscuro della sofferenza e della morte.  Al termine del cammino i due discepoli riconosceranno: “Non ci ardeva il cuore nel petto quando lungo la strada conversava con noi e con la sua parola ci aiutava a capire?”. Forse anche noi abbiamo potuto gustare il miracolo di pace e di serenità che ci dona la presenza di un amico che ci sta accanto, la forte sicurezza di una mano amica che stringe la nostra in un’ora di sofferenza e di solitudine.

Così è anche la compagnia della fede. E da quei cuori invasi dalla sfiducia e dall’amarezza sgorga, ecco il secondo miracolo, una preghiera, una accorata e dolcissima invocazione: “Resta con noi Signore perché si fa sera e il giorno declina”. È questa la prima preghiera che dai discepoli sale al Signore risorto. Anche questa è una preghiera da ricordare per le ore buie e difficili della vita. E poi nel calore della casa il gesto umanissimo dello spezzare il pane rivela la misteriosa presenza del Signore. Questo gesto non è solo quello conviviale del prendere insieme il pasto: questo gesto è indicato con le stesse parole usate nell’ultima Cena, quando il Signore non solo divise il pane ma donò se stesso, per sempre. A Emmaus Gesù dona ancora se stesso, come in ogni Eucaristia. La pagina di Emmaus non è solo parabola della condizione di ognuno di noi che dalla sfiducia viene alla speranza: questa pagina ci svela il volto della Chiesa, comunità di discepoli.

Attraverso la sua parola e il gesto dello spezzare il pane, i discepoli hanno la certezza della presenza del Signore. Questa è la consolante certezza che la Chiesa è chiamata ad offrire al mondo: il Signore Gesù incrocia la nostra strada, non ci abbandona a noi stessi e alle nostre disperazioni ma nella parola e nel Pane rivela la sua misteriosa presenza.

Ci chiediamo ancora una volta come è la nostra fede.

Crediamo che il Signore è vivo e vince tutti i nostri mali, paure, sconfitte e che Egli è sempre con noi?

Per noi la Messa domenicale è davvero il centro della nostra esistenza?

Quando usciamo dalla chiesa possiamo dire: “Gesù è vivo.  Io oggi l’ho incontrato”.

don Edy



14  MAGGIO  2023

 SESTA DOMENICA DI PASQUA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura       At              4, 8-14

                     Epistola:       1Cor          2,12-16

                     Vangelo:       Gv           14,25-29

 

Al centro della liturgia di questa domenica è la promessa dello Spirito Santo ai discepoli. È il Padre che invia lo Spirito nel nome di Gesù.  Lo Spirito sarà colui che metterà in atto nella storia l’azione di salvezza operata da Cristo Signore.

C’è anzitutto, ci dice il brano evangelico di Giovanni, un’opera di insegnamento e di fare memoria delle parole di Gesù.  Le sue parole sono un grande tesoro da cui l’uomo saggio guidato dallo Spirito sa tirar fuori e cose vecchie  e cose nuove.

Lo Spirito ci guida su vie che non sono umane ma appartengono a Dio.  Per questa ragione spesso chi è guidato dallo Spirito non è capito da chi ragiona seguendo criteri mondani. Ce lo dice S. Paolo nel bellissimo brano dell’epistola:

Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito”.

Ci chiediamo da chi siamo guidati noi.

Lo Spirito ci dice “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” ma spesso noi vogliamo solo avere e possedere senza dare.

Lo Spirito ci dice: “Ama i tuoi nemici e fa del bene a chi ti fa del male”.

Ma è difficile saper perdonare, come è difficile lavorare e collaborare anche in parrocchia con chi ci ha fatto un torto o magari ci è antipatico per il suo modo di essere e di agire.

Viene alla mente la parola del profeta Isaia che dice: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”.

Abbiamo sempre bisogno di conversione per avere in noi gli stessi sentimenti di Cristo guidato dallo Spirito.


Mettiamoci nelle sue mani ed affidiamoci a lui.  Si compia in noi la profezia di Ezechiele: “
Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi”. (Ez 36,25-27).

Diciamo allora: “Che il tuo Spirito abiti in noi e il nostro cuore palpiti con il tuo”.

don Edy


7  MAGGIO  2023

QUINTA DOMENICA DI PASQUA

 

 Rif. Biblici:   1^Lettura       At              10,1-5.24.34-36.44-48a

                     Epistola:       Fil               2,12-16

                     Vangelo:       Gv             14,2124

 

In Cristo Gesù noi tutti siamo amati da Dio Padre.  Nella sua morte e resurrezione siamo stati resi partecipi della vita di Dio, in un vincolo indissolubile d’amore.

A noi è richiesto di rispondere al suo dono obbedendo ai suoi comandi e mettendo in pratica la parola del Vangelo.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.  Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato”.

Ci viene detto che il Padre ci amerà e che Gesù e il Padre prenderanno dimora in noi.

Ancora una volta dobbiamo chiederci se siamo consapevoli di tutto questo.  Ci sentiamo amati da Dio in particolare nei momenti tristi o difficili della nostra vita?


Ci ricordiamo che nel Battesimo siamo diventati il tempio vivente di Dio perché Lui dimora in noi” dice S. Paolo

Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio.  Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi”. (1Cor 3,9-17).

Il nostro corpo è quindi il vero tempio santo di Dio.

S. Ireneo in una famosissima affermazione che ha segnato tutta la storia del Cristianesimo dice: “Vivens homo gloria dei”, ossia l’uomo abitato da Dio e guidato dallo Spirito sulle vie del bene è colui che dà veramente gloria a Lui.

Nel brano odierno dell’epistola S. Paolo ci dice come si manifesta il nostro dare gloria: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore.  Fate questo senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa.  In mezzo a loro voi risplendete come astri del mondo, tenendo salda la parola di vita”.

Ringraziamo Dio perché ha voluto abitare in noi ed ogni giorno impegniamoci ad essere presenza viva, tempio di Lui, in questo mondo.

don Edy

 


30  APRILE  2023

QUARTA DOMENICA DI PASQUA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura        At              6,1-7

                       Epistola:      Rm           10,11-15

Vangelo:       Gv           10,11-18

 

La quarta domenica di Pasqua mette al centro della nostra attenzione l’immagine del Buon Pastore.


Egli è il buon pastore che dà la propria vita per le pecore, conosce le sue pecore ed è conosciuto da loro.

Questo è il grande insegnamento che oggi ci viene dato.  Il Signore conosce chi siamo, egli sa di che cosa abbiamo bisogno e ci conduce verso ciò che è bene per la nostra vita.

In particolare quando siamo tristi, quando ci sembra di non aver più uno scopo nella vita, quando siamo oppressi dalla fatica o incontriamo dei fallimenti dobbiamo ricordarci che siamo nelle sue mani e niente ci può separare dal suo amore.

S. Paolo in uno dei brani più significativi delle sue lettere ci dice: “Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?  Proprio come sta scritto:

Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello.

Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Rm 8,31-39).

Niente ci può separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù. Bisogna però crederci.  Bisogna credere anche quando non vediamo o non comprendiamo. Per questo ancora una volta diciamo: “Signore aumenta la nostra fede”.

don Edy

 


16  APRILE  2023

SECONDA DOMENICA  DI PASQUA

In Albis depositis

 Rif. Biblici:   1^Lettura        At           4,8-24a

                       Epistola:      Col         2,8-15

Vangelo:       Gv        20,19-31

 

Questa domenica chiude l’Ottava di Pasqua in cui abbiamo celebrato la memoria della resurrezione del Signore Gesù.

Il brano di Vangelo vuole dirci che con la Pasqua è iniziata una nuova era.  I discepoli non possono più vedere Gesù ma sono chiamati a credere in lui.

La vicenda di Tommaso ci parla della fatica che gli apostoli, simbolicamente da lui rappresentati, hanno dovuto affrontare.


Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.

La conoscenza umana è fondata sulla nostra sensibilità.  Vedere, toccare, ascoltare sono gli strumenti che ci portano a conoscere la verità.

Cristo è entrato nell’eternità che non è la nostra dimensione esistenziale, perché noi siamo ancora nella temporalità.  Per questo non lo possiamo vedere, ascoltare o toccare.  Egli è stato annunciato a noi dai testimoni che sono gli Apostoli.  Nella prima sua lettera Giovanni dice: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita(poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta”. (1Gv, 1-4).

Sulla loro testimonianza siamo chiamati a credere. Come I primi discepoli anche noi dobbiamo compiere il passaggio dalla visione alla fede.  Il Signore chiama beati coloro che credono: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.

Ogni giorno siamo invitati a lottare per vincere le resistenze della nostra umanità.  Siamo beati se sapremo dire: “Mi fido di te, a te mi affido, Credo”.

don Edy


2  APRILE  2023

DOMENICA  DELLE  PALME

 

Rif. Biblici:   1^Lettura        Is           52,13-53,12

                       Epistola:       Eb         12,1b-3

Vangelo:         Gv        11,55-12,11

 

La domenica delle Palme presenta due schemi diversi di celebrazione.

Il primo vuole introdurci nella settimana della Passione e Morte del Signore Gesù, mentre il secondo celebra l’ingresso gioioso e festoso di Gesù in Gerusalemme.

Nelle Messe ordinarie si usa il primo schema, mentre nella Messa con la processione degli ulivi o delle palme il secondo.



Nella Messa che noi celebriamo come apertura della settimana  di passione Gesù viene identificato con il Servo di cui parla Isaia nei suoi Carmi.

Nella prima lettura abbiamo letto il quarto Carme del Servo.  Egli ci è presentato come disprezzato e reietto, egli è l’uomo dei dolori, ma nonostante sia disprezzato egli porta a compimento la missione che il Signore gli ha affidato.

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.  Egli è trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.  Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti”.   Per l’obbedienza alla volontà del Padre dopo la sua sofferenza verrà esaltato.

Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.  Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli”.

Entriamo nella settimana Santa con cuore grato per quanto il Figlio di Dio ha fatto per noi.

Teniamo fisso lo sguardo   su Gesù in croce, contempliamo il mistero della Croce.

La Croce è sorgente di vita immortale, è prova dell’amore senza confini di Dio per tutti gli uomini di ogni tempo e nazione.

Saremo chiamati ancora una volta a celebrare la memoria della Passione e Morte di Gesù nella giornata di Venerdì detto Santo.  Mettiamoci nelle sue mani, affidiamoci a lui memori e consapevoli che Egli ha preso su di sé i nostri peccati per liberarci da essi e darci la vita nuova di persone redente.

don Edy


26 MARZO  2023

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

DOMENICA DI LAZZARO

 

Rif. Biblici:   1^Lettura        Es          14,15-31

                       Epistola:      Ef             2,4-10

Vangelo:       Gv         11,1-53

 La quinta domenica di Quaresima chiude la catechesi battesimale presentandoci la figura di Lazzaro che Gesù riporta in vita dopo quattro giorni trascorsi nel sepolcro.

È l’ultimo “Segno” compiuto da Gesù che ha come scopo quello di portare a credere le sorelle di Lazzaro e coloro che sono con loro che in Cristo ogni persona è chiamata alla vita eterna.


Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”.

L’apostolo Paolo ci dice nel brano dell’epistola: “Fratelli, Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo; per grazia siete salvati.  Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù”.

Per il cristiano la morte non è più la fine di tutto, il termine di ogni cosa.  Profondamente uniti a Cristo siamo chiamati a partecipare alla beatitudine della vita eterna.

Per questo siamo invitati a guardare alla morte terrena con uno sguardo di fede.

A Marta Gesù dice: “Credi tu questo?”.

Lo chiede anche a noi: “Credi tu nella vita eterna?”.

Lo proclamiamo ogni domenica quando recitiamo il Credo. “Credo la vita eterna”.  Dobbiamo però essere attenti affinché non siano solo parole che ripetiamo senza una convinzione profonda della mente e del cuore.

Dico questo perché spesso di fronte alla morte di una persona amata ci facciamo prendere da una tristezza profonda, magari anche dalla disperazione come se tutto fosse finito.  Ma non è così.  I nostri cari sono vivi nelle mani di Dio e sono profondamente uniti a noi.

Nel Credo diciamo anche: “Credo la comunione dei santi” ossia l’unità profonda fondata su Cristo tra i vivi ed i morti.  Per questo preghiamo per loro ed essi intercedono per noi presso il Padre.

Preghiamo perché il Signore aumenti la nostra fede.

don Edy


19   MARZO  2023

 QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

DOMENICA DEL CIECO

 

Rif. Biblici:   1^Lettura        Es          34,27-35,1

                       Epistola:      2Cor          3,7-18

Vangelo:       Gv             9,1-38b

 

La quarta domenica di Quaresima è conosciuta come domenica del “Cieco nato”.

Mette al centro il tema battesimale della luce.  Colui che era stato cieco riceve il dono della vista grazie al miracolo operato da Gesù.

Penso che vadano sottolineati questi aspetti nel racconto di questo segno narrato dall’evangelista Giovanni.

La cecità di colui che verrà guarito non è causata dal peccato di nessuno: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio.  Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire.  Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”.

È il primo grande insegnamento. Dio non punisce o maledice nessuno per il suo peccato, anzi anche la malattia può essere un segno che porta alla manifestazione di Dio.  Come?  Sta a noi riconoscerlo nella fede. 

Il miracolo compiuto da Gesù è visto come una nuova creazione: “Detto questo, sputò per
terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va a lavarti alla piscina di Siloe» - che significa Inviato. Quello andò, si lavò e tornò che ci vedeva
”.

Il fango richiama l’impasto con cui viene formato il primo uomo.  Ora tutto questo viene lavato nell’acqua della piscina di Siloe e colui che era cieco riceve una nuova vita.

L’acqua di Siloe simboleggia l’acqua del Battesimo.  In essa, dirà San Paolo: “Siamo stati purificati ed abbiamo ricevuto una vita nuova”.

Nel Battesimo siamo diventati creature “Nuove”.

La creazione vecchia simboleggiata nella cecità viene cancellata. “Siamo tutti fatti nuovi” dirà sempre San Paolo.

Segno della nuova creazione è la luce che ci permette di vedere la presenza di Dio nella nostra storia.

È la fede che illumina l’esistenza dei battezzati.  “«Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?».  Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Egli gli disse: «Credo, Signore! »”.

Il Signore che ci ha illuminati nel Battesimo continui ad illuminarci nella sua luce.

Ciascuno di noi possa dire ogni giorno: “Credo, Signore”.

 

don Edy


12   MARZO  2023

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

DOMENICA DI ABRAMO

 Rif. Biblici:   1^Lettura        Es          34,1-10

                       Epistola:      Gal          3,6-14

Vangelo:       Gv           8,31-59

 Continua la catechesi battesimale delle domeniche di Quaresima.

Domenica scorsa la vicenda della samaritana ci ha detto che il Battesimo è fonte di acqua viva per la vita eterna.  In quell’acqua siamo stati purificati ed abbiamo ricevuto il dono di figli di Dio per l’eternità.

Oggi è la domenica di Abramo che viene messo al centro della nostra riflessione come esempio di fede, come colui che si affida pienamente a Dio e per questo viene giustificato (reso giusto).

San Paolo ci dice: “Abramo ebbe fede in Dio e questo gli fu accreditato come giustizia!”.  Continua poi dicendo che “i figli di Abramo sono coloro che vengono dalla fede”.

Nel Battesimo ci è stato dato il dono della fede, un dono che va curato e custodito.  Siamo chiamati a rispondere fattivamente al dono nell’obbedienza alla parola di Cristo. “Se rimante nella mia parola, siete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. 


La libertà di cui parla Gesù è la libertà dal male e dal peccato.

In verità, in verità io vi dico, chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”.

Spesso ci illudiamo di essere liberi, ma in realtà siamo prigionieri del nostro peccato, del nostro egoismo o dei nostri difetti.

La Quaresima ci chiama a conversione che significa volontà ed impegno a liberarci dal male.  Il cammino di conversione è fatto di passaggi diversi ma complementari.

Anzitutto dobbiamo mettere al centro la Parola di Dio, cercare di pensare con la mente di Gesù. È il dimorare o il rimanere nella sua parola.

Ci chiediamo che cosa ci guida nella nostra vita?

È la parola di Gesù, o il nostro interesse, le nostre visioni in ultima analisi il nostro Io?

Ci domandiamo mai: “Se Gesù fosse al mio posto come reagirebbe o cosa farebbe?”.

Spesso la parola di Dio è difficile e dura da accettare.  Essa ci giudica e mette a nudo le nostre debolezze e fragilità.

La lettera agli Ebrei dice: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”. (Ebr 4,12).

È un passaggio importantissimo e necessario per giungere alla conversione di vita.

Lasciamoci quindi giudicare dalla parola, riconosciamo il nostro peccato per poterci liberare da esso.

     

don Edy


5   MARZO  2023

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

DOMENICA DELLA SAMARITANA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura        Es          20,2-24

                       Epistola:      Efr           1,15-23

Vangelo:       Gv           4,5-42

 

Le domeniche della Quaresima ambrosiana sono state pensate da S. Ambrogio come una grande catechesi battesimale, in preparazione alla Pasqua in cui i catecumeni ricevono il battesimo e i cristiani rinnovano le promesse battesimali.

Questo percorso catechetico è legato e fondato sul Vangelo di Giovanni.  Attraverso quattro personaggi menzionati nei suoi racconti: la Samaritana, Abramo, il Cieco nato, Lazzaro.  Da loro siamo guidati a riscoprire la bellezza e ricchezza del Battesimo.


Oggi è la domenica della Samaritana.

Questa donna apparteneva al ceppo etnico dei Samaritani, popolo ritenuto eretico e lontano dalla fede autentica dei giudei tornati da Babilonia.  I giudei e i samaritani si odiavano e in alcuni casi si scontravano armi in pugno e potevano giungere anche ad uccidersi.

Il gesto che Gesù compie va quindi contro tutte le norme ed usanze del tempo.  Non solo si ferma a parlare con una donna sconosciuta, ma ancor più una donna samaritana.

Come mai tu che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”.

È la domanda della donna che manifesta tutta la sua sorpresa e il suo sconcerto.

Gesù abbatte tutte le barriere create dagli uomini per aprire orizzonti nuovi.  Egli si rivela alla donna come colui che dona l’acqua viva che zampilla per la vita eterna. È l’acqua del Battesimo che dona la vita di Figli di Dio e forma in lui un popolo nuovo.

In quell’acqua siamo stati rigenerati e siamo diventati la famiglia di Dio.  San Paolo dirà: “Nell’acqua del Battesimo non c’è più né libero né schiavo, né uomo né donna, né greco né giudeo, poiché tutti voi siete una cosa sola in Cristo Gesù”. (Gal 3,25-29).

Tutto questo deve portarci ad una profonda conversione di vita.

1. Non dovrebbero esserci più barriere che ci impediscono di vivere come la famiglia di Dio.  Oggi sono tante nel mondo e nelle nostre comunità.  Queste barriere si concretizzano poi in guerre, razzismo, divisione ricchi-poveri, incapacità di comunicare, egoismi legati ad interessi personali e di gruppo.  

2. Anche oggi ci sono popoli disprezzati o persone disprezzate come i Samaritani.

Sono i popoli del terzo mondo che spesso non vengono riconosciuti nella loro dignità, sono le persone che tra noi non hanno lavoro, sono vagabondi perché stranieri o coloro che hanno una dipendenza da droghe o da alcool e con cui noi non vogliamo avere nulla a che fare.

3. La buona novella di Gesù Cristo fa esplodere le barriere ed abolisce il disprezzo.

Ognuno ha diritto ad essere riconosciuto nella sua dignità di Figlio di Dio. Essere cristiano/a significa impegnarsi a far scomparire ciò che separa e divide gli uomini, distruggere le barriere e mettere al loro posto rispetto ed amore per tutti.

      

don Edy


26  FEBBRAIO  2023

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

 

 Rif. Biblici:   1^Lettura        Is          58,4b-12b

                       Epistola:      2Cor      5,18-6,2

Vangelo:         Mt         4,1-11

 

La Quaresima è il tempo forte per eccellenza, perché ci prepara all’evento centrale e fondante di tutta la vita cristiana: la Pasqua di Cristo.

Questo tempo si struttura sul numero quaranta, come i quaranta anni del popolo di Israele nel deserto, come i quaranta giorni di cammino di Elia verso il monte di Dio, l’Oreb, come il tempo di Gesù nel deserto.

Ho scelto questi tre esempi (tra gli altri) perché ci rivelano tre significati complementari del numero quaranta, spesso numero più simbolico che reale.

Per il popolo di Israele i quaranta anni di peregrinazione nel deserto segnano la liberazione dalla schiavitù e l’educazione alla vita nuova di uomini liberi.

Il cammino di Elia indica il percorso che ogni uomo dovrebbe compiere verso l’incontro pieno e definitivo con Dio.

Infine, Gesù nel deserto scopre il vero significato della sua missione vincendo e superando tutte le tentazioni di un messianismo umano e terreno.

La Quaresima deve essere per noi evento di liberazione dalla schiavitù del peccato, deve portarci ad un incontro più vero e profondo con Dio, per mettere Lui al primo posto ed infine aiutarci a scoprire la nostra missione oggi, in questo mondo secolarizzato e materialista.

È per queste ragioni che la Quaresima ci chiama ad una profonda “Conversione” del cuore e della mente, per essere nuovi in Cristo Gesù.

La conversione è sostenuta dalla preghiera, dall’ascolto e dal digiuno materiale e spirituale. 

Spesso anche per noi avviene ciò che Gesù diceva agli Scribi e ai Farisei citando il profeta Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me, invano mi rendono culto.  Trascurando il comandamento di Dio, osservando tradizioni puramente umane”.

Convertiamoci per seguire veramente il Signore con tutto il nostro cuore.

don Edy


19  FEBBRAIO  2023

ULTIMA  DOMENICA DOPO L’EPIFANIA


Rif. Biblici:   1^Lettura        Os       1,9a;2,7a.b-10.16-18.21-22

                       Epistola:       Rm      8,1-4

Vangelo:         Lc     15,11-32

 

La pericope evangelica che leggiamo in questa ultima domenica prima della Quaresima è sicuramente una delle pagine più conosciute del Nuovo Testamento. 

Noi conosciamo questa parabola come la parabola del “Figliol Prodigo”.  In realtà è molto più corretto chiamarla la parabola del Padre grande nell’amore e nella misericordia e i due figli.

Il padre è disonorato dal figlio più giovane che pretende la sua eredità, pur essendo egli ancora vivo.  Il gesto del figlio è considerato qualcosa come di estremamente grave.  Non è solo rifiuto nei confronti del padre, ma esprime la volontà di non fare più parte della famiglia e di rompere con la sua storia.

Il padre va oltre ogni regola o tradizione umana.  Egli perdona il figlio minore e riapre con lui un rapporto completamente nuovo, che dà al figlio la possibilità di una vita nuova.

Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

Il figlio maggiore però non capisce e non condivide il comportamento del padre.  Egli pur essendo diverso si muove però motivato dagli stessi sentimenti o pensieri del fratello.  Il proprio egoismo o il proprio interesse.

Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso”.

Il simbolismo parabolico è molto facile e semplice da comprendere.

L’amore di Dio è infinito e spesso incomprensibile per noi.  Non appartiene alla sfera dell’umano.  La sua paternità non si esaurisce mai.  Egli è fedele nel suo amore che non viene mai meno.  Cosa per noi spesso incomprensibile.

Questa parabola ci insegna e rivela il volto di Dio.  Egli non è un essere lontano e sconosciuto, non è il Dio che punisce ed esclude.  Egli è Colui che accoglie anche se noi lo rifiutiamo e ci allontaniamo da lui.

La domanda che ci poniamo ancora una volta è anzitutto questa: “Chi è Dio per noi?”.

Questa domanda ci chiede una grande conversione della mente e del cuore.

Della mente per avere una immagine più vera ed autentica di Dio.

Del cuore perché siamo immagine di Dio e dobbiamo portare nel cuore i suoi sentimenti ed agire come lui.

 

don Edy


12  FEBBRAIO  2023

PENULTIMA  DOMENICA DOPO L’EPIFANIA


Rif. Biblici:   1^Lettura    Bar                   1,15a;2,9-15a

                     Epistola:     Rm                   7,1-6a

Vangelo:       Gv                   8,1-11

 

L’episodio evangelico che oggi leggiamo nella Messa segna un passaggio fondamentale dall’Antico Testamento al Nuovo Testamento.

Gesù non approva il fatto che la donna colta in adulterio venga lapidata come prescriveva la legge mosaica.  Leggiamo infatti nel libro del Levitico e del Deuteronomio che chi veniva colto in flagrante adulterio (sia uomo che donna) doveva essere messo a morte.

Nel suo modo di comportarsi Gesù ci vuole dire che la vita è di Dio.  È lui che la dona e la toglie.  L’uomo non è padrone della sua vita o di quella degli altri.  Gesù rivela così un volto nuovo di Dio.  Egli non è colui che castiga, punisce, condanna ,mette a morte.  Egli è colui che guarisce anche dal male più grande e cura la vita.  In Gesù si manifesta l’amore infinito di Dio per ogni uomo e per la vita di ogni uomo.


Il brano odierno ci dà anche un altro insegnamento: ogni uomo è peccatore e per questo nessuno può o deve permettersi di condannare chi sbaglia.

«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.  Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.  Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.  Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono?  Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore».  E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più».”.

Ci poniamo allora due domande che sono fondamentali per il nostro cammino di conversione.  Nella nostra vita siamo testimoni del valore grande della vita che nessun uomo può spegnere?

Aborto, eutanasia, abbandono dei malati ed anziani sono forme che negano la vita anche nel nostro paese.

A livello mondiale tanti paesi che mantengono la pena di morte per non parlare poi della vergogna più grande che sono le guerre che continuano a far morire e a togliere la vita.

La seconda domanda ci chiede se come Gesù anche noi sappiamo distinguere e separare il peccato dal peccatore.  Dobbiamo combattere il peccato, ma amare e salvare il peccatore.

don Edy


5  FEBBRAIO  2023

QUINTA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

 Rif. Biblici:   1^Lettura    Is                    66,18b-22

                     Epistola:     Rm                   4,13-17

Vangelo:       Gv                   4,46-54

 

La liturgia odierna ci presenta dopo Cana il secondo segno compiuto da Gesù e narrato dall’evangelista Giovanni.

Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea”.

Questo brano ci dice che i segni compiuti da Gesù sono strumenti che portano a credere coloro che seguono Gesù, ascoltano la sua Parola e stanno con lui.

A noi non è stato dato di vedere Gesù, di incontrarci fisicamente con lui.  A noi è chiesto di credere fiduciosi nella sua parola.


Si chiude proprio così il Vangelo di Giovanni al termine del colloquio con Tommaso  Gesù gli dice: “Perché mi hai veduto hai creduto.  Beati quelli che pur non avendo visto crederanno”.

Nel brano dell’epistola che abbiamo letto San Paolo richiama la figura di Abramo che fidandosi di Dio credette e partì lasciando la sua terra e la sua casa.  Come Abramo anche noi siamo chiamati a credere per essere eredi del Regno dei Cieli.

Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: “Ti ho costituito padre di molti popoli” – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono”.

Il cristiano è colui che crede senza la pretesa di vedere miracoli nella sua vita.

Purtroppo, però, spesso non è così.  Vogliamo vedere, in particolare quando siamo nel dolore, nella malattia, nella sofferenza.

La nostra preghiera esprime spesso un ripiegamento egoistico su noi stessi: “Signore dammi questo o fammi questo”, volendo quasi comandare al Signore che cosa che Egli deve fare.

Noi però non possiamo e non dobbiamo voler condizionare la sua libertà.  I suoi disegni o progetti spesso sono nascosti ed a noi incomprensibili.  Il profeta Isaia dice: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”. (Is 55,8-9).

La nostra deve essere una preghiera di affidamento a lui in pienezza. “Di te mi fido e in te confido” per poter dire: “Sia fatta la tua volontà”.

don Edy


29  GENNAIO  2023

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

 

Rif. Biblici:   1^Lettura    Sir                  7,27-30.32-36

                     Epistola:     Col                 3,12-21

Vangelo:       Lc                  2,22-33

 

In questa ultima domenica di gennaio celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazareth: Gesù, Maria e Giuseppe.



Oggi guardiamo a quella famiglia dove, come dice il Vangelo di Luca, in rapporti di rispetto ed amore Gesù cresceva in età, sapienza e grazia.

Al Signore chiediamo che le nostre famiglie possano essere così.  Nell’epistola l’apostolo Paolo dice: “Rivestiti di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri”.  Questo per crescere nell’amore di Dio e del prossimo.

Tutto ciò può avvenire ed avviene se si è scelto di essere sposi, genitori seguendo una prospettiva di fede: la chiamata del Signore.

C’è nella Chiesa accanto ad altre, la vocazione al matrimonio ed alla vita coniugale.

Il Cristiano non si sposa o non dovrebbe sposarsi seguendo la propria istintività o emotività, ma perché ha scoperto che il Signore lo ha fatto per il matrimonio e la famiglia e per lui o per lei ha preparato una persona che lo possa completare e costituire in unità.

Oggi l’invito è a riscoprire e riconoscere il Sì detto al Signore e sancito dal Sacramento.

Ricevendo il Sacramento del matrimonio il Signore ha voluto essere con noi ed accompagnarci nel cammino coniugale e familiare della nostra vita.

Il sacramento non cancella la nostra libertà.  Si può dire di sì ma anche no.  Oggi assistiamo con molta tristezza a rotture o separazioni di matrimonio celebrati in chiesa di fronte al Signore.

Anche se ci si separa però la promessa fatta ha segnato e segna per sempre la vita e resta un Sacramento.

La Chiesa non vuole giudicare, ma vuole essere vicina a queste persone perché conosce la debolezza dell’uomo ed invita a vivere la separazione con responsabilità verso l’altro/a e i figli.  Occorre intraprendere il cammino del rispetto e del perdono affinché i figli possano crescere sereni in età, sapienza e grazia.

Facciamo nostra questa preghiera:

 

Beati gli sposi che scelgono il sacramento del matrimonio,

perché sarà fondato sull’amore di Cristo.

 

Beati i genitori chiamati a educare i figli a vivere in pienezza,

perché realizzeranno la loro vocazione all’amore.

 

Beati i figli che rispondono alla vocazione del Signore,

perché il loro legame si trasmetterà di generazione in generazione.

 

Beati i nonni che educano con amore i figli e i nipoti,

perché le loro vite saranno un dono per gli altri.

 

Beate le famiglie in cui ci si accoglie,

perché sono strumento del suo amore.

 

Beati noi quando costruiamo una catena

di amore reciproco.

 

Rallegriamoci perché il Signore

è in mezzo a noi e ci tiene uniti.

 

Amen

  

don Edy


22  GENNAIO  2023

TERZA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

 Rif. Biblici:   1^Lettura    Es                   16,2-7a.13b-18

                     Epistola:     2Cor                 8,7-15

Vangelo:       Lc                     9,10b-17

 

Anche questa domenica il brano di Vangelo ci presenta un episodio epifanico: il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Gesù sente compassione per la folla che lo ha seguito e dà loro il cibo che li possa sostenere.  Il brano è profondamente simbolico e chiede di essere interpretato per poter comprendere tutti gli insegnamenti che ci vuole dare.

Questo brano si inserisce nella tradizione biblica che ci presenta Jahvè come colui che dà da mangiare al suo popolo nel deserto come ci ha detto la prima lettura odierna.

Famoso è anche il brano che ci descrive la vicenda di Elia che fugge per paura di essere ucciso dal Re Acab e che viene nutrito dall’Angelo di Dio.

Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati e mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi.  Venne di nuovo l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb”. (1Re 19,4-8).

Questi episodi altamente simbolici ci vogliono dire che Dio ci nutre con un cibo spirituale che ci sostiene  nel cammino della vita.  Questo è il significato del brano di Vangelo. Nell’uomo, in ogni uomo c’è una grande fame di vita, di amore, di bellezza che durino per sempre.  È la sete di eternità, perché siamo immagini dell’Eterno.  “Egli creò l’uomo a sua immagine.  A sua immagine e somiglianza Egli lo creò” ci dice il libro della Genesi.

Purtroppo spesso ci illudiamo che cose di questo mondo possano saziare la nostra fame, ma è una illusione.  Solo Dio lo può fare.

Siamo quindi chiamati a dire al mondo che niente ci può saziare se non il Signore Dio. 

Quando ci mettiamo alla sequela di Cristo e come lui ci poniamo nelle mani del Padre per compiere la sua volontà noi troviamo una risposta al desiderio profondo di eternità che è in noi.

È molto significativo il passaggio del Vangelo di Giovanni dove dopo l’incontro con la Samaritana Gesù afferma che il suo vero cibo è fare la volontà del Padre.

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”. (Gv 4,31-34).


Ci chiediamo allora se è così per noi.

Nostro cibo è fare la volontà del Padre?

don Edy


15  GENNAIO  2023

SECONDA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

 Rif. Biblici:   1^Lettura    Nm                 20,2.6-13

                     Epistola:     Rm                    8,22-27

Vangelo:       Gv                    2,1-11

 

In questa seconda domenica dopo l’Epifania la liturgia ci ricorda ancora un “gesto epifanico”, ossia la rivelazione della potenza di Dio che agisce in Gesù.

“Egli manifestò la sua gloria” attraverso il “segno” da lui compiuto.

L’evangelista Giovanni non chiama miracolo ma segno perché l’evento prodigioso compiuto da Gesù ha una finalità che va al di là del fatto in sé.  Vuole portare coloro che vedono alla fede. “I suoi discepoli credettero in lui”.  In realtà il segno (Giovanni ne racconta cinque: Cana, guarigione del paralitico, moltiplicazione dei pani e dei pesci, il cieco nato, Lazzaro) non è mai univoco e per questo si presta a differenti interpretazioni.  Di fronte a chi crede ci sono coloro che non credono e che anzi prendendo spunto da quanto operato da Gesù lo accusano di andare contro la tradizione e di violare la legge.

Tutto il Vangelo di Giovanni si gioca su questa contrapposizione fino alla Croce dove Gesù rivela in pienezza la sua “GLORIA” e proprio di fronte alla Croce Giovanni commenta: “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate”.

Il discepolo oggi è chiamato a scoprire i segni che manifestano la gloria di Dio in mezzo a noi.  La tradizione cristiana li chiama “Segni dei tempi”.  Spesso non cogliamo questi segni perché siamo superficiali o distratti. Soprattutto però perché non sappiamo riflettere sul “nostro vissuto”.  Più volte l’Arcivescovo ha parlato nei suoi discorsi o scritto di una “Società delle lamentazioni”.  Ci si lamenta in modo epidermico, superficiale ma non si va in profondità cosa che invece è fondamentale.

Che cosa mi dice il Signore attraverso il segno di una malattia, di una sconfitta, di un dolore, di una rottura, ma anche di una gioia, di una amicizia vera, di un incontro particolare con altre persone?  Queste sono le domande che dobbiamo porci andando oltre la superficie.  Allora potremmo scoprire la presenza di Dio e “CREDERE”.

Credi Tu? È la domanda che Gesù pone a Marta sorella di Lazzaro prima di ridare vita al fratello già da quattro giorni nella tomba.

Credi tu chiede a noi oggi?  Credi che io possa trasformare l’acqua della tua esistenza nella bellezza e bontà del vino che ti dà forza e gioia?

Vorremmo rispondere come Marta: “Sì o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che può operare grandi prodigi”.

 

                                                                 don Edy


8  GENNAIO  2023 

BATTESIMO DEL SIGNORE

 

 Rif. Biblici:   1^Lettura    Is                    55,4-7

                     Epistola:     Ef                     2,13-22

Vangelo:       Mt                   3,13-17

 


Oggi ricordiamo il Battesimo del Signore Gesù nelle acque del fiume Giordano.

Il Battesimo segna per Gesù l’inizio della vita pubblica e del suo ministero.

È un momento in cui dall’alto viene confermata la sua missione:

Ed ecco una voce dal cielo che diceva: “Questo è il Figlio mio, l’amato. In lui ho posto il
mio compiacimento
”.

È una citazione del profeta Isaia nel primo Carme del servo di Jahvè, al capitolo 42 leggiamo: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. Così dice il Signore Dio che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l'alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”. (Is 42, 1-7).

Gesù è l’amato, il Figlio che si fa servo per la nostra salvezza.  Da quel momento in avanti fino alla Croce Egli sarà il servo umile ed obbediente che compie la volontà del Padre.

Il Battesimo di Gesù richiama sicuramente in modalità e forme diverse il nostro Battesimo. Anche a noi il Padre nel Battesimo ha detto: “Tu sei mio figlio, mia figlia.  Io ti sono vicino e tu non sei lontano da me”.  La nostra vocazione è la figliolanza divina.  In Cristo noi tutti siamo diventati figli/e e siamo stati chiamati a metterci al servizio del Regno di Dio.

È sicuramente la cosa più bella ed importante della nostra vita che dà senso e significato a tutta l’esistenza.

Siamo consapevoli di tutto questo?  San Paolo nella lettera agli Efesini dice: “Non siete più stranieri, né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio”.

Questo ci aiuti a superare le prove ed i dolori della vita per metterci al servizio di Dio.

                                                                  don Edy


1° GENNAIO  2023

OTTAVA DEL NATALE

Circoncisione del Signore

 

Rif. Biblici:   1^Lettura    Nm                 6,22-27

                     Epistola:     Fil                  2,5-11

Vangelo:       Lc                  2,18-21

 

Il rito ambrosiano celebra nell’ottava del Natale la memoria della “Circoncisione del Signore Gesù”.

Questo rito che la legge mosaica prescriveva per i figli maschi veniva celebrato come ingresso e come segno di appartenenza al popolo di Israele.  Israele (ripete spesso l’apostolo Paolo) è il “popolo dei circoncisi” ossia di coloro che portano nella loro carne il segno dell’appartenenza a Dio.

Anche Gesù si è sottomesso a questo rito. 

Fondamentale per la Cristologia è la pagina dei Filippesi che oggi leggiamo.

Sottolineo questi aspetti.

1.  “Pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio l’essere come Dio”. È la scelta dell’incarnazione che è condivisione piena della nostra umanità eccetto che nel peccato.

2.  “Svuotò se stesso” assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” è la CHENOSI, il farsi piccolo pur esseno il più grande ed il più potente.

3.  “Umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e ad una morte di croce”.  Il Figlio di Dio si “UMILIA” e si fa “OBBEDIENTE” per compiere la volontà del Padre.

4.  “Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome”.

Potremmo chiederci chi è Gesù per noi, perché spesso siamo molto lontani da questa prospettiva.

Lo pensiamo avvolto da una luce ieratica, lontano dalla quotidianità della nostra vita.  In realtà egli si è fatto come noi ha condiviso in tutto la nostra condizione eccetto che nel peccato.

È la prima conversione che oggi ci viene chiesta.

Impariamo a conoscere chi è Gesù.

La domanda più importante che però dobbiamo porci oggi è un’altra.  Dobbiamo partire da   quanto dice Paolo. “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”.


Quante volte pensiamo che dobbiamo spendere la nostra esistenza anzitutto cercando di essere come il Vangelo ci dice sia stato Gesù, di vivere come lui, di parlare come lui, di amare come lui, di farci obbedienti come lui?

Alla fine di ogni anno ringraziamo il Signore per quanto ci ha dato.  Di cosa dobbiamo ringraziare?  Non di cose materiali ma avere il coraggio di dire: “Grazie Gesù perché sono stato umiliato come tu ti sei umiliato”.

Grazie Gesù perché pur nella fatica mi hai aiutato a farmi servo come tu ti sei fatto servo.

Grazie Gesù perché l’obbedienza alla volontà del Padre mi ha portato sulla Croce come tu per obbedienza sei andato in Croce.

Questo è il Cristianesimo e se siamo lontani da tutto questo preghiamo per la nostra conversione.

 

                                                                 don Edy



DOMENICA  18  DICEMBRE   2022

 SESTA DOMENICA DI AVVENTO

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                       62,10-63,3b

                                       Epistola:      Fil                        4,4-9

                                       Vangelo:     Lc                        1,26-38a              

 

Oggi la liturgia ci invita a contemplare il mistero dell’Incarnazione e della Divina Maternità di Maria.

Abbiamo ascoltato la splendida pagina del Vangelo di Luca che ci ha raccontato come l’Angelo abbia portato l’annuncio a Maria. Ella sarà colei che accoglierà in sé e darà un corpo al Verbo di Dio.

Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.  Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.

Le parole dell’Angelo hanno provocato un grande turbamento in lei.

A queste parole fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo”.

L’incontro col Mistero che è più grande di noi e va ben al di là delle nostre capacità di comprensione provoca sempre turbamento o paura.

Per questo è molto importante l’invito dell’Angelo a Maria: “Non temere”.

Dio va incontro a Maria per un annuncio di salvezza e non di condanna.  Non temere” sarà il saluto che il Cristo dirà a noi discepoli dopo la sua resurrezione.

Non temere” è l’invito che inizia il racconto evangelico e lo chiude.

Mettiamoci anche noi con fiducia nelle mani di Dio e con Maria diciamo il nostro “FIAT”.  “Ecco sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola”.

E la gioia di sentirsi amati e salvati sia nei nostri cuori.

È l’invito dell’apostolo Paolo nella seconda lettura.

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti.  Il Signore è vicino!  Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.  E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù”.

Purtroppo, però spesso non sappiamo guardare con fede alla nostra vita, ma ci angustiamo, ci preoccupiamo, abbiamo paura di fronte alle prove dell’esistenza.

Fare Natale significhi allora ritrovare la gioia di essere nelle mani di Dio e di sentirci amati da lui.  Egli è più grande di tutte le nostre sofferenze, dolori e paure.

A lui diciamo: “Credo in te.  A te mi Affido.  In te confido.  Non sarò deluso in eterno”.

 


don Edy


DOMENICA  11  DICEMBRE   2022

QUINTA DOMENICA DI AVVENTO

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Mi                         5,1;3,1-5a.6-7b

                                       Epistola:      Gal                         3,23-28

                                       Vangelo:     Gv                          1,6-8.15-18              

      

Anche quest’oggi la liturgia ci presenta la figura di Giovanni il Battista.

Viene sottolineata la sua testimonianza alla luce.

Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”.

Colui che viene è la luce, egli viene per illuminare ogni persona sul senso e finalità della vita, per indicarci la strada che dobbiamo seguire per giungere alla pienezza di bene e di pace che il nostro cuore desidera.

In lui si compie la profezia di Isaia su cui abbiamo meditato anche in queste settimane di Avvento.

Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si gioisce quando si spartisce la preda. Poiché il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al tempo di Madian. Poiché ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato, sarà esca del fuoco. Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre”. ((Is 9,1-6)


Viene tra noi il principe della pace, colui che ci libera da ogni male e peccato.  Egli illumina il nostro futuro e ci dona speranza.

Viviamo con fede queste settimane di Avvento lasciandoci illuminare dalla luce del Verbo di Dio.

 don Edy


DOMENICA  4 DICEMBRE   2022

QUARTA  DOMENICA DI AVVENTO

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                   40,1-11

Epistola:     Eb                 10,5-9a

  
                                    Vangelo:     Mt                 21,1-9
              

    

Il Vangelo di questa quarta domenica di Avvento ci parla dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme.  Questo racconto richiama come in figura le venute del Figlio di Dio in mezzo a noi in particolare la venuta finale.


Egli verrà come servo umile ed obbediente fatto re dell’universo intero a proclamare la salvezza per ogni persona.  Egli è il “Figlio di Davide” ossia il Messia.  Egli è il “Benedetto che viene nel nome del Signore”.

Il brano dell’epistola ci dice che Gesù è venuto nel mondo per fare la volontà di Dio e proprio per questo è proclamato Re e Messia.

Fratelli entrando nel mondo Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.  Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.  Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio la tua volontà”»."

In queste letture intravvediamo  il piano di Dio che come dice San Paolo nella lettera ai Filippesi è per noi sconvolgente e completamente al di fuori delle nostre visioni:“Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. (Fil 2,5-8) –

Per accogliere colui che viene dobbiamo avere nel nostro cuore gli stessi sentimenti di Cristo. 

·     Egli pur essendo Dio “svuotò” se stesso.

·     Egli si è reso obbediente fino alla morte.

Dobbiamo svuotare noi stessi liberandoci da ogni egoismo, peccato, legame terreno, per farci obbedienti alla volontà di Dio.

È questo il lavoro, l’impegno dell’Avvento.

Ancora una volta domandiamoci di che cosa devo svuotarmi, cosa devo lasciare?

Ancora chiediamoci qual è la volontà di Dio su di noi?

Che cosa mi chiede perché io possa dire ogni giorno: “Ecco voglio compiere la tua volontà”.

Anzitutto un lavoro di ricerca e discernimento: “Cosa vuole Dio da me”.

Poi l’impegno forte: “Sia fatta la tua volontà ed aiutami a compiere il tuo volere”.

don Edy


DOMENICA  27 NOVEMBRE   2022

TERZA DOMENICA DI AVVENTO

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                   35,1-10

Epistola:     Rm               11,25-36

                                       Vangelo:     Mt                 11,2-15              

       


Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”.  È la domanda che Giovanni dal carcere manda a porre a Gesù.

Questa domanda manifesta e rileva tutte le perplessità che egli ha nei confronti del modo in cui Gesù parla ed agisce.

Egli aveva annunciato un Messia duro e severo che avrebbe bruciato il peccato ed i peccatori.  La sua predicazione si rifaceva al tema profetico del “Giorno di Iahawè” così come annunciato dai profeti minori più antichi.

Per esempio il profeta Amos diceva: “Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che sarà per voi il giorno del Signore?  Sarà tenebre e non luce”.

La definizione più forte ed incisiva è però quella del profeta Sofonia: "E' vicino il gran giorno del Signore, è vicino e avanza a grandi passi. Una voce: Amaro è il giorno del Signore! anche un prode lo grida. «Giorno d'ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebre e di caligine, giorno di nubi e di oscurità, giorno di squilli di tromba e d'allarme sulle fortezze e sulle torri d'angolo”. (Sof 1,14-16).

Il giorno è inteso non tanto come spazio temporale di ventiquattro ore, ma come tempo non definibile in cui Iahawè distrugge il peccato con il peccatore e purifica Israele.

Gesù rovescia completamente questa prospettiva. Egli realizza il giorno che è tempo di misericordia e di vicinanza salvifica di Dio che guarisce, dona pace e speranza.

Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti resuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”. 

In Gesù il giorno rivela l’essenza e l’identità di Dio che è quella di padre che vuole la salvezza di tutti i suoi figli.

Nella seconda lettura Paolo afferma che di fronte al nostro peccato, “disobbedienza”, Dio ha risposto con la sua misericordia.

Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!  O profondità della richiesta, della sapienza e della conoscenza di Dio!  Quanto inesorabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!  Infatti, «chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere?  O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne in contraccambio?»”.  Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose.  A lui la gloria nei secoli.  Amen.”.

Questo è il Dio che noi attendiamo.  Viene a mostrarci ancora una volta il suo amore. 

 

don Edy


DOMENICA  20  NOVEMBRE   2022

 SECONDA DOMENICA DI AVVENTO


Rif. Biblici:                    1^Lettura    Bar                    4,36-5,9

Epistola:     Rm                 15,1-13

                                       Vangelo:     Lc                      3,1-18              

   

In questa seconda domenica di Avvento la liturgia ambrosiana introduce la figura di Giovanni il Battista, colui che è chiamato il precursore perché ha corso davanti, è venuto prima del Messia e ha preparato la strada per lui.

Sottolineo due aspetti del brano evangelico.


Anzitutto l’evangelista situa il ministero di Giovanni in un contesto storico ben preciso: “Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di
Dio venne a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”.  Questo è molto importante e sta particolarmente a cuore alla Comunità cristiana.  Si vuol dire che quel Gesù che noi annunciamo è una figura storica non un’invenzione o una fantasia di un gruppo di persone.  In lui si compie la profezia di Isaia: “Il Dio lontano si fa vicino.  Egli è l’Emmanuele”, ossia il “Dio con noi”.

Il Natale che anche quest’anno stiamo preparando in questo Avvento è la Memoria dell’irrompere di Dio nella storia dell’uomo.

La nostra storia che spesso ci sembra negativa è in realtà redenta perché in essa è entrato Dio che ha voluto darle un senso ed un significato ultimo.  L’invito è ad avere fede e far si che la fede generi in noi la speranza.  San Paolo nella seconda lettura dice: “E a sua volta Isaia dice: «Spunterà il rampollo di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni: in lui le nazioni spereranno».  Dio nella speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo”.

Apriamo quindi il cuore e la mente ad accogliere il Dio che viene per vivere nella gioia e nella pace, vincendo ogni paura e tristezza.  Sempre l’apostolo Paolo dice: “Se Dio è con noi e per noi, chi sarà contro di noi?”.

Il secondo aspetto che voglio sottolineare del brano evangelico è l’invito fortissimo di Giovanni alla Conversione e al cambiamento di vita.

Questo vale anche per noi.  Sicuramente con modalità e forme diverse, ma per accogliere “Colui che viene” dobbiamo vincere il nostro peccato, purificarci nell’intimo.

L’Avvento è tempo di purificazione e di rinuncia per giungere alla Riconciliazione piena con Dio nel Sacramento della Confessione che riceveremo prima di Natale.

Ci chiediamo allora se ci stiamo preparando oppure no.  Il Battista, citando sempre Isaia, dice: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!  Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e quelle impervie, spianate.  Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”.

Sia questo il nostro impegno: togliere ogni ostacolo perché il Signore giunga fino a noi.

don Edy


DOMENICA  13  NOVEMBRE   2022

 PRIMA DOMENICA DI AVVENTO


 Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                         51,4-8

Epistola:     2Ts                       2,1-14

                                       Vangelo:     Mt                       24,1.31              

      

Oggi la liturgia ambrosiana inizia un nuovo anno liturgico.

Lo scopo dell’anno liturgico è quello di renderci partecipi sempre di più del mistero di Cristo e della nostra salvezza.

Ci sono tempi sacri in cui l’anno è diviso che ci chiamano a fare memoria di quanto il Signore ha compiuto per noi per poter aprire il nostro cuore all’accoglienza dei suoi doni.

I tempi liturgici sono:

AVVENTO

TEMPO DI NATALE

QUARESIMA 

SETTIMANA SANTA

TEMPO PASQUALE

TEMPO DOPO PENTECOSTE

Due di questi periodi sono chiamati tempi forti: Avvento e Quaresima perché ci preparano ad eventi fondamentali per la cristianità: il Natale e la Pasqua.

Ogni tempo liturgico però presenta sue caratteristiche particolari e ci chiama a riscoprire virtù ed atteggiamenti importanti per la sequela, ossia per metterci al seguito di Gesù.


L’Avvento che oggi iniziamo ci dice che il cristiano autentico vive su questa terra nell’attesa della venuta finale di Cristo e del suo incontro con Lui.  Egli è venuto nella nostra storia come uomo duemila anni fa, è morto ed è risorto.  La sua Resurrezione lo ha reso Signore dell’universo e per questo verrà 
di nuovo per il giudizio finale e nell’incontro con Lui ciascuno di noi troverà la pienezza di ogni bene.

Alla domanda: “Chi è il Cristiano?” l’Avvento risponde: “È colui che è in attesa”.

È così per noi?  Siamo in attesa di Dio e dell’eterno o pensiamo che le cose di questo mondo possano darci la felicità che tanto cerchiamo?

Le cose di questo mondo però passano.  Dio rimane per sempre.

L’Avvento ci invita ad essere “vigilanti”.

La vigilanza è la virtù tipica di questo tempo. Virtù che però deve attraversare tutta la nostra esistenza.  Dobbiamo essere vigilanti per non legare il nostro cuore alle cose di questo mondo, dobbiamo essere vigilanti per ricordarci sempre che siamo fatti per Dio.

La vigilanza deriva unicamente dalla fede che viene alimentata dall’ascolto della Parola e dalla preghiera.

Dobbiamo saper trovare ogni giorno un momento per pregare ed ascoltare e dire in pienezza e sincerità di cuore: “Signore aumenta la nostra fede” e “Maranathà” ossia vieni Signore Gesù.

 

don Edy


DOMENICA  6  NOVEMBRE   2022

NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Dn                          7,9-10.13-14

Epistola:     1Cor                   15,20-26.28

                                       Vangelo:     Mt                       25,31-46              


Nella liturgia di questa domenica, Solennità di Cristo Re, è importantissima la pagina del Vangelo di Matteo in cui la regalità di Cristo si manifesta nella testimonianza di una vita spesa nell’amore, nell’accoglienza degli ultimi, nel perdono e nella misericordia.

Egli è il “Figlio dell’uomo” preannunciato dal profeta Daniele ossia è il Signore dell’universo ed ancora è il “Re” proclamato tale sulla Croce ed incoronato con una corona di spine.

Come Figlio dell’uomo egli è il giudice, come Re è colui che raccoglie attorno a sé tutti i popoli.  Il giudizio finale è universale, riguarda tutte le genti ma allo stesso tempo è un giudizio personale, di ciascuno preso singolarmente.  Saremo giudicati sulla nostra capacità di amare gli ultimi, coloro che sono al margine della società.  Il brano evangelico è molto preciso ci parla di affamati, assetati, forestieri, nudi, malati e prigionieri.

Colpisce il fatto che il Figlio dell’uomo e Re si identifichi in “toto” con queste persone.  “In verità vi dico, tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me”.

Per noi questo è un richiamo fortissimo ed allo stesso tempo giudizio sui nostri comportamenti e scelte lontani da questa prospettiva evangelica, ma legati ad una visione umana e terrena che mette al primo posto i nostri interessi ed egoismi.  Nella società in cui viviamo dobbiamo essere molto “vigilanti” per vivere e testimoniare ciò che il Vangelo ci dice.

Sicuramente ogni giorno dobbiamo saperci convertire per avere nel nostro cuore gli stessi sentimenti che furono del Signore Gesù. Siamo chiamati a collaborare alla costruzione del Regno di Dio che è Amore, Giustizia e Pace.

In questa festa di Cristo Re l’Arcivescovo scrive: “Celebrando oggi la Giornata Caritas, e insieme la giornata del povero, possiamo cogliere l’occasione per richiamare l’impegno e la responsabilità di ogni credente a rendersi costruttore di questo Regno di amore, giustizia e solidarietà nella vita di tutti i giorni.  Il Regno di Cristo è la rivelazione dell’amore di Dio, ed è l’instaurazione di un nuovo ordine di rapporti fra gli uomini, è l’inaugurazione di un progetto diverso la cui attuazione è affidata dal Padre al Figlio e al popolo dei credenti.

Gesù Cristo non ci educa alla rassegnazione, ma alla responsabilità, alla partecipazione.  Ecco come esercita il servizio regale Gesù Cristo: stimola, incentiva, solleva, invita a non isolarsi, a mettersi a servizio, ad usare tutti i doni ricevuti, ad uscire dall’apatia.  Per Lui regnare vuol dire servire.  L’essenziale della vita cristiana non è di dire e nemmeno di confessare Cristo a parole, ma praticare l’amore concreto per i poveri, gli stranieri e gli oppressi.  La cura e l’accoglienza del povero diventa la ragione della benedizione e della salvezza.  Questa è la volontà di Dio.  Alla fine del mondo tutti saremo giudicati sull’amore. Questa è la vigilanza”.

 

don Edy


DOMENICA  23  OTTOBRE   2022

1^ DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE DEL DUOMO

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    At                          13,1-5a

Epistola:     Rm                     15,15-20

                                       Vangelo:     Mt                          28,19-20              

       

 Celebriamo la giornata missionaria mondiale in cui tutta la Chiesa è chiamata a meditare sulla chiamata ad annunciare il Vangelo a tutti i popoli come dice il brano di Vangelo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”.  Chi crede non può rinchiudersi su se stesso.  L’esperienza di essere amati da Dio e salvati da lui è così grande che chiede di essere comunicata a chi non crede, o non conosce la storia della salvezza.


S. Paolo nell’epistola parla di una grazia particolare:

Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il Vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo”.

Sicuramente ci sono persone che hanno fatto scelte molto forti e sono partite per l’Africa, l’Asia o altri continenti.  Sono i missionari e le missionarie che hanno deciso di lasciare la propria famiglia, il proprio paese per andare là dove il Vangelo non è stato ancora annunciato o la Chiesa è molto giovane e ha bisogno ancora di essere sostenuta ed accompagnata.

Oggi vogliamo pregare per loro e dare anche il nostro contributo per aiutare loro e i poveri con cui spesso condividono la loro vita.

C’è però, come dicevo, una testimonianza che è richiesta a ciascuno di noi.

Per questo ognuno si deve interrogare e chiedere: “Come faccio io per annunciare il Vangelo o come porto Cristo al mondo che mi circonda, a partire dalla famiglia o dalla cerchia di amici?”.

Il Signore ci chiede di metterci in gioco e diventare missionari nel nostro mondo affinché Cristo sia conosciuto ed amato.

 

don Edy

 

DOMENICA  16  OTTOBRE   2022

DEDICAZIONE DEL DUOMO


Rif. Biblici:                    1^Lettura    1Pt                          2,4-10

Epistola:     Eb                       13,15-17.20-21

                                       Vangelo:     Lc                           6,43-48              

       

Il venti ottobre 1577 San Carlo celebrava la dedicazione del nostro Duomo.  Diventava dimora di Dio nel cuore della città e casa per il popolo di Dio il magnifico edificio iniziato due secoli prima e che sarà completato con la facciata solo nel 1814.  Più di quattrocento anni per quella che i milanesi chiamano “la fabbrica del Duomo”.

L’evangelo di questa domenica presentando un uomo che costruisce la sua casa su solida roccia ci ricorda che la nostra roccia, nostro unico fondamento è Dio stesso.   “Egli è la roccia” (Dt 32,4) e il Salmo 91,16 lo invoca “Mia roccia”.  La scelta di questo simbolo roccioso in questa domenica che è festa della nostra Chiesa ambrosiana che ha nel duomo il suo centro e il suo cuore, ci ricorda questa semplicissima verità: la Chiesa ha come suo unico fondamento Cristo Gesù, pietra angolare.

La prima lettura presa dalla prima lettera di San Pietro ci dice che su questa pietra che è Cristo è costruito l’edificio spirituale della Chiesa di uomini per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio.

La festa del Duomo ci ricorda che Dio è in mezzo a noi e noi siamo il suo popolo: “Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia”.

Con gioia oggi ringraziamo il Signore perché ci ha  chiamati a questa grande dignità e ha voluto fare di noi il suo popolo.

Siamo chiamati ad essere sul territorio che abitiamo testimoni del Vangelo ed annunciatori della Parola di Dio seguendo i pastori che Dio ci ha dato.

Preghiamo quindi per il nostro Vescovo Mons. Mario Delpini, preghiamo per i nostri sacerdoti perché ci possano guidare ogni giorno a vivere in pienezza la nostra vocazione.

 

don Edy


DOMENICA  9  OTTOBRE   2022 

SESTA  DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

 Rif. Biblici:                    1^Lettura    1Re                     17,6-16

                                       Epistola:      Eb                       13,1-8

                                       Vangelo:     Mt                       10,40-42              

 Il tema della liturgia di questa VI domenica dopo il martirio di Giovanni il Precursore è sicuramente l’accoglienza e l’ospitalità.

La prima lettura celebra l’ospitalità offerta dalla vedova di Sarepta al profeta Elia, mentre nel brano alla lettera agli Ebrei si dice: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli”.


Nel brano evangelico troviamo ripetutamente il verbo accogliere.  Accogliere un discepolo del Signore sarà accogliere il Signore stesso, anzi accogliere il Padre che lo ha mandato.

Lasciamoci quindi guidare dalla Parola di Dio e chiediamoci come sappiamo noi accogliere chi è diverso da noi, chi è lontano da noi, chi appartiene agli altri popoli o razze.

Penso che ci siano livelli diversi in cui giocare la nostra volontà e capacità di accoglienza.

Anzitutto in famiglia dove spesso si vivono rapporti logorati dal tempo e dalla consuetudine, essere capaci ogni giorno di dare nuova vita alle relazioni che lì si intrecciano nella diversità di carattere e di età.  In particolare l’invito è rivolto a chi nel Sacramento del Matrimonio ha promesso:

Io N., accolgo te, N., come mia/o sposa/o.

Con la grazia di Cristo

Prometto di esserti fedele per sempre,

nella gioia e nel dolore,

nella salute e nella malattia,

e di amarti e onorarti

tutti i giorni della mia vita”.

 

Un secondo ambito è quello della Comunità Cristiana.  In essa Dio Padre e Signore ci ha voluti fratelli e sorelle.  Spesso però non è così perché non ci conosciamo e non ci accogliamo.  Ognuno va per la sua strada.  Forse dovremmo ricominciare dalle cose più semplici come il “buon vicinato” ricordandoci di quanto oggi il Vangelo ci dice.

Infine oggi anche nel nostro paese siamo chiamati ad accogliere chi viene da lontano fuggendo da guerre, carestie e fame nella speranza di trovare una vita migliore.  Il Papa continuamente ci richiama a questo impegno.  Nel suo discorso a Lampedusa disse di fonte    a quella immane tragedia: “Abbiamo fatto l’abitudine alla sofferenza degli altri.  Spesso diciamo che non ci riguarda, non ci interessa, non è cosa nostra….”.

È triste constatare come duemila anni di Cristianesimo sembrano non aver intaccato paure e diffidenze nei confronti degli altri.

Chiediamo perdono a Dio e lasciamoci guidare dalla sua Parola.

     don Edy


DOMENICA  2  OTTOBRE   2022

QUINTA  DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                         56,1-7

                                       Epistola:      Rm,                    15,2-7

                                       Vangelo:     Lc                          6,27,38              

Il brano evangelico di questa quinta domenica dopo il martirio di Giovanni ci mette di fronte all’invito di Gesù ad essere misericordiosi come il Padre che sta nei cieli è misericordioso. Questa misericordia si manifesta nell’amare e fare del bene ai propri nemici.

A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male”.

Queste parole di Gesù sono completamente al di fuori di ogni discorso o logica umana.  Anche la persona più retta, più giusta e più buona non può amare chi gli/le fa del male. Del resto, la legge antica diceva: “Occhio per occhio, dente per dente”.  Ad un determinato
male o offesa si pone rimedio con un male di pari grado.  In questo modo si pensava di ristabilire l’equilibrio tra situazioni che altrimenti sarebbero rimaste impari.

Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta all'altro. Chi uccide un capo di bestiame lo pagherà; ma chi uccide un uomo sarà messo a morte”. (Levitico 24,19-21).  Ora queste parole di Gesù ribaltano completamente questa prospettiva.  Per accettare però questa  visione bisogna mettersi in una prospettiva di fede.  Mettere Cristo al centro e dire: “La tua parola è parola di verità. Anche se è difficile e dura, anche se non capisco ma Credo”.

“Credo che vi è più gioia nel dare che nel ricevere, credo che il perdono è più giusto della vendetta, credo che come te anch’io devo saper dare la vita per gli altri”.

È un cammino di conversione che porta all’imitazione di Cristo per potersi ogni giorno di più Conformare a Lui.

San Paolo ci dice: “Siate dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore”.  (Ef 5,1-2).  Questa è la grazia da chiedere e l’impegno da assumere per essere testimoni di Cristo.

don Edy


DOMENICA  25  SETTEMBRE   2022

 QUARTA  DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Pr                       9,1-6

                                       Epistola:      1Cor                 10,14-21

                                       Vangelo:     Gv                       6,51-59              

In questa domenica celebriamo la festa della nostra comunità di Santa Giustina in Affori.  La festa della comunità Cristiana ha sempre come finalità quella di farci ricordare le radici
da cui veniamo e partendo da queste radici come poter oggi essere sul territorio memoria e segno del grande amore del Signore.

Le letture ci invitano a mettere come fondamento della vita comunitaria l’Eucaristia, a mangiare il pane di vita che ci sostiene nel nostro cammino.

Gesù dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.  Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.

Vogliamo ripartire, per questo nuovo anno pastorale, dall’Eucaristia, dalla Messa domenicale. Gesù ci attende e ci dice “Venite a me”.

Venite a me per ascoltare la mia parola, venite a me per nutrirvi di me.

Nell’introduzione della lettera pastorale l’Arcivescovo Mons. Mario Delpini sottolinea questo e dice: “Un nuovo inizio?  Una ripartenza?  Le parole che descrivono il momento che stiamo vivendo delineano una possibilità, un’aspettativa.  Forse trovano un’umanità che porta segni di stanchezza, piuttosto che di slancio; di esitazione, piuttosto che di entusiasmo; travolta da una fretta di risentito recupero, piuttosto che attratta da una promessa affascinante, incerta più che disponibile.  Come sarà possibile conservare la gioia nei giorni tribolati della storia umana?  Come sarà possibile sostenere il logoramento dei tempi faticosi, senza perdere la speranza?  Quali vie si dovranno percorrere per camminare insieme, decidere insieme, vivere in comunione con persone, storie, culture così diverse?

Il Signore Gesù, in un momento di frustrazione per sé e per i suoi, rivolge il suo invito: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e vi darò ristoro». (Mt 11,28)”.

 

don Edy


DOMENICA  18  SETTEMBRE   2022

 TERZA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI


Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                         43,24C-44,3

                                       Epistola:      Eb                          11,39-12,4

                                       Vangelo:     Gv                            5,25-36              

       

In verità, in verità vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno». È ciò che ci dice il brano di Vangelo e più avanti aggiunge: «Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna”.


Sottolineiamo due aspetti molto importanti per il Vangelo di Giovanni. Anzitutto si parla di “ORA”.

L’ora non è un tempo preciso come per noi di sessanta minuti ma indica lo spazio temporale e vitale in cui si compie la salvezza ad opera del Signore Gesù.

L’ora inizia sulla Croce e continua nella storia dell’uomo fino al suo compimento quando tutti/e saremo riuniti in Cristo.

Noi siamo nell’ora, nel tempo della salvezza.

Il secondo aspetto è legato a “VITA” o “VIVERE”.

Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al figlio di avere la vita in se stesso”.

Viene ripreso qui quanto detto nel prologo: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini».  È la vita eterna che ci viene donata nell’ora della salvezza.  Tutto questo è luce, ossia illumina l’esistenza, dà senso e significato.  La morte non è la fine di tutto, ma è l’ingresso nella pienezza della vita.

Gesù di fronte all’amico Lazzaro già nel sepolcro dice: “Io sono la risurrezione e la vita.  Chi crede in me anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.  Credi tu questo?”.

Oggi il Signore rivolge a ciascuno di noi questa stessa domanda: “Credi tu nella vita eterna?  Credi tu che in L6ui vivremo per sempre?”.

Ci chiediamo dove sta andando la nostra vita o verso chi stiamo camminando.

Nella seconda lettura della lettera agli Ebrei ci viene detto che: “Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù”.

Preghiamo perché ciascuno di noi possa tenere fisso lo sguardo su di Lui, correndo per incontrarlo per sempre.

 

don Edy


 DOMENICA  11  SETTEMBRE   2022

 SECONDA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                           5,1-7

                                       Epistola:      Gal                         2,15-20

                                       Vangelo:     Mt                        21,28-32              


Le letture di questa domenica ci parlano della “Vigna” del Signore e della necessità ed importanza ad essere pronti a lavorare in essa.

L’immagine della vigna indica da sempre un bene molto importante e significativo, il possesso del Signore che deve produrre molti frutti.

La vigna è segno e simbolo della Chiesa, la comunità dei credenti in cui devono vedersi e manifestarsi frutti di amore autentico a Dio nella liturgia, nella preghiera, nella condivisione e nella carità.  Per noi è un richiamo molto forte ed importante.

Ci prepariamo alla festa della comunità di Affori e ci dobbiamo porre almeno tre domande.

1. Possiamo dire di amare questa vigna che il Signore ha    piantato qui in Affori, la comunità di Santa Giustina?

Questa vigna ha una storia molto importante.  Nei secoli ha prodotto molti frutti ed ha segnato profondamente la storia di questo territorio.  Ciascuno di noi deve amare questa comunità perché in essa il Signore ha lavorato e continua a lavorare.

La comunità non è dei preti o di un “cerchio magico” che sta attorno a loro, ma di tutti.  È “nostra”.

2. Tutti noi siamo chiamati a lavorare nella vigna del Signore perché produca sempre di più.  Purtroppo, anche ai nostri giorni si ripete ciò che ci ha detto il brano di Vangelo.  Noi con chi siamo? Con quelli che lavorano o con quelli che con tante scuse non fanno niente e magari criticano chi lavora?  Ognuno si chieda: “Cosa faccio io, qual è il mio aiuto alla comunità?”.

3.  Da ultimo dobbiamo domandarci se in questa comunità noi stiamo crescendo umanamente e nella fede oppure no.

Nella seconda lettera San Paolo dice: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me.  E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”.

Questo è il frutto finale.  Ciascuno di noi dovrebbe poter dire: “Non sono più io, ma Cristo vive in me”.

Dicevo che questo è il traguardo finale e magari ci sentiamo lontani da esso.

Umilmente rimettiamoci in cammino perché Cristo abiti in noi.

don Edy


DOMENICA  4 SETTEMBRE   2022

 PRIMA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Is                         30,8-15b

                                       Epistola:      Rm                         5,1-11

                                       Vangelo:     Mt                         4,12-17              

 Oggi è la prima domenica dopo il martirio di Giovanni il Battista.

Il brano evangelico ci dice che dopo l’arresto di Giovanni Gesù è ormai pronto ad iniziare la sua missione.

Egli parte dalla Galilea delle genti dove si trovano credenti e non credenti, giudei e persone appartenenti ad altri popoli.  La Galilea, diremmo oggi, è una periferia del mondo e della società.

Per coloro che erano perduti è venuto il Figlio di Dio a portare la salvezza.

Nel suo annuncio proclama che in Lui si manifesta la potenza misericordiosa e salvifica di Dio: “Il regno di Dio è vicino”.  Gesù chiama alla conversione per poter andare a far parte di questo Regno.

Riprende l’invito di Isaia che abbiamo letto nella prima lettura: “Nella conversione sta la nostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la nostra forza”.

Il cristiano è colui/colei che vive un cammino di conversione \continua, perché la vita ci presenta ogni giorno situazioni e sfide diverse che ci chiedono di convertirci e di saper abbandonarci nelle mani di Dio con l’ascolto della Parola e la preghiera.

È l’invito ad uscire dalla superficialità per dare una risposta spirituale alla inquietudine che spesso è dentro di noi e ci parla di un desiderio grande dell’assoluto, desiderio che va ascoltato e seguito.

L’Arcivescovo nella sua lettera pastorale 2022-2023 dice: “I discepoli di Gesù hanno imparato a dare un nome all’inquietudine, a riconoscere la dimensione spirituale come essenziale per la vita, ma la interpretano come una invocazione.  Citiamo spesso sant’Agostino, un uomo così antico che offre una parola per leggere vicende di ogni tempo: «Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Le confessioni, 1,1,1).  La spiritualità non si riduce a una ricerca di quello che mi fa star bene, ma diventa itinerario, ricerca.  Uomini e donne intuiscono che la via per -stare bene – non è quella che conduce a ripiegarsi su di sé, ma quella che porta a un incontro”.

Noi camminiamo verso l’incontro vero e profondo con Cristo.  Incontro che solo può dare senso alla nostra vita e donarci la pace del cuore.

Nella seconda lettura Paolo afferma: “Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo.  Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio”.

Sia davvero così che Cristo sia il nostro tutto e quindi la nostra pace.

 

don Edy

DOMENICA  28  AGOSTO   2022

 DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    2Mac                 6,1-2.18-28

                                       Epistola:      2Cor                    4,17-5,10

                                       Vangelo:     Mt                      18,1-10              

       

La liturgia ambrosiana vive l’ultimo periodo dell’anno liturgico come tempo del martirio.

Oggi è la domenica che precede il martirio di Giovanni che viene ricordato il giorno 29 del mese di agosto, da settimana prossima celebreremo le domeniche dopo il martirio del Battista.

Il martirio è la forma più alta di testimonianza che il Cristiano può dare al suo Signore: è dare la vita come lui l’ha data, e versare il sangue come lui lo ha versato. 


La prima lettura ci presenta la figura dello scriba Eleazaro che per essere fedele alla tradizione giudaica ed alla legge sceglie la morte.  Le sue parole rimarranno come segno di una scelta responsabile e molto profonda: “È meglio morire piuttosto che tradire il Signore e quindi peccare”.   Siamo nel tempo che segue la morte di Alessandro Magno e il governo della Palestina è nelle mani dei Seleucidi che vogliono imporre la cultura greca ai giudei.   Troveranno una grande resistenza e diverse persone sceglieranno il martirio per continuare ad essere fedeli alla legge mosaica.

Essi sono un fulgido esempio che prefigura e preannuncia la storia gloriosa dei martiri cristiani.

Il brano di Vangelo ci ricorda che i martiri hanno saputo mettere veramente il Signore al primo posto rinunciando a ciò che più ci appartiene: la vita.

Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te.  È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno.  E se il tuo occhio è motivo di scandalo, cavalo o gettalo via da te.  È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco.

Sono parole che ci sembrano fuori da ogni logica e pensiero umano sono diventate però realtà per i martiri antichi e moderni.  Sì perché anche ai nostri giorni ci sono persone che muoiono e danno la vita per Cristo.

Essi hanno saputo mettere in pratica ciò che l’apostolo Paolo ci dice nella seconda lettura: “Fratelli, il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne”.

Ancora una volta oggi siamo chiamati a conversione e fissare il nostro sguardo sulle realtà eterne e non su quelle visibili e materiali.

La vita cristiana esige, per così dire, il martirio della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni.

Questo potrà avvenire solo se il nostro rapporto con Dio tramite la preghiera e l’ascolto sarà forte e profondo.

 

don Edy

 

DOMENICA  3  LUGLIO   2022

 QUARTA  DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Gen                 4,1-16

                                       Epistola:      Eb                    11,1-6

                                       Vangelo:     Mt                     5,21-24              

       RIFLESSIONE PROPOSTA DALLA CHIESA DI MILANO

 

L'Evangelo di questa domenica è costituito da due frammenti del grande Discorso della Montagna, quel discorso che si apre con le Beatitudini e traccia lo stile del discepolo di Gesù, chiamato a essere perfetto, misericordioso come perfetto e misericordioso è il Padre. Ripetutamente il discorso è scandito dalla formula, che ritroviamo anche nella pagina odierna: "Avete inteso che fu detto agli Antichi…ma Io vi dico..."  "È stato detto 'Non ucciderai', ma io vi dico: amate i vostri nemici…": non considerate nessuno come nemico, cancellate questa parola dal vostro vocabolario. E se la legge antica si limitava a proibire l'omicidio, la nuova legge, quella che è la persona stessa di Gesù, proibisce anche solo pensieri e parole offensive verso l'altro. Certo il linguaggio di Gesù è paradossale e può sembrare eccessivo esser chiamati in giudizio solo per aver pensato o detto una parola ingiuriosa. Questo linguaggio di Gesù traduce con forza il comandamento: "Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22,39). Un comandamento che possiamo rendere ancor meglio così: "Amerai il prossimo tuo perché è te stesso". L'altro che appunto avvertiamo come 'altro' cioè diverso, estraneo e ostile, l'altro che proprio con la sua alterità-diversità inquieta la mia sicurezza, in verità non è altro ma me stesso. E lo è in forza della medesima umanità e in forza della comune appartenenza ad un unico Padre di tutti. Davvero l'altro non è 'altro', è me stesso. Anzi, riconoscerlo non come 'altro' ed estraneo ma come prossimo, al punto d'esser me stesso, è l'unica condizione per poter accedere a Dio e al suo altare. Una parola questa perfettamente adatta alla nostra attuale situazione di persone che si stanno avvicinando a Dio, al suo altare, per portarvi le proprie offerte. Ebbene: solo se siamo in pace con gli altri, se siamo pronti a rimuovere ogni ostacolo sulla via della riconciliazione, lo sguardo di Dio si volgerà benigno a noi e ai nostri doni. Tra poco questa parola evangelica ci sarà ricordata e saremo invitati a scambiare un segno di pace e fraternità prima di presentare i nostri doni all'altare. Prezioso questo gesto che deve ricordarci come il vero culto a Dio gradito è quello di un cuore riconciliato e aperto all'accoglienza e all'amore fraterno. È questo un messaggio che viene da lontano: lo troviamo secoli prima di Cristo nei Profeti che in nome di Dio rigettano gli atti di culto non accompagnati dalla ricerca della giustizia e dall'amore per la vedova e l'orfano, cioè per i più deboli e indifesi (Is 1,10ss.). Troppe volte siamo preoccupati per la corretta esecuzione degli atti di culto. Ne ho conferma nell'esercizio del sacramento della confessione quando la prima colpa che viene confessata è la mancata partecipazione alla messa o le distrazioni nella preghiera… Dovremmo piuttosto chiederci se guardiamo l'altro come altro, cioè estraneo e nemico o se tentiamo di riconoscere in lui un legame di comune appartenenza, una fraternità. Quante volte nelle parole di Gesù il volto di Dio è raggiungibile solo attraverso il riconoscimento dell'altro: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). E ancora: "Chi non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede…Chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1Gv 4,19). Opportunamente ci è proposta in questa domenica come prima lettura la terribile pagina di Abele e Caino e la parola di quest'ultimo che, interpellato da Dio, dice una parola che non dovrebbe mai risuonare sulle nostre labbra: "Sono forse io il custode di mio fratello?". Sì, ad ognuno di noi Dio affida la custodia del proprio fratello.  Davvero ama il tuo prossimo, è te stesso …                                                  

don Edy

DOMENICA  26  GIUGNO   2022

 TERZA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Gen                 3,1-20

                                       Epistola:      Rm                    5,18-21

                                       Vangelo:     Mt                    1,20b-24b               

Sarebbe una pretesa ingenua quella di commentare il racconto della Genesi nel breve spazio di un’omelia.  Forse possiamo solo raccogliere alcune suggestioni da un brano che fondamentalmente ha un significato sapienziale.  Per alla fine, se ci riesce, tentare un collegamento con il brano del Vangelo di Matteo.

Dopo le pagine della creazione in cui si respira l’armonia e la bellezza - “E Dio vide che era cosa bella. E Dio vide che era cosa molto bella” - ecco una pagina che ci affatica, anche nella lettura.  Soprattutto nella lettura della vita, della storia di noi umani.  È come se percepissimo che, accanto a una bellezza che non possiamo dimenticare, respira nella storia anche una minaccia, una minaccia all’armonia, alla bellezza.  Una possibilità anche concreta di perdersi, dico di perdersi in umanità: “Dove sei?” chiede Dio all’Adam, a colui che, come dice il nome, è fatto di terra.  E non è proprio questa la sensazione che a volte proviamo?  Di non sapere più dove siamo o dove andiamo. Di accorgerci di essere come nudi, spogliati, spogliati di dignità.  In esibizione del vuoto, luccicante, ma vuoto. C’è la bellezza, ma c’è anche un attentato alla bellezza. Si può passare dall’armonia alla disarmonia.  Il passaggio può avere molte cause.  Una vorrei sottolineare – non so se è la più importante, ma mi sembra attraversi come un male tutto il racconto – la chiamo “diffidenza”. 

A cominciare dalla diffidenza nei confronti di Dio.  Il serpente, astuto, la semina abilmente nel cuore del terrestre e di Eva.  Dio aveva dato loro tutti gli alberi della terra, ma il serpente, dietro il divieto dell’albero della vita, semina il sospetto di un Dio dei divieti, un Dio concorrente dell’uomo, di un Dio geloso della felicità degli umani, preoccupato che essi stiano a distanza.  Il serpente ha sfigurato Dio.  E la sfigurazione – lasciatemi dire – non è del tutto finita.  Non permane ancora oggi, in qualche misura, l’immagine del Dio dei divieti, di un Dio padrone che quasi ti fa sentire in colpa se sei felice?

E da diffidenza, nasce diffidenza: quella dell’uomo nei confronti della donna, quella della donna nei confronti dell’uomo, quella della natura nei confronti degli umani.  Non si aprono per sfiducia le finestre, non si aprono le porte, si ergono muri.  Non ci si concede, ci si rifiuta.  Come Dio anche l’altro cambia immagine agli occhi: l’altro è un concorrente, uno che ti ruba spazio, uno che ti domina. Per un suo, più o meno nascosto, interesse.  Un mondo spogliato dalla diffidenza.

La storia dell’uomo è segnata sin dall’inizio dalla presenza del peccato che nelle pagine iniziali della Genesi si manifesta con questa diffidenza verso Dio e gli altri.

Da questa prospettiva possiamo capire la pagina evangelica. A differenza di Adamo Giuseppe non diffida, ma si fida.  “Fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”.  Egli accoglierà colui che viene a riconciliare l’uomo con Dio: Gesù, l’Emmanuele.

L’esempio di Giuseppe è importantissimo per noi.  Siamo chiamati come lui a fidarci di Dio e ad affidarci soprattutto nelle prove, nelle tentazioni, a Lui.  In te confido, a te mi affido.  Sia allora la nostra invocazione.

don Edy


DOMENICA  24  APRILE   2022

 DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA

Rif. Biblici:               1^Lettura     At                    4,8-24a

                                  Epistola:    Col                    2,8-15

                                  Vangelo:    Gv                    20,19-31              


Questa domenica chiude l’Ottava di Pasqua in cui la Chiesa ha celebrato come unico giorno il Mistero della Resurrezione del Signore Gesù.

Le letture di quest’oggi ci descrivono il cammino della Comunità Cristiana dopo che i discepoli hanno fatto l’esperienza viva di una presenza nuova di Gesù.

Il brano evangelico di San Giovanni ci dice che è iniziata una nuova epoca: il tempo della fede.

I discepoli non potranno più vedere il Signore Gesù, parlare con lui, sedere a tavola con lui, ma saranno chiamati a credere che Egli continua la sua opera salvifica in ogni tempo ed in ogni luogo attraverso l’opera dello Spirito.

A Tommaso, che non aveva creduto che Egli fosse risorto, Gesù dice. “Perché mi hai veduto, tu mi hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto o crederanno”.

Il Signore ci ha chiamati beati perché abbiamo creduto in Lui.

La nostra fede, però, ha bisogno di essere rinforzata e di crescere ogni giorno e di diventare nel mondo testimonianza di Cristo.

La prima lettura ci parla della testimonianza dei primi discepoli.

Gli apostoli e gli altri amici di Gesù non hanno timore a proclamare al mondo la Parola del Vangelo e che Gesù è vivo ed è risorto.

Di fronte ai capi del popolo, che proibivano con minacce a Pietro e Giovanni di parlare al popolo nel nome di Gesù, essi replicavano: “Se sia giusto dinnanzi a Dio obbedire a voi invece che a Lui giudicatelo voi stessi.  È meglio obbedire a Dio che agli uomini.  Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed ascoltato”.

Ci chiediamo allora se noi abbiamo viva la certezza della presenza e vicinanza di Cristo risorto.

Non siamo soli, ma Egli è con noi.

È davvero così?

Sappiamo testimoniare al mondo la Parola che Cristo ci ha insegnato o abbiamo paura di essere giudicati o emarginati perché testimoni di Cristo?

Facciamo tesoro di questi grandi insegnamenti che oggi ci sono stati dati.

 

don Edy


DOMENICA  10 APRILE   2022

DOMENICA DELLE PALME


Rif. Biblici:    1^Lettura    Is                  52,13-53,12

Epistola:   Eb                     12,1b-3

    Vangelo:   Gv                    11,55-12,11               


    DIOCESI DI  MILANO

      Traccia di riflessione a cura di Giuseppe Grampa



Questa domenica inaugura la settimana santa, meglio chiamarla settimana autentica come vuole il rito ambrosiano, settimana decisiva nella vita di Gesù e anche per i suoi discepoli di allora e di oggi. Vi entriamo con una pagina evangelica che parla un linguaggio insolito e non consueto per lo stile ecclesiastico. La cornice di questa scena evangelica è una casa, casa di amici. Questa casa non è impregnata dagli odori casalinghi, odori di cucina e di cibo. Questa casa è invasa dal profumo, un profumo di grande pregio perché una donna, Maria sorella di Lazzaro e di Marta compie una "opera bella" (così l'evangelista Luca qualifica il gesto) per il corpo di Gesù. Se raccogliamo questi diversi elementi davvero la pagina odierna è singolare, anzi imbarazzante e disegna una relazione con la persona di Gesù davvero sorprendente. Gesù inaugura la settimana ultima e decisiva della sua esistenza terrena in una casa, la casa di amici. Non siamo nel Tempio. Gesù vuole incontrarci in casa, nel luogo dei nostri affetti più profondi, delle gioie e delle fatiche. Entriamo anche noi in questa casa invasa dal profumo e guardiamo questa donna, Maria, che compie un atto di straordinaria tenerezza per il corpo di Gesù profumandolo con un profumo assai costoso. Riconosciamolo: un gesto niente affatto consueto nelle abitudini ecclesiastiche! Questo gesto di cura per il corpo di Gesù è di imbarazzante bellezza. Imbarazzante perché questa femminile tenerezza per il corpo di Gesù non è usuale, soprattutto in chiesa. Siamo gli eredi di una cultura che per secoli ha svalutato il corpo a vantaggio dell'anima prigioniera appunto del corpo. E invece Gesù si lascia toccare, anzi accarezzare, anzi profumare da mani femminili capaci di delicata premura. Facciamo allora l'elogio del corpo, impariamone il linguaggio. Sì, perché il corpo parla, manifesta i nostri più intimi sentimenti. Già una semplice stretta di mano può comunicare la forza di un rapporto. E poi un abbraccio, un bacio. Quanta tenerezza passa attraverso le mani che accarezzano, quanta dolcezza nel gesto di stringere tra le braccia la persona amata, negli sguardi degli uomini e delle donne che si vogliono bene. Impariamo da questa donna ad esprimere tenerezza attraverso i nostri corpi. Purtroppo attraverso il corpo passa anche la violenza della tortura, il disprezzo, il tentativo di abusare della dignità della persona, soprattutto dei più piccoli e delle donne. Bello il gesto di Maria di Betania: ha la bellezza dei gesti gratuiti, mossi solo dall’amore per la persona, perché la persona vale più di ogni altra cosa e per Lei si può sprecare un costoso profumo. Trecento denari valeva quel profumo, una somma sembra equivalente al salario annuo di un lavoratore. Un gesto che forse anche noi giudichiamo eccessivo. E infatti è criticato come uno spreco di risorse che potevano esser meglio utilizzate per i poveri. Invece una parola di Gesù prende le difese della donna per un gesto che anticipa misteriosamente la sua morte e gli onori al suo corpo. Ha ragione Giuda a ritenere eccessivo il gesto di Maria, proprio uno spreco? Invece Gesù elogia questo gesto segno di un amore 'eccessivo', un amore che non calcola ma dona senza misura. In un'altra occasione il corpo di Gesù è stato profumato da una donna. Nella narrazione di Marco (14,3ss.) non mancano analogie con quella di Giovanni. Ma vi è un dettaglio che ogni volta mi emoziona. Siamo a Betania ma in un'altra casa, quella di Simone il lebbroso. Una donna, senza nome, porta un "vasetto di alabastro pieno di olio genuino di vero nardo di gran valore: ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sulla testa di Gesù". Prezioso l'unguento di vero nardo e prezioso anche il vasetto di alabastro: spezzato perché tutto il profumo scenda, come cascata. Rompere il vasetto di alabastro, un gesto eccessivo? Sì, ma Gesù non è uomo del 'giusto mezzo o happy medium' che a noi sembra tanto ragionevole. Anche gli Antichi suggerivano: "Ne quid nimis--Niente di troppo". Ma un altro è il suo criterio. Lui che "avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine" (Gv 13,1). Un altro il criterio di queste due donne, vere discepole. Ricordano a tutti noi che senza qualche gesto 'eccessivo' forse non c'è vero amore.




DOMENICA  3 APRILE   2022

 

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

 Rif. Biblici:                    1^Lettura    Dt                    6,4a;26,5-11

                                       Epistola:      Rm                    1,18-23a

                                       Vangelo:     Gv                    11,1-53              

DIOCESI DI  MILANO

         Traccia di riflessione a cura di Giuseppe Grampa

DOMENICA DI LAZZARO

Mi colpisce in questa lunga pagina l'attenzione per quella che potremmo chiamare la reazione psicologica di Gesù che l'evangelista registra così: "Si commosse profondamente, si turbò...scoppiò in pianto...". E di nuovo: "Ancora profondamente commosso...". Solo due volte gli Evangeli registrano il pianto di Gesù: di fronte allo spettacolo splendido di Gerusalemme prevedendone la distruzione imminente e qui a Betania per la morte dell'amico Lazzaro. Mi colpisce questo pianto perché i miei lontani studi classici mi hanno insegnato che gli Dei "liberi da ogni cura al pianto condannano il mortale". E' dei mortali piangere, gli Dei invece, imperturbabili, sono liberi da ogni affanno. E invece Gesù piange. 


Mi chiedo quale rivelazione racchiuda questo pianto. E per scoprirlo mi volgo alla mia esperienza del pianto, pianto per la perdita di una persona amata, come Lazzaro per Gesù. Il pianto è, mi sembra, l'unica espressione dei nostri sentimenti quando una persona cara ci lascia e un grande silenzio scende dentro di noi. Con quella persona, infatti, non potremo più parlare, se le rivolgeremo la parola ci risponderà solo il silenzio. Nessun gesto verso di lei sarà più possibile. La mano resterà senza presa alcuna. Mi sembra che il pianto sia l'unica voce di questo silenzio che con la morte entra dentro di noi. Il pianto dice un legame che nei giorni abbiamo costruito con chi ci lascia, un vincolo di appartenenza che viene meno aprendo un vuoto dentro di noi: quante cose non potremo più fare e che ci erano consuete proprio con quella persona. Il pianto dice una appartenenza che abbiamo costruito e che la morte distrugge. Questa mi sembra la voce del pianto. E Gesù che amava Lazzaro e le sorelle e la loro casa piange perché quel legame è spezzato. E la gente spettatrice di quel pianto, capisce e osserva: "Vedi come lo amava". La nostra meditazione potrebbe fermarsi qui, condividendo il pianto umanissimo di Gesù. Quante volte, entrando nelle case visitate dalla morte, ho condiviso il pianto, senza dire parole. Ma l'Evangelo non sarebbe davvero notizia buona se non osasse una parola, quella che Gesù rivolge alle sorelle di Lazzaro: "Chi vive e crede in me non morirà in eterno". Molte persone segnate dalla morte di una persona cara mi chiedono: "E adesso dov'è? Che ne è di Lui o di Lei?...E dopo che cosa ci sarà?". Quante volte queste domande mi nascono dentro quando sono davanti alla tomba dei miei genitori che sarà anche la mia tomba. Confesso di non saper rispondere perché sono persuaso che ci è precluso lo sguardo sul 'dopo'. Tentare di descriverlo è solo esercizio di immaginazione. E non a caso neppure una parola negli evangeli vince questo silenzio. Ma custodisco come perla preziosa la certezza racchiusa nella promessa di Gesù, forse l'unica sua parola che davvero illumina l'oscurità della morte, una parola che ha un tratto di tenerezza: "Vado a prepararvi un posto, quando sarò andato e vi avrò preparato un posto ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io" (Gv 14,2,s.). Non il vuoto ma "un posto", preparato per me, per te, per noi, per tutti. A questa promessa si affida l'apostolo Paolo quando dice, ed è una delle sue parole più intense e appassionate: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze né altezza né profondità né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore" (Rom 8,31ss.). Ci sono nelle pagine della Scrittura sacra altre parole che evocano la nostra risurrezione. Ma queste appena citate hanno un tratto di singolare umanità che le rende vicine e comprensibili. Ci prepara un posto e niente, neppure la morte ci potrà mai separare da Lui e in questo amore niente ci potrà separare da quanti abbiamo amato.

                                        


DOMENICA  27  MARZO   2022

 QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

Rif. Biblici:                    1^Lettura    Es                    17,1-11

                                       Epistola:      1Ts                     5,1-11     

Vangelo:     Gv                      9,1-38b              

 

Domenica del Cieco

La quarta domenica di Quaresima ci presenta un altro brano grandioso di Giovanni: il cieco nato.

Lo sguardo è sempre sul nostro Battesimo.

Dopo averci parlato dell’acqua di vita (la Samaritana), la libertà dal male che deriva dalla fede accolta nel Battesimo (Abramo) oggi ci viene detto che il Battesimo ci dona la luce che ci permette di distinguere ciò che è bene da ciò che è male.

Si compone così un primo quadro della figura del Cristiano.  Egli è il purificato dall’acqua, egli è il liberato dal male, egli è l’illuminato.

Il brano evangelico ci dice con chiarezza che questa “illuminazione” è frutto di una creazione nuova compiuta nel Battesimo.

L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: «Va’ a Siloe e lavati».  Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista”.

Per chi è uso alla lettura della Scrittura è chiarissimo il riferimento a Gen 2,7-8.  “Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato”.

Nel Battesimo si va oltre l’antica creazione che viene lavata/purificata.  C’è una “nuova Creazione”.

Il Cristiano è una creatura nuova, che non appartiene più al mondo delle tenebre, ma alla Luce di Dio.

L’epistola dice: “Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno. Noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.  Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.  Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, di notte si ubriacano.  Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza”.

Siamo figli della luce, creature nuove in Cristo Gesù.

Qual è la consapevolezza di questo “Status” che il Signore ci ha donato?

Siamo stati liberati dal binomio tenebre-terra in Cristo Gesù.

San Paolo dice: “Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono.  Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca”.  (Col 3,5-8).

don Edy


DOMENICA  20  MARZO   2022

 TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

 Rif. Biblici:                    1^Lettura    Dt                    6,4a; 18,9-22

                                        Epistola:     Rm                    3,21-26

Vangelo:     Gv                     8,31-59              

DIOCESI DI  MILANO

         Traccia di riflessione a cura di Giuseppe Grampa

 

DOMENICA DI ABRAMO

 

Innumerevoli volte nelle pagine della Bibbia il nome di Dio è congiunto con quello di Abramo. Così Dio si presenta a Mosè: "Non avvicinarti, togliti i sandali dai piedi perché il luogo sul quale stai è una terra santa. E disse: Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo..." (Es 3,4ss.). Dio è il Dio di Abramo, il nostro Dio è anzitutto prima che nostro, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Dio dei nostri Padri. Se vogliamo conoscere Dio dobbiamo conoscere Abramo, dobbiamo riconoscerci figli di Abramo gente del suo popolo. In una notte piena di stelle Dio si rivolse ad Abramo così: “ Guarda in cielo e conta le stelle se riesci a contarle: tale sarà la tua discendenza così numerosa sarà la tua discendenza. Egli credette al Signore" (Gen 15,5). In quella stellata notturna c’eravamo anche noi figli promessi ad Abramo, chiamati a far parte di questo grande popolo dei figli di Abramo. E’ grazie a questa ininterrotta catena di credenti—i figli di Abramo--che la fede è giunta fino a noi. E’ dentro questo popolo che Gesù, della stirpe di Abramo, è venuto nel mondo. Ma allora è in forza del sangue di Abramo che anche noi e ogni altro uomo può appartenere al popolo dei figli di Abramo? Se così fosse non la fede ma il sangue deciderebbe della nostra appartenenza al popolo di Dio. In altre parole la nostra sarebbe una religione etnica, costruita sulla base esclusiva di una appartenenza razziale. Non sarebbe per tutti. Conosciamo proprio in questi ultimi decenni la funesta saldatura di razza e religione: la causa di Dio si identificherebbe con quella di una razza. Gott mit uns gridavano i Nazisti appropriandosi di Dio e facendone il vessillo di uno sciagurato disegno egemonico. E in anni a noi più vicini l'appartenenza tribale si é saldata con la sottomissione (Islam) a Allah in un progetto di dominio politico. Proprio nella pagina evangelica di questa domenica Gesù dice una parola che i suoi contemporanei non possono accettare. Dice che decisiva non è l’appartenenza al sangue di Abramo ma piuttosto fare le opere di Abramo, vivere della sua fede, non tanto avere il suo sangue, perché anche dalle pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Quante volte Gesù reagirà energicamente contro la pretesa che essere figli di Abramo, avere il suo sangue, sarebbe titolo di privilegio esclusivo. Più volte dirà: verranno genti da oriente e da occidente dal nord e dal sud e siederanno a mensa con Abramo, mentre voi, suoi discendenti che avete il suo sangue, sarete cacciati fuori. Le promesse di Dio non sono per un popolo, peggio per una razza, ma per l’intera umanità. Pretendere di legare Dio ad un popolo, ad una razza, ad una lingua, ad una cultura vuol dire negare quel Dio che è sì il Dio di Abramo, dei nostri Padri, ma per una salvezza che è per tutti, per ogni uomo che lo cerca con cuore sincero. Per questo la fede nel Dio di Abramo può prendere dimora in ogni popolo, in ogni razza, in ogni cultura. Nessuno spirito settario, nessun esclusivismo è compatibile con il respiro grande, universale del popolo di Dio, popolo dei figli di Abramo, figli innumerevoli come le stelle del cielo. Sappiamo come la prima generazione di discepoli di Gesù si domandò se per esser cristiani si dovesse imporre a tutti come necessario il passaggio per il mondo ebraico e le prescrizioni della legge di Mosè. Limpida e decisiva la risposta di Pietro nella casa di Cornelio, un pagano, centurione romano: "Dio non fa preferenze di persone ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto" (At 10, 34s.). In tempi di risorgenti chiusure e ostilità verso stranieri e diversi grande questa parola: "Dio non fa preferenze di persone". La fede di Abramo ha una seconda caratteristica. La prima parola che Dio rivolge ad Abramo è un imperativo: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre verso il paese che io ti indicherò...E Abramo partì, come gli aveva ordinato il Signore" (Gen 12, 1). Il popolo dei figli di Abramo, il popolo di Dio è popolo in cammino, popolo in ricerca avendo negli occhi un sogno, cieli nuovi e terra nuova, perché "non è questa la nostra città definitiva, ne cerchiamo una futura"(Eb 13,14). Così la fede è principio non già di tranquillo e definitivo possesso dell'esistente ma principio di santa inquietudine, di perenne rinnovamento. Il popolo dei figli di Abramo è un popolo mai definitivamente installato nelle sue sicurezze, un popolo che si accompagna ad ogni ricerca, ad ogni speranza umana. Ancora oggi si riconoscono figli di Abramo Ebrei, Cristiani e Mussulmani. Possiamo insieme pregare così: Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri. Non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico”.

 


DOMENICA  6  MARZO   2022

 1^DOMENICA DI QUARESIMA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Gl                      2, 12b-18

                     Epistola:     1Cor                   9,24-27

Vangelo:       Mt                      4,1-11                 

 Le letture di quest’oggi danno un senso ed un significato profondo alla Quaresima che oggi iniziamo.

Nell’epistola San Paolo ci dice che corriamo verso una meta.  La nostra meta è la partecipazione al Mistero della Pasqua che celebriamo nel triduo Santo.  Con Cristo siamo chiamati a morire al male che è dentro di noi per essere con lui uomini nuovi che vivono in pienezza il dono della redenzione che è la libertà dal male.

La prima lettura ci invita quindi a ritornare al Signore: “Ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male”.

Dobbiamo tornare a lui perché solo il Signore può dare pienezza, pace e gioia alla nostra vita.

Il brano del Vangelo parla delle tentazioni di Gesù che egli supera dopo quaranta giorni e quaranta notti di permanenza nel deserto pregando e meditando.

Le tentazioni che vengono qui raggruppate in realtà attraversano tutta la vita di Gesù fino al momento supremo sulla croce.

Senza entrare nel merito di ciascuna di loro possiamo dire che le tentazioni pongono Gesù di fronte alla necessità di compiere una scelta: vivere la missione messianica secondo i criteri mondani o essere fedele alla volontà di Dio che lo ha chiamato ad essere il Servo che si umilia e dona la sua vita per la salvezza di ogni uomo.

Gesù sceglie di compiere la volontà di Dio sempre e comunque rifiutando modelli terreni ed umani.

Il brano evangelico di oggi è sicuramente metafora della nostra vita.

Come Gesù siamo chiamati a lottare per poter scegliere la via del mondo o la via di Dio.

Guardiamo Gesù.


Egli ci dice che anzitutto bisogna fare deserto, ossia tirarsi fuori dal frastuono che circonda la nostra vita per poter ascoltare il Signore che vuole parlarci.

Il Vangelo mostra un bisogno da parte di Gesù di far chiarezza, di fare verità su se stesso, dentro il silenzio immenso del deserto, di far verità sul senso della sua missione.

Così per noi c’è una domanda a cui non possiamo sfuggire: per cosa vivo, per cosa esco alla vita ogni giorno, che cosa mi spinge?

Creiamo spazi o luoghi di silenzio per far risuonare dentro di noi la Parola di Dio ed uscire dalla schiavitù del nostro egoismo per trovare la libertà vera di figli di Dio.

Chiudo con una piccola/grande pagina dei fratelli Karamazov sulle tentazioni di Gesù: “No, tu non hai il diritto di aggiungere niente a quello che hai detto un tempo.  E ciò sarebbe come togliere agli uomini la libertà che difendevi tanto sulla terra […].

Non hai detto spesso “voglio rendervi liberi”?  Ebbene, li hai visti questi uomini “liberi” […].

Sì, ci è costato caro […] ma abbiamo infine compiuto quell’opera in tuo nome.

Ci sono occorsi secoli di dura fatica per instaurare la libertà; ma ormai è cosa fatta e solida.

Non lo credi che sia ben solida?  Mi guardi con dolcezza, e non ti degni neppure di indignarti?

Ma sappi che mai gli uomini si sono creduti tanto liberi come ora, e tuttavia la loro libertà essi l’hanno posta ai piedi dei potenti.

Ciò è opera nostra, a dir la verità; e la libertà che tu sognavi? […].

E non puoi, ora pensare di toglierci quel diritto.  Perché dunque sei venuto a disturbarci?”.

 

don Edy


DOMENICA  27  FEBBRAIO   2022

 ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Sir                    18,11-14

                     Epistola:     2Cor                   2,5-11

Vangelo:       Lc                     19,1-10                

Quest’ultima domenica dopo l’Epifania ci parla ancora dell’amore misericordioso di Dio che ha mandato il figlio suo non a condannare ma “a cercare ed a salvare chi era perduto”.

L’episodio narrato nel brano di Vangelo è molto simile a quello ascoltato domenica scorsa.  Là il peccatore era Levi.  Oggi Zaccheo.  Entrambi vengono accolti e perdonati dal Signore Gesù.  Essi diventano così l’esempio ed il prototipo di tutta l’umanità che è cercata da Dio per essere da lui perdonata ed amata.

Facciamo due sottolineature importanti.

Anzitutto chi gusta veramente e profondamente il perdono di Dio cambia la sua vita, compie una grande conversione.

Ecco Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto” sono le parole di Zaccheo dopo che Gesù è entrato nella sua casa.

Così deve essere per noi.

Siamo invitati a riprendere in Quaresima   la pratica del Sacramento della Confessione dopo due anni di COVID.  Ogni volta poi che veniamo a Messa siamo resi partecipi del perdono di Cristo.  Ma cosa cambia veramente nella nostra vita?

Se continuiamo a comportarci nello stesso modo significa che non ci siamo lasciati toccare nel cuore dalla grazia di Cristo.

Molti mi dicono che da anni si trascinano in atteggiamenti o peccati sempre uguali senza venirne mai fuori.  La teologia cristiana sottolinea l’importanza della libertà che deve scegliere tra bene e male e poi della volontà.

Dobbiamo volere il bene, dobbiamo metterlo in atto nella nostra vita sapendo anche rinunciare ad altre cose per mettere al centro Cristo.

Un secondo spunto per la nostra riflessione è sulla qualità dell’amore di Dio che deve riflettersi sulla nostra volontà di amare.


Abbiamo letto un brano molto significativo dal libro del Siracide come prima lettura: “Il Signore è paziente verso di loro ed effonde su di loro la sua misericordia.  Vede e sa che la loro sorte è penosa, perciò abbonda nel perdono.  La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente.  Egli rimprovera, corregge, ammaestra e guida come un pastore il suo gregge.  Ha pietà di chi si lascia istruire e di quanti sono zelanti per le sue decisioni”.

Lasciamoci rimproverare, correggere ed ammaestrare dal Signore.  Egli avrà pietà di noi.

don Edy


DOMENICA  20  FEBBRAIO   2022

 PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Dn                    9,15-19

                     Epistola:     1Tm                   1,12-17

Vangelo:       Mc                     2,13-17                

La presenza di Dio si manifesta nelle parole ed opere di Gesù che ci rivela il volto amoroso e misericordioso di Dio. Gesù dà risposta all’invocazione del Salmo 26: “Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto io cerco o Signore. Non nascondermi il tuo volto”.

Il nostro Dio che Gesù ci fa conoscere è colui che va in cerca di chi si è perduto, che chiama a sé gli ultimi e gli emarginati, che soccorre la vedova e l’orfano, ma in particolare lenisce e guarisce le sofferenze e le ferite del cuore dell’uomo. “Venite a me voi tutti che siete stanchi ed io vi ristorerò”.

Il brano evangelico di questa domenica ci dice con forza tutto questo.

Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori

Ancora una volta però emerge la distanza che esiste tra il pensiero di Dio e quello dell’uomo come dice il profeta Isaia: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri e le mie vie non sono le vostre vie”.

I Capi del popolo non capiscono, criticano e condannano Gesù.  “Perché il vostro maestro mangia e beve insieme ai pubblicani e peccatori?”.

È l’incapacità di aprire il cuore e fare propria la volontà di Dio. Purtroppo, questa durezza di cuore ha accompagnato da sempre la vita della Chiesa ed ancora oggi.

Noi con chi stiamo?  Col Dio che ama e perdona o con chi non sa accogliere perdonare ed integrare?

Certo non è facile né semplice.


Nella seconda lettura San Paolo ci dice che per poter essere in grado di portare nel cuore i sentimenti di Gesù bisogna anzitutto riconoscere il proprio peccato, perché tutti siamo peccatori e conseguentemente gustare la misericordia di Dio che si riversa su di noi.  Egli dice: “
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.  Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.  Al re dei secoli, incorruttibile, invisibile unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli”. Raccogliamo l’esempio di Paolo “Il violento e bestemmiatore” che ha avuto il coraggio di compiere una conversione.

Chiediamo al Signore di guarirci dalla cattiveria del cuore, dalla critica o come la chiama il Papa il “chiacchiericcio” che devasta e distrugge le relazioni, il giudizio temerario che uccide moralmente le persone, l’incapacità di tenere nel cuore gli stessi sentimenti del Signore Gesù.

don Edy


DOMENICA  13  FEBBRAIO   2022

 SESTA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Is                   56,1-8

                     Epistola:     Rm                   7,14-25a

Vangelo:       Lc                  17,11-19                 

 La liturgia di questa domenica ci invita ancora una volta a saper cogliere nei gesti compiuti da Gesù la presenza misericordiosa e redentrice di Dio.

Il brano evangelico che ci parla dei dieci lebbrosi guariti da Gesù è un brano estremamente simbolico.

La lebbra era ritenuta la malattia più terribile per una persona, segno del male più vero che è il peccato.

Bisognerebbe aver visto da vicino, aver speso del tempo con qualche lebbroso per capire in profondità tutto questo.  Avevo nella mia missione in Zambia un villaggio di lebbrosi.  Ho visto persone con dei moncherini al posto delle mani o dei piedi, ho dovuto vincermi per sopportare il terribile odore che emanava dalle loro persone.  La cosa più terribile però era cercare di vincere la convinzione delle persone sane che i lebbrosi fossero dei maledetti, lo scarto dell’umanità e per questo persone da isolare con cui non avere contatti.

Per questa ragione ci dice il Vangelo di oggi i dieci lebbrosi “si fermarono a distanza”.  Gesù però non ha paura, li incontra e li guarisce.  L’amore misericordioso di Dio è più grande di ogni pregiudizio umano.

Anche chi è stato guarito non capisce la bellezza di questo amore.  Solo uno torna a dire grazie.

Questa è la storia di gran parte dell’umanità.

Anche noi siamo stati e continuiamo ad essere guariti dalla lebbra del nostro cuore.

Siamo consapevoli di questo grande dono?

Ci sentiamo guariti e liberi dal male?

Sappiamo dire grazie al Signore?

È possibile in questa vita essere liberi da ogni male di peccato?

Il brano dell’epistola di oggi mi ha fatto molto riflettere.

San Paolo dice: “Fratelli, sappiamo che la legge è spirituale, mentre io sono carne, venduto come schiavo del peccato.  Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”.

La vita si configura quindi come una lotta senza fine tra bene e male. Ma il Signore ci ha salvati e liberati.   Per questo ogni giorno nel “Padre Nostro” diciamo: “Liberaci dal male”.

 

don Edy


DOMENICA  6  FEBBRAIO   2022

 QUINTA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA


Rif. Biblici:   1^Lettura     Ez                  37,21-26

                     Epistola:     Rm                 10,9-13

Vangelo:       Mt                   8,5-13                 

Oggi è la quinta domenica dopo l’Epifania.  In quella grande solennità abbiamo visto nelle figure dei Magi, provenienti da lontano, come la volontà di Dio sia quella di donare ad ogni uomo la salvezza.

Da questo punto di vista il brano evangelico di quest’oggi è molto significativo.  Gesù guarisce il servo di un centurione: un soldato romano, uno straniero, un nemico.

Ciò che conta non è più l’appartenenza etnica al popolo ebraico, ma la fede.

Quel centurione, quell’uomo straniero crede fermamente che Gesù lo possa aiutare e guarire il suo servo.  Gesù stesso rimane colpito dal suo atteggiamento al punto da dire: “In verità vi dico in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande”.

L’apostolo Paolo nell’epistola riafferma con estrema decisione tutto questo:Carissimo, se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano. Infatti: «

Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».  (Rm10,9-13).

Si crede con il cuore.  Poi con la bocca si fa la professione di fede.

Ci possiamo chiedere se per noi è così oppure no.

Anche noi possiamo cadere nell’errore di una professione di fede solo esteriore o rituale.  A questo proposito le parole del profeta Isaia che abbiamo letto nella settimana appena trascorsa sono molto importanti.  Dice il Signore: “Questo popolo mi ama con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”.

Dov’è il nostro cuore?  Qual è il nostro tesoro?  Ossia cos’è più importante per noi?

Il
nostro tesoro è Gesù, la sua parola, i suoi insegnamenti oppure affetti umani, ricchezze terrene, egoismi personali?

C’è sempre bisogno di purificare la nostra fede.  Il centurione con semplicità ed umiltà ci dà una grande lezione: “Signore io non sono degno …”.  Impariamo a ripetere questa invocazione.  “Signore non sono degno per questo purifica il mio cuore e aumenta la mia fede.

 

don Edy


DOMENICA 30 GENNAIO  2022

 SANTA FAMIGLIA DI GESÙ MARIA E GIUSEPPE

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Sir                 44,23-45,1a.2-5

                     Epistola:     Ef                     5,33-6,4

Vangelo:       Mt                   2,19-23                 

Oggi la liturgia ambrosiana celebra la Festa della Santa Famiglia di Nazareth, la famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria.

Siamo invitati a guardare alla Santa Famiglia perché essa è la prima fra tutte le famiglie cristiane, è il modello a cui guardare ed imitare.

La famiglia di Nazareth è fondata sulla fede.

Per fede Maria accoglie la parola dell’Angelo, per fede Giuseppe prende con sé Maria, per fede il bambino e ragazzo Gesù rimane a loro sottomesso.  Quella di Nazareth è una casa in cui Dio è veramente al centro, dove i componenti sanno dire di sì ogni giorno ai suoi progetti e compiere la sua volontà.

Questa è la prospettiva secondo cui tutte le famiglie cristiane dovrebbero vivere. 

Ci chiediamo allora.

Cosa viene prima per noi?

Spesso tante cose terrene legate alla sicurezza economica, al benessere, al divertimento.  Ci poniamo qualche volta questa semplice domanda: “La nostra è una famiglia che anzitutto vuole compiere la volontà di Dio oppure no?”.

Ancora, cosa significa compiere in famiglia la volontà di Dio?

Sicuramente avere un progetto comune e quindi camminare insieme, volere il bene l’uno dell’altro, accogliere la diversità come un dono e non come una fatica o un peso.

Volere per i figli una crescita anzitutto di fede e di umanità.  Saper vivere nella gioia e nella pace, che solo il perdono reciproco può dare.

Oggi l’apostolo Paolo nella seconda lettura in modo semplice, forse con espressioni legate ad una cultura diversa dalla nostra, ma molto vera, ci dice tutto questo: “Fratelli, ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.  Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. < Onora tuo padre e tua madre!>.  Questo è il primo comandamento che è accompagnato da una promessa: < Perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra>.  E voi, padri, non esasperate i vostri figli ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore”.

Diversi sono gli impegni che la festa di oggi ci suggerisce.

1- Coerenza con la propria chiamata ad essere famiglia cristiana.  Esempio di una casa dove si compie la volontà di Dio.

2- Educazione all’amore vero, all’incontro autentico con l’altro, incontro fondato sul dono e non sul possesso: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”. (At 20).

3-  Pregare insieme per mettere Dio al centro della comunità familiare.

 don Edy


DOMENICA 23 GENNAIO  2022 

 TERZA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

Rif. Biblici:   1^Lettura     Nm                13,1-2.17-27

   
                
 Epistola:     2Cor                 9,7-14

Vangelo:       Mt                   15,32-38                 

La terza domenica dopo l’Epifania ci presenta ancora un episodio epifanico, un episodio che rivela la divinità di Gesù e la potenza salvifica che in lui si rivela.

È la moltiplicazione dei pani e dei pesci che ci mostra tutto questo.

I sette pani e pochi pesci moltiplicati per saziare la fame di una grande folla rivelano le profondità del cuore di Gesù ricco di compassione verso chi ha bisogno.

Naturalmente il miracolo come spesso avviene nei racconti evangelici, assume un carattere estremamente simbolico. Proviamo a riassumere in questi punti le varie simbologie.

 - Nel cuore dell’uomo c’è una grande fame di vita eterna, di verità, di giustizia e di bellezza.

L’umanità da sola non può saziare questa fame – “Come possiamo sfamare una folla così grande?”. L’uomo è parziale e temporale mentre il cuore dell’uomo cerca l’infinito e l’eternità.

- Solo Dio può saziare questa fame di immenso ed eterno.

Il brano di Matteo insiste molto su questo aspetto.  I sette pani dei discepoli sono memoria della antica e prima creazione.  In Cristo c’è una nuova creazione per i presenti e le generazioni future.

Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene”.

Ed ancora questo cibo di eternità, questa nuova creazione è per tutti gli uomini, non solo il popolo d’Israele.

Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini”, dove il quattro indica tutte le parti della terra, mentre il mille qualcosa che umanamente non si può contare.

Il cibo di eternità è l’Eucaristia nella sua pienezza.

I padri della Chiesa ci parlano del banchetto imbandito nel giorno del Signore in cui siamo invitati a “Mangiare” la Parola di vita e il Pane della Salvezza.



Ci poniamo ora alcune domande molto importanti.

1- Siamo consapevoli che non possiamo essere salvezza a noi stessi ma che solo Dio ci salva?

2- Come accogliamo e sappiamo mangiare il dono del Signore della sua Parola e Pane Consacrato?

3-  Come abbiamo vissuto e viviamo in tempo di Covid tutto questo?

Perché tanti cristiani hanno lasciato per paura la pratica della Messa domenicale che è il banchetto a cui Dio ci chiama?

4-  Cosa sappiamo dire noi a coloro che hanno lasciato e non partecipano più alla celebrazione del banchetto eucaristico?

 

don Edy

 


DOMENICA 9 GENNAIO  2022 

BATTESIMO DEL SIGNORE


Rif. Biblici:   1^Lettura     Is                   55,4-7

                     Epistola:     Ef                     2,13-22

Vangelo:       Lc                    3,15-16.21-22

Sono tanti gli eventi che fanno da costellazione al Battesimo di Gesù. E non si tratta di dettagli di poco conto. Si parla nel nostro brano, per esempio, di due battesimi, quello di Giovanni e quello di Gesù: “Io vi battezzo con acqua… Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. 

La differenza non può sfuggire. Ma mi sento di aggiungere: senza disprezzo per il battesimo di Giovanni. Che aveva richiamato nel deserto, attorno al Giordano, folle. Folle che intravvedevano una possibilità di cambiamento, di rigenerazione, di cui si sentiva acuto prorompente il bisogno. Forse come oggi. Era un battesimo nell’acqua, certo, ma non per questo non formale: impegnava a cambiare mentalità, ad adempiere la giustizia. Ricordate: chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e i militari siano lontani da ogni forma di violenza; e gli esattori delle tasse da ogni forma di arbitrio. Non era ancora il battesimo in Spirito santo e fuoco. Ma ecco il battesimo di Gesù: sarà in Spirito santo e fuoco. Sarà un passo successivo, che chiederà di andare oltre la giustizia. Immersi nello Spirito. Condotti da una energia interiore, abitati dal soffio della passione di Gesù e del suo vangelo,
divorati – potremmo dire – da un fuoco interiore. Che ci allontana dall’essere semplicemente dei manichini o dei burocrati di Dio. Un Dio che mette in gioco in te tutta la sua vivacità e fantasia: “Vi battezzerà in Spirito e fuoco”. Forse un primo nostro passaggio è sentirci abitati dallo Spirito, è prendere contatto con questa parte intima di noi stessi. Che, a ben pensare, è alla radice di tutto. Tutto dipende da come siamo dentro, da che cosa siamo abitati, o divorati, dentro. Il battesimo di Gesù ci presenta questo momento, perdonate se lo chiamo così, di autocoscienza. Stava in preghiera, il cielo si aprì e discese su di lui lo Spirito Santo e la voce a rivelare che era il figlio amato. La rivelazione era rivolta a lui, la manifestazione era tra le pareti dell’anima, dove puoi prendere coscienza di chi sei e della missione cui sei chiamato nel mondo. Un momento in cui ti è dato esperire Dio, la sua vicinanza.

Ci chiediamo quale sia la nostra consapevolezza di essere alitati dallo Spirito.

Ci lasciamo guidare da Lui o la nostra vita è ancora legata a schemi e visioni puramente umane?

                                                                 don Edy


6 GENNAIO  2022

PIFANIA DEL SIGNORE

 Rif. Biblici:   1^Lettura     Is                   60,1-6

                     Epistola:     Tt                     2,11-3,2

Vangelo:       Mt                   2,1-12

 L’Epifania è la festa della fede.  La luce della fede guida i Magi verso Gesù.  La luce della fede guida tutte le genti e quindi anche noi all’incontro con Lui. 

Tutti siamo chiamati a riconoscere nel bambino nato a Betlemme il miracolo dell’incarnazione.  Dio si è fatto uomo per noi.

Sottolineo due aspetti.

L’Epifania ci parla anzitutto della universalità della salvezza.  I Magi simbolicamente rappresentano tutti i popoli e tutte le persone che cercano Dio e vengono da lui chiamati.

In ogni uomo c’è la capacità di poter arrivare per via naturale a Dio.  Spesso però non è stato fatto o non viene fatto per superficialità o negligenza.

Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell'ignoranza di Dio e dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l'artefice, pur considerandone le opere.  Ma o il fuoco o il vento o l'aria sottile o la volta stellata o l'acqua impetuosa o i luminari del cielo considerarono come dei, reggitori del mondo. Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dei, pensino quanto è superiore il loro Signore, perché li ha creati lo stesso autore della bellezza. Se sono colpiti dalla loro potenza e attività, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l'autore.  Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi forse s'ingannano nella loro ricerca di Dio e nel volere trovarlo. Occupandosi delle sue opere, compiono indagini, ma si lasciano sedurre dall'apparenza, perché le cose vedute sono tanto belle. Neppure costoro però sono scusabili, perché se tanto poterono sapere da scrutare l'universo, come mai non ne hanno trovato più presto il padrone?  (Sap 13,1-9).



San Paolo riprenderà tutto questo nell’introduzione della grande lettera ai Romani.

In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti”. (Rom 1-18-22).

I Magi sono i rappresentanti delle persone rette e buone che cercano Dio e lo trovano.  Naturalmente la Rivelazione dell’amore di Dio in Cristo Gesù è fondamentale per conoscere il volto di Dio.  Con i loro doni i Magi ci dicono che non possiamo prescindere da Gesù.

Egli è il Re che ci conduce all’incontro con Dio.  (ORO)

Egli è il Figlio di Dio venuto per noi.  (INCENSO)

Egli è il Messia che realizza le antiche profezie. (MIRRA)

 

                                                                 don Edy

 


DOMENICA  19  DICEMBRE  2021

SESTA DOMENICA DI AVVENTO

Rif. Biblici:   1^Lettura     Is                   62,10-63,3b

                     Epistola:     Fil                    4,4-9

Vangelo:       Lc                    1,26-38a

La Chiesa ambrosiana celebra oggi la festa dell’Incarnazione e della maternità di Maria.

È preludio questa domenica alla gioia del Santo Natale.

Protagonista centrale di questa giornata è sicuramente Maria.  Ella con il suo “Sì” dà inizio ad un’era nuova per la storia della salvezza perché da Lei nascerà “il Figlio dell’Altissimo” che regnerà sulla casa di Davide.

Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.  Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.  Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. 

Il dialogo tra l'Angelo e Maria anzitutto svela il disegno di Dio di essere “con noi” grazie a questa giovane donna. Ma Luca, con alcuni piccoli eppure decisivi dettagli, ci rende partecipi del cammino di fede di Maria. Con una espressione assolutamente moderna possiamo dire che Luca ci introduce nella psicologia di Maria, nell'incerto e non facile
cammino di fede di questa giovane donna, chiamata ad essere la madre del Messia. Vi confesso che sento vicina a me Maria, anche Lei partecipe delle fatiche che accompagnano il mio itinerario di fede. E penso di non essere solo. Quante persone confessano come colpa i dubbi che attraversano la loro fede. Ma una fede segnata dal dubbio sarebbe forse una fede meno apprezzabile? Sono invece persuaso che i dubbi che attraversano la nostra fede possono essere una occasione propizia per approfondirla e viverla in modo sempre più consapevole. Il dialogo con l'Angelo non si esaurisce nel turbamento e nel dubbio ma si conclude con la parola dell'affidamento a Dio e alla sua parola. E' l'affidamento di un cuore umano che ha conosciuto turbamento e dubbio, un cuore libero, non soggiogato da una forza invincibile, un cuore segnato dalla fatica e dall'incerto interrogare. Quante volte, anche per noi, il cammino di fede conosce l’incerto chiarore dell'alba o del tramonto piuttosto che lo splendore abbagliante del mezzogiorno o l'oscurità della notte. Fede e dubbi convivono in noi: il cardinale Martini parlava di un credente e di un non-credente che coabitano in ognuno di noi, si confrontano, si scontrano, si interrogano. L'incerto percorso di Maria può riconciliarci con le nostre fatiche a credere, con le esitazioni che accompagnano l'abbandono fiducioso a Dio che ci interpella. E se la prima parola di Maria è una domanda percorsa dal dubbio, la sua seconda parola è affidamento incondizionato.

don Edy


DOMENICA  12  DICEMBRE  2021

 QUINTA DOMENICA DI AVVENTO

Rif. Biblici:   1^Lettura     Is                   30,18-26b

                     Epistola:     2Cor                4,1-6

                        Vangelo:       Gv                   3,23-32a

 

Nel nostro cammino di Avvento abbiamo già incontrato la figura di Giovanni Battista.

Abbiamo conosciuto il suo stile di vita povero ed estremamente essenziale, la sua predicazione infuocata ed intransigente che lo porterà allo scontro durissimo con Erode e conseguentemente alla prigione.

Oggi però ci viene presentato in modo diverso.

Egli è Colui che si è messo completamente al servizio di Gesù e da questo suo servizio nasce un impegno educativo molto forte e preciso.

Egli è un vero educatore perché indica il vero Maestro.

Un vero educatore non è preoccupato di richiamare su di sé, sulla propria persona l’attenzione dei suoi discepoli ma sulla verità alla quale egli deve condurre.

Spesso però non è così.  È tentazione fortissima per l’educatore, l’adulto, proporre se stesso e tendere a creare nei figli, negli alunni, nei giovani a lui affidati la propria immagine.  Non è compito però dell’educatore produrre fotocopie di sé, ma aiutare ognuno a scoprire la propria strada.

La strada per i discepoli di Giovanni è seguire e stare con Gesù e Giovanni ha la forza ed il coraggio di dire: “È necessario che Lui cresca, io invece diminuisca”.

Raccogliamo questo grande insegnamento, siamo chiamati nella nostra vita personale a lasciare spazio a Gesù il vero maestro, a portare i nostri figli o nipoti all’incontro con Lui, perché ognuno di loro scopra la propria strada.

Invito anche ad essere liberi da sentimenti di colpa se sperimentiamo effetti diversi da quelli da noi desiderati nel nostro impegno educativo.

L’importante è aver lavorato ed esserci impegnati. Poi ciascuno gioca la propria libertà magari in direzioni diverse da quelle da noi desiderate o pensate.

Il Vangelo ci dice e vale particolarmente in questi casi: “Noi siamo servi inutili”, abbiamo fatto il nostro dovere.

 

don Edy


DOMENICA  5  DICEMBRE  2021

 QUARTA DOMENICA DI AVVENTO

 Rif. Biblici:   1^Lettura     Is                   4,2-5

                     Epistola:     Eb                  2,5-15

Vangelo:       Lc                19,28-38

Il brano evangelico di questa domenica ci presenta l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme.

Ci saremmo aspettati di leggere questo brano nella domenica delle Palme, all’inizio della Settimana Santa.

Sicuramente ci saremo chiesti come mai oggi nella IV domenica di Avvento?

La risposta è legata alla scelta di Dio di essere con noi, di venire tra noi. Gesù è il Dio che viene e l’Avvento ci richiama a questa grandissima verità.

Molto significativa è la descrizione del suo ingresso. Egli entra nella città del re, perché egli è il vero re che porta pace e salvezza al suo popolo. La folla a gran voce grida “Benedetto colui che viene, il RE, nel nome del Signore”.



Allo stesso tempo però Gesù il RE non entra in Gerusalemme cavalcando la cavalcatura dei re di questo mondo e con lo sfarzo di questo mondo.

Cavalca un puledro di asina, come i poveri e la gente semplice faceva.

Egli mostra così il compimento della profezia di Isaia il quale afferma che “Colui che viene è il SERVO”.

L’epistola di quest’oggi ci dice che proprio perché si è fatto servo il Figlio di Dio viene coronato di gloria e di amore.

Avendo sottoposto a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Tuttavia, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza”.

Noi in Avvento attendiamo la venuta del RE-SERVO.

È lui, la sua parola che ci guida e noi siamo chiamati a seguirlo docilmente.

È lui che ci insegna uno stile nuovo di vita che è il servizio.

Celebrare il Natale significa metterci umilmente nelle sue mani ed ancora farci servi come Lui che si è fatto servo per tutta l’umanità.

don Edy


DOMENICA 28 NOVEMBRE 2021

TERZA  DOMENICA DI AVVENTO

 Rif. Biblici:      1^Lettura:             Is             45,1-8

                       Epistola:               Rm            9,1-5

Vangelo:               Lc             7,18-28

La domanda che Giovanni dal buio della prigione dove Erode lo ha rinchiuso, rivolge a Gesù attraverso i suoi discepoli è il segno di una vera e propria crisi di fede del Battista nella persona di Gesù? Proprio Giovanni che aveva indicato Gesù come l'Agnello che toglie il peccato del mondo, proprio lui, Giovanni, consapevole di essere solo voce, solo apripista, solo precursore che va avanti e prepara la strada ad un altro...proprio Giovanni sarebbe segnato da un dubbio terribile: questo Gesù di cui sente parlare è davvero l'Atteso al quale deve preparare la strada, oppure dobbiamo aspettare un altro? Il dubbio di Giovanni è legittimo perché Gesù non sembra corrispondere all'attesa di Giovanni. Il Battista nella sua infuocata predicazione annunciava imminente il giudizio di Dio che, come scure alla radice dell’albero, avrebbe abbattuto i prepotenti e i superbi, come un fuoco purificatore avrebbe distrutto tutto quanto non è buon grano. Ma sulle labbra di Gesù nessuna invettiva, nessuna condanna ma accorati appelli alla conversione. Gesù non si presenta come l'inviato di un Dio giustiziere bensì, come abbiamo letto domenica, è evangelo, cioè buona, bella notizia. Gesù è la buona e consolante notizia di una speranza offerta ad ogni uomo. Di qui lo sconcerto di Giovanni, forse una crisi di fede. Temo che anche noi siamo vicini al sentire di Giovanni, quando vorremmo che un fuoco dal cielo incenerisse coloro che fanno il male. Quante volte lo chiediamo! Mentre Giovanni, apostrofando i suoi contemporanei come 'razza di vipere' invoca la vendetta di Dio, Gesù con i suoi gesti e le sue parole annuncia che a tutti è irrevocabilmente aperta la via del perdono e della misericordia. Alla domanda di Giovanni: "Sei tu colui che deve venire?"  

Gesù non risponde direttamente, non dichiara le sue generalità ma invita a scrutare alcuni segni, decifrarli per scoprire la sua identità. Ritroviamo qui lo stile tipico del manifestarsi di Dio: non faccia a faccia, non direttamente: Dio non è mai un oggetto della nostra indagine. Non possiamo mettere le mani su di Lui quasi fosse uno degli innumerevoli oggetti della nostra conoscenza. Arriviamo a Lui solo attraverso lo spessore della realtà. Soprattutto Dio si comunica a noi attraverso situazioni, fatti, eventi umani. Il nostro Dio è un Dio della storia. Dobbiamo quindi leggere la sua presenza attraverso la trama, lo spessore della nostra esistenza quotidiana. In particolare si rivela a noi attraverso eventi di liberazione, di riscatto umano, di guarigione. Laddove si attua un processo di promozione umana, di solidarietà, di liberazione, di ricostruzione dell'umano, lì possiamo cogliere un segno, un indizio del Regno di Dio che viene, che si realizza. Come credenti dobbiamo essere testimoni di una speranza che non si esaurisce nel tempo ma che trova nel tempo la sua prima attuazione. L'attesa del Regno di Dio non ci rende estranei alle attese che sono nel cuore degli uomini. Ecco una delle parole più belle del Concilio: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore" (Gaudium et spes 1). Il credente non deve opporre l'attesa di Dio e del suo Regno alle attese degli uomini per la costruzione di una convivenza umana più giusta. Ogni passo nella direzione dell'umanizzazione realizza, anche se gli uomini non lo sanno, il disegno di Dio. E i credenti possono, anzi devono prendervi parte. Ma mentre collaborano con tutti gli uomini al compito di liberazione umana dalle molteplici forme di servitù, oppressione, alienazione i cristiani non devono smettere di annunciare l'evangelo: la suprema liberazione dell'uomo ci è data in Cristo, nella sua dedizione incondizionata.  Evangelizzazione e promozione umana non sono strade divergenti ed estranee.  Basti pensare alla passione civile che scaturisce da tanti uomini e donne che in tutto il mondo, annunciando l'Evangelo, si fanno operatori di pace, di giustizia, di sviluppo umano, soprattutto nei luoghi dove più grande è il degrado e la disumanità.  L'evangelo di oggi si conclude con una beatitudine: "Beato colui che non trova in me motivo di scandalo". Il termine 'scandalo' vuol dire ostacolo, pietra d'inciampo. Gesù dice: beato chi non si ferma, perplesso, incredulo di fronte al segno povero, inerme della mia umanità. E per noi, ormai vicini al Natale: Beato chi mi saprà riconoscere nel bimbo avvolto in fasce e posto in una mangiatoia, chi saprà riconoscere il Signore che i cieli non possono contenere ma per noi, per la nostra salvezza si è fatto piccolo, così piccolo che possiamo stringerlo tra le braccia.

 

Don Edy

 



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