DOMENICA 2 MARZO 2025
ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
DOMENICA DEL “PERDONO”
Rif. Biblici:1^Lettura: Sir 18,11-14
Epistola: 2Cor 2,5-11
Vangelo: Lc 19,1-10
L’ultima domenica dopo l’Epifania è titolata “Domenica del perdono”.
Già domenica scorsa
siamo stati chiamati a meditare sulla divina clemenza, oggi la liturgia ci dice
che Dio è pronto sempre a perdonarci e a voler rimetterci in cammino nella
sequela a Cristo Gesù sulla via da lui indicata.
Per il perdono
divino non esistono limiti, è un perdono che è rivolto a tutti gli uomini.
Ancora una volta di
fronte ai perbenisti che lo criticavano “è
entrato nella casa di un peccatore”,
Gesù afferma: “Oggi per questa
casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a
cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Si realizza così la profezia annunciata dal Siracide nella prima lettura:
“Il Signore è paziente verso di loro ed effonde su di loro la sua misericordia.
Vede e sa che la loro sorte è penosa, perciò abbonda nel perdono. La misericordia dell’uomo riguarda il suo
prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente”.
Nell’anno del Giubileo accostiamoci al Sacramento della Riconciliazione
con fede per gustare in pienezza la gioia del perdono.
Nella seconda lettura l’apostolo Paolo ci dice che se avremo questa gioia
del perdono nel cuore anche noi sapremo perdonare a chi ci ha fatto del male, cosa
che non sempre avviene tra di noi. Per questo occorre convertirci.
don Edy
DOMENICA 23 FEBBRAIO 2025
PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Rif. Biblici:1^Lettura: Dn 9,15-19
Epistola: 1Tm 1,12-17
Vangelo: Mc 2,13-17
La liturgia della penultima domenica dopo l’Epifania ha come punto centrale la misericordia di Dio che dona perdono e pace al peccatore. Già nella prima lettura, tratta dal libro di Daniele, si dice: “Noi presentiamo le nostre suppliche davanti a te, confidando nella tua grande misericordia, Signore, ascolta! Signore perdona!”.
Nel brano dell’epistola San Paolo applica a sé quanto detto da Gesù e riportato nel brano evangelico: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.
Dice infatti l’apostolo:“Rendo
grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi
ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero: io che per l'innanzi
ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata
misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia
del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in
Cristo Gesù.
Questa parola è
sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per
salvare i peccatori e di questi il primo sono io”.
La Quaresima, che
inizieremo tra poco, è il tempo per eccellenza in cui il Cristiano è chiamato a
sperimentare la misericordia ed il perdono del Signore che si fa incontro a
noi.
L’antica antifona
dei Vespri che apre la Quaresima dice: “Ecce
nunc tempus aceptabile, ecce nunc dies salutis”. “Questo è il tempo della grazia di Dio, questo è il tempo della salvezza”.
Mettiamoci in ginocchio ed accogliamo la grazia della sua
misericordia. Nessuno dica: “Io non ho
peccati. Io non ho bisogno di essere
perdonato”.
Ogni persona ha invece bisogno della sua misericordia e perdono. Accostiamoci al Sacramento della
Riconciliazione per essere guariti dal male che è in noi.
don Edy
DOMENICA 16 FEBBRAIO 2025
VI DOMENICA
DOPO L’EPIFANIA
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 56,1-8
Epistola: Rm 7,14-25a
Vangelo: Lc 17,11-19
Il brano di Vangelo di questa domenica ci parla di Gesù che guarisce dalla malattia dieci lebbrosi.
La lebbra era considerata
dall’Antico Testamento come segno e manifestazione di peccato.
I lebbrosi non potevano
partecipare alla vita comunitaria perché ritenuti impuri e per questo venivano
segregati in luoghi lontani dai villaggi e dalle città. Gesù guarendo questi lebbrosi vuole invece
affermare che ogni persona, anche coloro che appaiono maledetti agli occhi
degli uomini, hanno una loro dignità e sono amati da Dio.
La malattia non è segno di peccato. Nel Vangelo di Giovanni di fronte ai discepoli che chiedono a Gesù, a proposito del cieco nato: “Chi ha peccato? Lui o i suoi genitori?” Gesù risponde: “Né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma perché venga manifestata la potenza di Dio”.
Anche nella guarigione dei
lebbrosi si manifesta la potenza di Dio che sana e guarisce.
Come sempre però il miracolo
porta in sé segni particolari. È simbolo dell’amore di Dio che guarisce dalla
malattia più profonda che è il peccato, il male che spesso alberga nei nostri
cuori e che noi siamo incapaci di vincere con le nostre sole forze.
L’epistola di oggi ci porta
l’esperienza drammatica di Paolo apostolo che testimonia l’incapacità e
debolezza umana perché come dice “spesso compio il male che non voglio e non il
bene che desidero”.
“Quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so
infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il
desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il
bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non
voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque
in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti
acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra
legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della
legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà
da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù
Cristo nostro Signore!”.
Come
Paolo allora anche noi mettiamoci nelle mani di Dio consapevoli che solo lui
può salvarci dal male, e diciamo: “Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù
Cristo nostro Signore”.
don Edy
DOMENICA 9 FEBBRAIO 2025
V DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Rif. Biblici: 1^Lettura: Ez
37,21-26
Epistola: Rm 10,9-13
Vangelo: Mt 8,5-13
La liturgia della V domenica dopo l’Epifania ci parla della salvezza operata da Gesù il Cristo. Gesù porta a compimento le profezie antiche che parlano della Universalità della Redenzione. Il brano evangelico è un anticipo di ciò che si realizzerà in pienezza nel giorno di Pentecoste, quando lo Spirito radunerà attorno agli apostoli tutti gli uomini di ogni lingua e nazione. Nasce un nuovo popolo fondato non più sulla appartenenza razziale (come era stato per l’antico Israele), ma sulla fede in Cristo Signore.
Nel brano evangelico leggiamo ciò che dice Gesù quando parla del centurione, un pagano, “In verità vi dico in Israele non ho trovato nessuno con una FEDE così grande”.
L’apostolo Paolo teorizza tutto questo, come abbiamo
letto nel brano dell’epistola: “«Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione tra Giudeo e Greco,
dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo
invocano. Infatti:
«Chiunque invocherà il nome del Signore sarà
salvato»”.
Sono due gli aspetti sottolineati da Paolo. “Chiunque crede in lui non sarà deluso”.
Come è la nostra fede?
Per credere in Cristo bisogna anzitutto conoscerlo. Noi lo conosciamo? Stiamo camminando per conoscere “quale sia
la lunghezza, la larghezza, l’altezza e la profondità del mistero di
Cristo? Stiamo conoscendo il suo amore
che sorpassa ogni conoscenza affinché possiamo essere colmati della pienezza di
Dio”. (Ef 3,18-19).
Chiunque crede in lui non sarà deluso!
Perché spesso lo siamo? Nella nostra vita dobbiamo compiere una
autentica conversione, un salto di qualità che ci aiuti a mettere veramente lui
al centro ed al primo posto.
Il secondo richiamo ci parla dell’impegno di voler
lavorare per la costruzione di un nuovo popolo.
“Non c’è più
distinzione tra Giudeo e Greco”.
Oggi siamo chiamati a
superare le distinzioni tra tutte le razze che abitano nel nostro Paese.
Lavoriamo perché non ci sia più “Noi e loro”, ma l’unico popolo amato da Dio.
don Edy
DOMENICA 2 FEBBRAIO 2025
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Ml
3,1-4a
Epistola: Rm 15,8-12
Vangelo: Lc 2,22-4
Quaranta giorni dopo Natale
celebriamo la festa della Presentazione di Gesù al tempio. Tutto questo, come ci dice il brano di
Vangelo, avveniva per adempiere il comando contenuto nella legge di Mosè.
“Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio «una coppia di tortore o di giovani colombi» come prescrive la legge del Signore”.
Nel tempio Giuseppe e Maria
incontrano due personaggi, Simeone ed Anna, che manifestano pubblicamente la
loro fede proclamando che quel bambino è la luce di tutti i popoli e redentore
dell’umanità intera.
Nella narrazione evangelica
colpiscono in modo particolare due aspetti evocati dal vecchio Simeone. “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in
pace”.
Simeone afferma di non
volere più nulla dalla vita perché i suoi occhi hanno visto in quel bambino la
salvezza operata per tutti i popoli.
Nel Signore c’è la pienezza
di ogni bene, anzi solo lui può colmare il nostro desiderio di vita, bellezza,
pace ed eternità.
Il secondo aspetto ci viene
dato dalle parole rivolte a Maria: “Egli
sarà segno di contraddizione e a te una spada trafiggerà l’anima”.
Maria è partecipe sin da
principio della passione del Figlio suo Gesù.
Fino all’atto finale ai piedi della Croce, dove a lei Gesù affida il
discepolo Giovanni, che rappresenta l’umanità intera.
“Donna ecco tuo figlio” e “Figlio
ecco tua madre” e da quel momento il discepolo la prese con sé.
Se la riflessione teologica, che riceve il suo sigillo
nel Concilio di Efeso, chiama Maria “Madre di Dio”, la fede popolare la
chiamerà “Addolorata”.
“Stabat Mater
dolorosa iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius”.
La sequenza di Jacopone da
Todi dello “Stabat Mater” canta in modo mirabile questa fede popolare. Generazioni e generazioni l’hanno cantata
fino a noi.
Anche noi guardiamo a lei
Madre addolorata perché accolga il nostro dolore e lo porti a Dio.
don Edy
DOMENICA 26
GENNAIO 2025
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ – MARIA E GIUSEPPE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Sir
44,23-45,1a.2-5
2^Lettura: Ef
5,33-6,4
Vangelo: Mt 2,19-23
Siamo nel tempo dopo l’Epifania e la liturgia ci invita a volgere lo sguardo alla famiglia in cui il Figlio di Dio fatto uomo ha voluto crescere e vivere.
La famiglia di Gesù è fondata sulla risposta positiva di Maria e Giuseppe alla chiamata di Dio espressa dalle parole dell’angelo Gabriele. “Non temere Maria. Concepirai un figlio e lo chiamerai Gesù. Sarà chiamato Figlio dell’Altissimo. Lo Spirito Santo scenderà su di te e su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo”.
Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del
Signore, avvenga di me secondo la tua parola”.
Mentre a Giuseppe l’angelo dice: “Non temere di
prendere con te Maria tua sposa, perché quello che è generato in lei è opera
dello Spirito Santo. Essa partorirà un
figlio e tu lo chiamerai Gesù”. Giuseppe
fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé Maria sua
sposa.
La famiglia di Gesù si caratterizza come l’insieme di
persone che vivono la loro vita in obbedienza alla chiamata di Dio.
Nella lettera di San Paolo ai Filippesi si sottolinea
che anzitutto Gesù il Figlio si è fatto obbediente. “Apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla
morte ed alla morte di croce”.
Maria e Giuseppe vivono con
lo stesso spirito di obbedienza la loro esistenza.
Ogni famiglia sul loro
esempio è chiamata a mettere al centro Dio e la sua parola e farsi guidare da
lui.
Sempre l’apostolo Paolo
scrive: “Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero
presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con
timore e tremore. E' Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare
secondo i suoi benevoli disegni. Fate tutto senza mormorazioni e senza
critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in
mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come
astri nel mondo, [16]tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di
Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato”. (Fil 2,12-16).
“Obbedienti come sempre”. Sia questo il nostro insegnamento e la nostra
scelta di vita.
don Edy
DOMENICA 19
GENNAIO 2025
SECONDA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Rif. Biblici: 1^Lettura: Est
5,1-1c.2-5
2^Lettura: Ef
1,3-14
Vangelo: Gv 2,1-11
In questa seconda domenica dopo l’Epifania leggiamo il bellissimo brano delle nozze di Cana.
L’evangelista dice che fu l’inizio
dei segni compiuti da Gesù.
I segni sono gesti ed azioni
operate da Gesù che vanno interpretati e letti in profondità perché rivelano il
suo essere profondo ed il significato ultimo della sua missione.
Gesù è colui che trasforma l’acqua
in vino.
Simbolicamente qui l’acqua
indica la povertà della natura umana che acquista sapore, senso e significato
per opera di Gesù.
Il brano dell’epistola ci parla
di questa trasformazione.
“In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e
immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo
il disegno d’amore della sua volontà, a lode e splendore della sua grazia, di
cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In Lui, mediante il suo sangue, abbiamo la
redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli
l'ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci
conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si
era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo,
unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra”.
Siamo, per grazia, diventati
in Cristo Gesù figli adottivi.
Questo è ciò che dà senso e
significato alla nostra vita.
Questo è ciò che dona pace
ai nostri cuori, anche nei momenti più bui o faticosi della nostra esistenza.
Vorrei ora sottolineare un ultimo aspetto molto significativo riportato dall’evangelista.
È la madre di Gesù, Maria,
che spinge Gesù a compiere il grande segno.
“Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.
Sin dall’inizio si realizza ciò che poi la Chiesa
codificherà dicendo: “Per Mariam ad Jesum”. Attraverso Maria giungiamo a Gesù.
Sia così per tutti noi.
don Edy
DOMENICA 12 GENNAIO
2025
BATTESIMO DEL SIGNORE
Rif.
Biblici: 1^Lettura: Is 55,4-7
2^Lettura: Ef 2,13-22
Vangelo: Lc 3,15-16.21-22
La domenica odierna è posta nell’anno liturgico come spartiacque tra il tempo di Natale e il primo periodo del tempo ordinario.
Il Battesimo al Giordano segna per Gesù l’inizio della vita pubblica. Egli esce dal nascondimento e dall’anonimato di Nazareth per annunciare al mondo l’amore e la misericordia infinita di Dio.
Il Battesimo se da un lato sottolinea e riconferma la scelta di essere
uno di noi e come noi, dall’altro è una solenne investitura dall’alto, è
un’altra Epifania che manifesta e rivela al mondo chi veramente sia colui che
era conosciuto come il figlio del carpentiere (Giuseppe).
La vita pubblica comincia col riconoscimento che viene dal cielo che Gesù
è il Messia. Ma attenzione non un Messia
trionfante e vincente agli occhi degli uomini, ma il Messia – Servo di cui
aveva parlato il libro di Isaia nei Carmi del Servo di Jahvè.
La frase del Vangelo “Tu sei il
Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” è presa
direttamente dall’inizio del primo Canto del Servo al Cap. 42 di Isaia. Mentre quando si dice: “Il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo” appare
come compimento sempre della profezia di Isaia 42,1b che dice: “Ho posto il mio Spirito su di lui”.
Per capire la missione e l’evento salvifico operato da Gesù bisogna
quindi partire in genere dall’A.T. e
oggi ci viene detto che è la visione di Isaia che inquadra tutta la sua
missione.
Egli è il Servo del Signore che ha come scopo quello di portare il
diritto alle nazioni. Questo termine
“diritto” viene ripetuto tre volte nei primi quattro versetti del Cap.42: “Egli
porterà il diritto alle nazioni. Non
griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà
una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà
meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e
per la sua dottrina saranno in attesa le isole”. (Is 42,1c-4).
In che cosa consiste questo diritto?
“Io, il Signore, ti ho chiamato
per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come
alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e
faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano
nelle tenebre”. (Is 42,6-7).
Giustizia, alleanza, luce. Egli è
venuto perché la vita di ogni uomo sia veramente “giusta” ossia vissuta nella
libertà, nell’amore, in rapporti relazionali che valorizzino la dignità di ogni
persona.
Egli è venuto perché ciascuno di noi sia alleato con Dio e non si senta lontano,
escluso o condannato da Lui.
Egli è venuto per essere la nostra luce e dirci ciò che è giusto, buono e
retto.
Riflettiamo su tutto questo, perché ad un primo sguardo ci sembra di
essere lontanissimi da questo progetto di Dio.
Non c’è giustizia, la vita è vissuta senza o lontano da Dio, non c’è
(soprattutto nei più giovani) la capacità di distinguere il bene dal male e
quindi compiere un giudizio morale retto.
Occorre una grande conversione.
Non solo però a livello di comportamento, ma anche mentale – culturale.
Occorre impegnarsi a conoscere sempre più la Parola di Dio che non è parola
di questo mondo.
Domande scontate ma a cui non diamo mai una risposta seria.
· Conosciamo Gesù?
· Abbiamo letto almeno un Vangelo?
· Abbiamo cercato di leggere un libro profetico? Quali sono le difficoltà incontrate?
· A partire da quale tipo di assenso affermiamo di essere Cristiani (ossia
appartenenti a Cristo)?
don Edy
DOMENICA 5 GENNAIO
2025
DOMENICA DOPO L’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Sir 24,1-12
Epistola: Rm
8,3b-9a
Vangelo: Lc 4,14-22
Nella liturgia di questa domenica dopo l’Ottava leggiamo un brano evangelico che ci porta già all’inizio del ministero di Gesù.
Dopo aver letto un brano del terzo libro del profeta
Isaia: “Mi ha
consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in
libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Gesù applica a sé questa profezia.
Egli è il “MESSIA”, che significa l’UNTO con l’olio di consacrazione dello spirito.
La sua missione è una missione di liberazione, di
salvezza, quasi una nuova creazione.
Oggi sottolineiamo il fatto che nel nome di Gesù, il
Cristo, la Chiesa continui a proclamare “l’anno di grazia del Signore”.
Il giubileo che è appena iniziato vuole essere
questo anno di grazia per tutti.
Per noi l’invito alla conversione più piena per
essere testimoni di speranza in un mondo che spesso non sa più sperare.
Simbolicamente sono state aperte delle porte giubilari perché possiamo entrare nella salvezza e proclamare all’universo intero che Dio vuole il bene di tutti. Nel Vangelo di Giovanni Gesù ci dice: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvato”.
Entrare
nella porta, che è Cristo, significa conformarsi a lui e voler portare nel
cuore quelli che furono i suoi sentimenti e pensieri.
Anche
noi chiamati a liberare i prigionieri, a portare ai poveri il lieto annuncio,
rimettere in libertà gli oppressi. Il giubileo
ci chiama ad impegni molto concreti.
Sono
chiesti volontari per le carceri. Chi
potrebbe andarci? Sono chiesti volontari
per le R.S.A.
In
parrocchia ne abbiamo due e si potrebbe portare tanta consolazione a chi è
afflitto.
Aiutare
i poveri che hanno tanto bisogno e non solo di beni materiali.
L’augurio
è che per tutti noi il giubileo non sia solo una bella gita a Roma o in qualche
altra località, ma veramente un anno di grazia.
don Edy
DOMENICA 15 DICEMBRE
2024
V DOMENICA DI AVVENTO
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 30,18-26b
Epistola: 2Cor 4,1-6
Vangelo: Gv 3,23-32°
Celebriamo la quinta domenica di Avvento. Questa
domenica ci parla della testimonianza che siamo chiamati a dare a Gesù il
Cristo.
Nel Vangelo leggiamo le parole di Giovanni che ancora una volta afferma: “«Non
sono io il Cristo», ma: «Sono stato mandato avanti a lui». Lo sposo è colui al
quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta,
esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve
crescere; io, invece, diminuire»”.
Nella seconda lettura la parola di Paolo
Apostolo che afferma: “Noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore”.
Giovanni Battista e Paolo ci indicano la strada
che dobbiamo seguire per annunciare al mondo che Gesù è il Cristo.
La testimonianza nasce dalla fede.
Chi crede diventa testimone. Chi non crede non può esserlo. Sempre Paolo nel brano dell’epistola afferma:
“
Ci chiediamo se per
noi è così oppure no.
Gesù è davvero il
primo ed il più importante per noi?
Perché spesso abbiamo
paura di rendere a lui testimonianza?
Forse perché la nostra fede è piccola e fragile. Diciamo allora come i discepoli del Vangelo:
“Signore aumenta la mia fede!”.
don Edy
DOMENICA 1° DICEMBRE 2024
TERZA DOMENICA DI AVVENTO
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 45,1-8
Epistola: Rm
9,1-5
Vangelo: Lc 7,18-28
Nella seconda domenica di Avvento è stata
introdotta la figura di Giovanni Battista come il precursore del Messia.
“Voce di
uno che grida nel deserto, preparate la via del Signore, di colui che viene”. Giovanni ha applicato a sé queste parole
del profeta Isaia e tutto il suo impegno è stato quello di annunciare l’inizio
di una nuova era in Gesù.
Dopo un lungo periodo troviamo Giovanni non più ad amministrare il battesimo di penitenza sul fiume Giordano, ma in prigione, e qui attraversa una grande crisi.
“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo
aspettare un altro?”.
Sono le parole riportate dalla pericope
evangelica di oggi.
Quello che Gesù dice o fa non è quello che
Giovanni si aspettava di vedere o di sentire. Egli attendeva un Messia castigatore
dei peccatori, un Messia forte e potente che avrebbe dovuto sconfiggere e
scacciare gli odiati nemici, ossia i Romani.
Gesù invece si intrattiene coi peccatori, si ferma a tavola con loro,
parla di perdono e misericordia e non di castigo.
In realtà Gesù applica a sé le profezie di
Isaia. Egli è il “Servo”
annunciato dal profeta. Non è venuto per
“essere servito, ma per servire”.
“Umiliò se stesso fino alla morte ed alla
morte di croce”. (Fil 2,5).
Ancora una volta vediamo che “le vie di Dio
non sono le nostre vie ed i suoi sentieri non sono i nostri sentieri”.
Siamo chiamati in Avvento ad una conversione
dell’animo e del cuore. Dobbiamo
liberarci da schemi e pensieri precostituiti per poter accogliere il “Dio che
viene” così come Egli ha voluto e non come noi vorremmo.
Nella seconda lettura l’apostolo Paolo esprime
tutto il suo dolore per il popolo di Israele, il popolo della promessa che per
i motivi sopra elencati non ha saputo accogliere il Cristo di Dio.
“Fratelli, dico la verità in Cristo, non
mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel
cuore un grande dolore ed una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema,
separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la
carne”.
Non sia così per noi.
Ancora una volta chiediamoci: “Chi è Dio per
noi?”. È frutto dei nostri pensieri, termine
dei nostri desideri o paure? Se è così
dobbiamo convertirci.
Egli è “il totalmente Altro”. Così si è presentato nella storia e così lo
dobbiamo accogliere.
don Edy
DOMENICA 24 NOVEMBRE
2024
SECONDA DOMENICA DI AVVENTO
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 19,18-24
Epistola: Ef 3,8-13
Vangelo: Mc 1,1-8
La seconda domenica di Avvento introduce la figura di Giovanni il Battista. Egli è il precursore, colui che prepara la via al Messia. La sua predicazione è molto semplice ma estremamente efficace ed ha un forte richiamo anche per noi in questo tempo di Avvento.
“Preparate la via del Signore”.
Il nostro Dio è il Dio che viene. È venuto nel Figlio Gesù.
“Il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi”.
Con questa affermazione forte e precisa l’evangelista Giovanni esprime
l’evento dell’incarnazione. Nella lettera
ai Filippesi l’apostolo Paolo dice: “Lui, pur essendo di natura divina, non considerò un
tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la
condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni
altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla
terra e sotto terra;e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a
gloria di Dio Padre”. (Fil 2,6-11).
Egli viene anche ora per
noi. Il Natale che ci prepariamo a
celebrare ci dice tutto questo. Prepariamo la via al Figlio di Dio, affinché
entri nella nostra vita e possa dimorarvi sempre. Nell’epistola
San Paolo ci invita a non perderci d’animo a causa delle tribolazioni presenti,
ma di perseverare nella fede, perché in Cristo abbiamo la libertà e la gioia di
accedere a Dio in piena fiducia.
Continuiamo il cammino di Avvento in preghiera e
meditazione.
Invito alla recita delle lodi al mattino o dei
vespri la sera, seguiti dalla Santa Messa.
don Edy
DOMENICA 3 NOVEMBRE
2024
SECONDA DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 56, 3-7
Epistola: Ef 2,11-22
Vangelo: Lc 14,1a.15-24
La liturgia di questa domenica
sottolinea con forza che Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini andando
oltre ogni divisione o separazione etnica o razziale.
Anche coloro che nell’Antico
Testamento erano esclusi dal numero degli eletti del popolo di Dio, in Cristo
Gesù vengono chiamati a partecipare alla festa della salvezza, simbolicamente
rappresentata nella parabola evangelica dal banchetto offerto dal Signore.
L’universalità della salvezza è
la novità assoluta rivelata da Cristo Signore e resa manifesta nel mandato dato
da Gesù ai suoi discepoli.
“Andate in tutto il mondo, predicate il mio vangelo e battezzate tutti coloro che crederanno”.
San Paolo sintetizza tutto questo
dicendo: “In Cristo Gesù non c’è più né Giudeo né Greco, né schiavo né
libero, né uomo né donna, perché tutti sono chiamati”.
Nel brano dell’epistola di oggi
sempre San Paolo rivolto ai pagani dice: “Così dunque voi non siete più
stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio,
edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra
d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui
tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo del Signore;
in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per
mezzo dello Spirito”.
Lodiamo il Signore e diciamo
grazie a lui per il suo meraviglioso disegno di salvezza.
Chiediamo la grazia di aver
sempre viva in noi la consapevolezza di essere “concittadini dei santi” e
“familiari di Dio”.
Dio non è un essere lontano e
sconosciuto, ma è il Padre che ci ha fatti suoi familiari.
don Edy
DOMENICA 27 OTTOBRE
2024
PRIMA DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE
Rif. Biblici: 1^Lettura: At
8,26-39
Epistola: 1Tm
2,1-5
Vangelo: Mc 16,14b-20
Oggi nella diocesi
di Milano celebriamo la Giornata mondiale delle Missioni.
La Chiesa in obbedienza al comando di Gesù: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”, da sempre ha inviato missionari fin agli estremi confini del mondo per proclamare il Vangelo alle genti e per donare la salvezza nei Sacramenti.
Oggi però si parla
anche di una missione che va svolta all’interno dei territori tradizionalmente
cristiani, come lo sono i territori dell’occidente.
Ho avuto la grazia
di essere inviato in una nazione “lo Zambia” dove praticamente la Chiesa è non
solo molto giovane, ma in alcuni luoghi solo all’inizio.
Ho sperimentato la
fatica di andare oltre quella che è la nostra mentalità e progettualità per
impegnarmi nel mondo e nella cultura del luogo.
Quando sono partito avevo molti progetti e programmi, ma poi ho capito
che spesso non erano praticabili o addirittura controproducenti, perché spesso
ciò che pensavo io saltava secoli di storia e tradizioni.
Elenco ciò che può
essere considerato più faticoso ma allo stesso tempo necessario.
·
La fraternità che da lontano sembra facile in realtà va costruita.
Accettare visioni di vita e comportamenti molto diversi è difficile e su questo
bisogna lavorare ed impegnarsi molto.
·
Andiamo ad annunciare il Vangelo e non la nostra cultura. Bisogna camminare con un passo che non è il
nostro. Da questo punto di vista ho compiuto errori che ho capito dopo
anni. Il più significativo è che l’aiuto
economico allo sviluppo va dosato pensando alla sostenibilità che avrà in
futuro. Ho costruito pozzi, ho installato mulini per macinare il granoturco, ho
comperato trattori. Ho scoperto poi che quando si rompeva qualcosa non si
riusciva a trovare i pezzi di ricambio e ripristinare il tutto. Specialmente nelle aree più remote, e tutto
si fermava.
·
L’educazione ad una gestione corretta di sé, della propria famiglia, dei
soldi. Forse la cosa più difficile, ma è
il punto da cui partire.
La
dignità della persona che non deve essere sempre dipendente e cercare
continuamente aiuto.
La parità
di genere tra uomo e donna, dove alla donna va riconosciuta la sua importanza e
specifica importanza.
Penso che tutto questo, detto molto
sinteticamente, possa avere una ricaduta sulla nostra missione locale oggi.
FRATERNITÀ
SOLIDARIETÀ SENZA CREARE DIPENDENZA
EDUCAZIONE AI VALORI
don Edy
DOMENICA 20 OTTOBRE
2024
DEDICAZIONE DEL DUOMO
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 26,1-2.4.7-8;54,12-14a
Epistola: 1Cor
3,9-17
Vangelo: Gv 10,22-30
La
terza domenica del mese di ottobre è sempre un giorno importante per la Diocesi
di Milano perché lungo i secoli, a partire dal 453 quando il vescovo Eusebio riconsacrò la
“Chiesa maior” devastata dagli Unni, è diventata la festa della “Dedicazione
del Duomo”.
Noi oggi facciamo memoria dell’opera di San Carlo Borromeo che nel 20 ottobre 1577 presiedette la Dedicazione dell’attuale Duomo, istituendone la solennità in questa domenica; infine, nel 1986 (19 ottobre), sempre nella terza domenica di ottobre, il Cardinale Carlo Maria Martini consacrò l’altare maggiore.
Il
Duomo è la chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani ed è il segno della
comunione di tutti i credenti.
Da lì
il Vescovo guida la Diocesi e per questo è chiamato anche Cattedrale, ossia
luogo della “Cattedra” del Vescovo.
Il
Duomo ricorda in modo visibile che Dio ha voluto e continua a voler abitare tra
noi. “Egli venne ad abitare in mezzo
a noi”, così ci dice nel prologo l’evangelista Giovanni.
La
casa di pietra ci ricorda che esiste un tempio più vero: il cristiano.
Nell’epistola
Paolo oggi ci dice: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di
Dio abita in voi?”.
Siamo
chiamati a vivere con questa certezza nel cuore, con una vita santa e pure,
perché Dio abita in noi.
don Edy
DOMENICA 13 OTTOBRE
2024
VII DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 43,10-21
Epistola: 1Cor
3,6-13
Vangelo: Mt 13,24-43
Il tema
di questa domenica è il “Regno di Dio”.
L’espressione “Regno di Dio” affonda le sue radici nell’Antico Testamento e nella religiosità del Giudaismo del tempo di Gesù. Esso indica l’azione “regale” di Dio, la sua volontà salvifica, la sua giustizia ed il suo amore, il suo intervento salvifico, definitivo e risolutore.
Il
Regno di Dio è già iniziato ma è in continuo movimento. Esso raggiungerà la sua pienezza dopo la fine
personale e cosmica dell’esperienza terrena, quando, come dice l’apostolo
Paolo, “Caduta ogni barriera fisica e temporale vedremo Dio faccia a faccia
così come Egli è”.
Noi
siamo in cammino verso quella meta.
Siamo
nel tempo e camminiamo verso l’eternità.
Le
letture di oggi ci suggeriscono alcune prospettive che devono suscitare in noi
risposte positive per questo cammino.
Anzitutto
la realtà temporale, ci dice la parabola del buon seme e della zizzania, è un
insieme di bene e male, di buono e cattivo.
Spesso
il male sembra addirittura più forte del bene e suscita nel credente forti
interrogativi. È la prova della vita. Per questo occorre essere vigilanti, non
lasciarsi prendere dallo scoraggiamento e dalla sfiducia, continuare a lottare
con la fiducia e la certezza che alla fine il bene vincerà ed il Regno di Dio
si affermerà.
Che
cosa è bene e cosa è male?
Bene è
ciò che ci dice la parola di Dio, che Paolo riassume in modo mirabile nella
lettera al Galati: “Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà,
fedeltà, mitezza, dominio di sé”. (Gal 5,22).
Male
sono le opere della carne, che sempre San Paolo ricorda: “
“Le
opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio,
idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni,
fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere, circa queste cose vi
preavviso come già ho detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio”.
(Gal 5,19,21).
Nella
vigilanza che si fa preghiera chiediamo di produrre frutti di bene per il
Regno.
don Edy
DOMENICA 29 SETTEMBRE
2024
V DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI
Rif. Biblici: 1^Lettura: Dt 6,1-9
Epistola: Rm 13,8-14a
Vangelo: Lc 10,25-36
Oggi
leggiamo una delle parabole più belle ed importanti del Vangelo: il “Buon
Samaritano”.
Questa
parabola mette in campo, a differenza del Vecchio Testamento, un nuovo concetto
e modo di intendere il termine “Prossimo”.
Prossimo significa, a partire da questa pagina, non più chi appartiene alla propria nazione o razza ma qualsiasi essere umano anche tradizionalmente un nemico o uno straniero verso cui esprimere la nostra vicinanza, attenzione ed amore.
Il
termine con cui la tradizione cristiana chiama questo atteggiamento di
attenzione ed amore è “CARITAS” che è un sostantivo derivato
dall’aggettivo “CARUS” cioè caro ed amato.
Ogni
cristiano è chiamato ad esercitare questa “Caritas” verso ogni uomo ed ogni
donna. Dobbiamo quindi superare l’idea che spesso esprimiamo con parole come
queste: “In parrocchia c’è la Caritas, vai lì per farti aiutare”. Dobbiamo
invece dire: “Cosa posso fare io, come posso esprimere con la mia vita la
vicinanza ed amore di Cristo a chi è nel bisogno”. Naturalmente ci sono aspetti
e situazioni diverse che chiedono sempre molto rispetto ed attenzione.
Cominciamo dalle cose più semplici. Il nostro Arcivescovo parla anzitutto di “Buon
Vicinato” che parte dalla relazione che vuole il bene dell’altro/a.
Nell’epistola
l’apostolo Paolo ci ha detto: “La carità non fa alcun male al prossimo:
pienezza della Legge infatti è la carità. E questo voi farete, consapevoli del
momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra
salvezza più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il
giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le
armi della luce.”
Il
nostro amore illumini quindi questo mondo.
don Edy
DOMENICA 15 SETTEMBRE
2024
III DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI
Rif. Biblici: 1^Lettura: Is 32,15-20
Epistola: Rm
5,5b-11
Vangelo:
Gv 3,1-13
La
vicenda di Nicodemo che il brano evangelico oggi ci narra è sicuramente molto
significativa ed importante.
Nicodemo appartiene a quelle persone che sono attratte da Gesù e dalla sua parola ma hanno paura di compiere un passo definitivo che le porti ad essere discepoli autentici.
Occorre
rinascere dall’acqua e dallo Spirito ed essere persone nuove, persone
spirituali e non più carnali.
Nell’acqua
del Battesimo noi tutti abbiamo ricevuto il grande dono di Dio.
Nel
brano dell’epistola l’apostolo Paolo ci ricorda che per la morte di Cristo cui
siamo stati resi partecipi siamo giustificati, salvati e riconciliati.
“Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione”.
Rendiamo grazie per il Battesimo ricevuto e
cerchiamo ogni giorno di fare memoria dell’amore di Dio che ci è stato donato.
L’acqua battesimale ci ha purificati e ci ha dato la
vita nuova di figli e figlie di Dio.
Sia la nostra vita libera dal peccato vissuta con la
consapevolezza di essere figli e figlie.
don Edy
DOMENICA 14 LUGLIO
2024
OTTAVA DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Gdc 2,6-17
Epistola: 1Ts 2,1-2.4-12
Vangelo:
Mc 10,35-45
La
pagina evangelica odierna rivela ancora una volta quanto sia stato difficile e
faticoso l’impegno di Gesù a far comprendere ai dodici e agli altri discepoli
il significato più vero della sua missione.
Egli incarna una prospettiva che non apparteneva
al sentire comune dei giudei che pensavano al Messia come ad un personaggio
glorioso e potente. Egli, come aveva
detto il profeta Isaia, è il “Servo
umile e obbediente” che è venuto
per offrire se stesso per la salvezza del mondo intero.
“Anche il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita in riscatto per molti”.
Così
chiude la pericope evangelica odierna. I
discepoli sono immagine di Cristo Signore, per questo sono chiamati ad essere
nel mondo servitori di Dio e dei fratelli.
La
chiamata ad essere discepoli, ad essere cristiani ha questo senso e
significato. Ogni vocazione cristiana, da quella religiosa, sacerdotale,
matrimoniale e quella di vita laica consacrata deve essere vissuta così.
San
Paolo nell’epistola di oggi ci dice che tutto il suo ministero si è svolto come
servizio a Dio e ai fratelli.
“Come
Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non
cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di
adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è
testimone. E neppure abbiamo cercato la
gloria umana, né da voi, né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità
di apostoli di Cristo”.
Paolo
afferma che ha voluto servire Dio nella verità. “Non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio”.
Non ha cercato soldi o ricchezza per sé. “Non abbiamo avuto intenzioni di cupidigia” e più avanti afferma: “ Voi ricordate infatti,
fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno
per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di
Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche
Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo,
giusto e irreprensibile”.
Ed infine dice: “Neppure abbiamo cercato la gloria umana né da voi né da altri”.
Preghiamo oggi per il papa, i vescovi, i sacerdoti
che sono chiamati a guidare la Chiesa, perché vivano la loro missione in
spirito di autentico servizio.
don Edy
DOMENICA 7 LUGLIO
2024
SETTIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Gs 10,6-15
Epistola: Rm 8,31b-39
Vangelo:
Gv 16,33-17,3
Il discepolo
di Cristo che cammina nella storia è continuamente messo alla prova da fatiche,
sofferenze e sconfitte.
Il
brano evangelico di oggi ce lo dice con molta chiarezza: “Nel mondo avete
(avrete) tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo”.
Gesù
ha vinto il mondo.
Cosa
significano queste parole? Il termine mondo nel lessico giovanneo indica coloro
che non credono, coloro che fondano la loro vita sui propri interessi, coloro
che non amano dando se stessi e la vita.
Siamo
chiamati allora a metterci in una prospettiva di fede perché ai nostri occhi in
realtà il mondo sembra essere vincente.
Oggi forse più che mai dobbiamo dire: “Io credo che nonostante tutto la
nostra storia va verso la pienezza di bene e di amore in Cristo”.
Tutto
sarà ricapitolato in lui.
San Paolo ce lo ha ricordato con forza nella seconda lettura: “Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Chi ci
separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?”.
Niente
ci può separare dall’amore di Dio.
Anche
quando soffriamo, anche quando piangiamo, anche quando siamo perseguitati.
“«Beati i poveri in spirito, perché di essi
è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i
miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della
giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno
misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori
di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa
della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli»”. (Mt 5,3-10).
don Edy
DOMENICA 30 GIUGNO
2024
SESTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Es 3,1-15
Epistola: 1Cor 2,1-7
Vangelo:
Mt 11,27-30
Il
Vangelo di questa sesta domenica dopo Pentecoste ci chiama a seguire Gesù con
fede piena perché Egli è colui che solo può dare ristoro per la nostra vita.
“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita”.
Sono
due gli atteggiamenti di vita che dobbiamo coltivare: la mitezza e l’umiltà.
La
mitezza indica l’atteggiamento di chi si mette in ascolto dialogico con Dio e
con gli altri e non si sente padrone della propria vita, ma accoglie Dio come Signore
della sua esistenza.
L’umiltà
si collega a questa prima virtù perché ci porta a rinunciare a noi stessi per
mettere al centro la Parola di Gesù e prendere su di noi il suo giogo.
Nella
seconda lettura leggiamo l’esperienza di Paolo apostolo che rinuncia alla
sapienza umana per mettersi umilmente di fronte a Cristo crocifisso ed
accogliere e fare propria la stoltezza della croce.
Paolo
arriva a questa conclusione dopo aver fatto ad Atene un’esperienza amara e
dolorosa. Egli portatosi nell’Areopago
al centro della cultura, della sapienza filosofica del mondo di allora, aveva
fatto un discorso altissimo su Dio e sulla salvezza dell’uomo. Quando però aveva parlato della resurrezione
da morte di Gesù la gente che lo ascoltava si era messa a ridere e molti
dicevano: “Su questo ti ascolteremo
domani”.
Fu per lui un’umiliazione terribile che però lo
portò a capire quale doveva essere il contenuto della sua missione.
“Anch'io,
o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la
testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti
di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io
venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia
parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza,
ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra
fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”.
Anche noi vogliamo metterci di fronte al crocifisso ed aprirci alla
Sapienza di Dio accogliendo il “suo giogo che è dolce e leggero”.
don Edy
DOMENICA 23 GIUGNO
2024
QUINTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Gen 17,1b-16
Epistola: Rm 4,3-12
Vangelo:
Gv 12,35-50
Il tema
della luce è centrale nella narrazione evangelica in particolare di quella di
Giovanni. Il prologo che introduce e
allo stesso tempo riassume tutta la riflessione sul Verbo di Dio, dice:
“In
lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle
tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere
testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli era la luce, ma doveva render testimonianza
alla luce, veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. (Gv 1,4-9).
Nella sua predicazione Gesù riprende tutto questo ed invita a “credere nella luce per essere figli della luce”.
Luce
indica la capacità di dare senso e significato alla nostra vita, di scoprire e
vedere verso chi o che cosa essa è indirizzata, soprattutto di illuminare il
mistero della morte.
Credere
nella luce significa credere che la morte non è la fine di tutto o il termine
di ogni cosa, ma il passaggio ad una vita nuova nell’eternità beata del Regno
di Dio.
Siamo
chiamati a diventare “figli della luce”.
La
tradizione cristiana chiamava per questo i credenti in Cristo “Illuminati”.
Nel
Battesimo ci è stata data la luce della fede che illumina la nostra vita e ci
chiama ad essere luce per gli altri.
Ci
chiediamo come noi viviamo questa dimensione di essere luce ed illuminare.
Viviamo
in un mondo di tenebra e di oscurità.
Basti
pensare alle guerre, alle morti violente, alla mancanza di rispetto e di amore,
all’egoismo imperante.
Il
Signore ci chiama ad illuminare con la nostra fede la scena di questo mondo.
Preghiamo
perché sia veramente così.
don
Edy
DOMENICA 16 GIUGNO
2024
QUARTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Gen 18,17-21;19,1.12-13.15.23-29
Epistola: 1Cor 6,9-12
Vangelo: Mt 22,1-14
Il
brano evangelico odierno ci parla del Regno di Dio che è paragonato ad una
festa di nozze per il figlio del re. Poiché
gli invitati (i figli di Israele) non si sono presentati alla festa l’invito
viene esteso ad altri: i popoli pagani.
Questa parabola è la rilettura storica della vicenda di Israele che rifiuta di accogliere Gesù il Figlio di Dio e di fare festa con lui.
L’immagine
della festa è segno della salvezza offerta, ma rifiutata da Israele.
L’apertura
ai popoli pagani è segno dell’amore misericordioso di Dio che si estende a
tutte le genti e persone della terra.
La Pasqua di Cristo dà origine ad una nuova storia e
ad un nuovo popolo di redenti che è fondato non più sulla appartenenza etnica,
ma sulla fede che è risposta alla chiamata di Dio.
Nella Chiesa primitiva formata dallo Spirito Santo
il giorno di Pentecoste avviene il grande prodigio. Popoli diversi ascoltano la parola di Pietro e
la comprendono.
“Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché
ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé
per lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E
com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti,
Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del
Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti
della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e
Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”. Tutti
erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: “Che significa questo?”. (At
2,6-12).
Nel Battesimo anche noi siamo stati chiamati a far
parte di questo nuovo popolo e a portare spiritualmente la veste bianca che lì ci
è stata donata.
La veste bianca è segno di santità che dobbiamo ogni
giorno coltivare e far crescere.
Facciamo allora tesoro di quanto ci ha detto oggi
l’apostolo Paolo nel brano dell’epistola.
“Fratelli
non sapete che gli ingiusti
non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né
adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né
maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di
voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati
nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!”.
don
Edy
DOMENICA 9 GIUGNO
2024
TERZA DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Gen 2,18-25
Epistola: Ef 5,21-33
Vangelo: Mc 10,1-12
La liturgia di questa domenica pone al centro il tema della sequela, vissuta attraverso la vita coniugale.
Il
matrimonio cristiano è di fondamentale importanza per la vita della Chiesa e
della società.
La scelta del matrimonio dovrebbe essere la conclusione di un percorso di discernimento che ha portato un ragazzo ed una ragazza a scoprire la chiamata alla vita matrimoniale. È una VOCAZIONE.
Come
tutte le vocazioni la Scrittura ci dice che è il Signore che ha fatto questo
dono per seguire la strada del matrimonio.
Oggi,
in un mondo secolarizzato e materialista come il nostro, questo aspetto va
riscoperto per dare un fondamento solido e forte al matrimonio di quei ragazzi/e
che vogliono ancora sposarsi di fronte al Signore.
Sono il compito e l’impegno sempre più importanti ad
educare ai veri valori della vita cristiana.
Naturalmente accompagnati dalla nostra preghiera.
Oggi ai coniugi cristiani uniti nel vincolo sacro del
matrimonio la Chiesa chiede la testimonianza di un amore pieno e fedele fino alla morte.
L’amore dei coniugi cristiani è segno ed immagine
dell’amore di Dio.
L’amore di Dio dura per sempre, così dovrebbe essere
l’amore dei coniugi cristiani.
L’amore di Dio è segno della gratuità più
assoluta. Egli dona senza chiedere nulla
in contraccambio. Così dovrebbe essere l’amore coniugale.
L’amore di Dio è fecondo. Egli è colui che dona la vita. I coniugi
donano la vita materiale ma anche spirituale.
La fecondità non è legata solo ad alcuni momenti dell’esistenza, ma
abbraccia tutto l’arco di essa.
Ai coniugi qui presenti il mio augurio: siate sempre
segno di questo grande amore memori che “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
don
Edy
DOMENICA 2 GIUGNO 2024
SECONDA DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: Sir 16,24-30
Epistola: Rm 1,16-21
Vangelo: Lc 12,22-31
Il tempo dopo Pentecoste è il tempo della sequela e del discepolato.
Le letture ci indicano la strada da seguire per essere veramente cristiani, discepoli autentici di Cristo.
Il fondamento di tutta la vita cristiana è la fede. Nell’epistola che leggiamo oggi, San Paolo riprende una affermazione del profeta Abacuc: “Il giusto vivrà di fede”.
Siamo chiamati a vivere di fede e far sì che essa non sia solo una adesione intellettuale a Dio e a Cristo, ma diventi vita concreta e reale.
Il brano evangelico è una esemplificazione di che cosa possa significare vivere di fede.
Ci vuole dire che le cose materiali, di cui peraltro abbiamo bisogno, non devono diventare le più importanti per noi ed originare la preoccupazione più forte.
Il contesto sociale ed economico in cui noi viviamo oggi è molto diverso da quello in cui si trovò a vivere Gesù. Oggi occorre programmare in modo responsabile la propria vita per soddisfare le necessità materiali di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo farlo però in modo sobrio e solidale.
Ogni giorno dovremmo essere in grado di distinguere e capire ciò che è necessario, ciò che è utile per noi e ciò che invece è superfluo.
Sicuramente possiamo usare anche dei beni superflui, ma non deve diventare la norma o regola di vita.
Nell’uso dei beni il cristiano deve sempre ricordare che invece non ha la possibilità di accedere anche a ciò che è necessario.
Quanta gente non ha una casa, quanta gente non ha il cibo (noi magari lo buttiamo), quanta gente non ha di che vestirsi o coprirsi.
Questo è ancora e rimane uno scandalo.
Purtroppo, spesso, non lo vogliamo vedere e su questo saremo giudicati.
“Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna»”. (Mt 25,42-46).
don Edy
DOMENICA 26 MAGGIO
2024
SANTISSIMA TRINITÀ
Rif. Biblici: 1^Lettura: Es 33,18-23;34,5-7a
Epistola: Rm
8,1-9b
Vangelo: Gv 15,24-27
La
domenica dopo Pentecoste è la festa della Santissima Trinità.
La
chiesa nella sua immensa sapienza ci dice che Dio non può essere visto da
nessun uomo, perché noi siamo creature mentre Lui è l’immenso, è l’infinito.
Nella prima lettura, rivolto a Mosè, Dio dice: “Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi”.
In Gesù Dio si è rivelato. L’evangelista Giovanni afferma e dice che
Gesù è venuto a “narrarci chi è Dio”.
La conoscenza di Dio (per lo meno di quello che si può conoscere) non è frutto della speculazione umana, ma dono di Dio che ci è venuto incontro. Noi non inventiamo o
abbiamo inventato niente. Dio ci è venuto incontro e si è manifestato a noi.
Questo
è il primo grandissimo insegnamento di questa giornata. Il Cristianesimo è una religione RIVELATA.
Sempre
nel Vangelo leggiamo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”.
La
rivelazione ci parla di Dio relazione profondissima di Amore.
Il
Padre genera il Figlio e da loro procede lo Spirito Santo.
Tutto
questo ci è stato insegnato da Gesù che è venuto a rivelarci il Padre e ci ha
inviato lo Spirito Santo.
Noi
crediamo nella Santissima Trinità.
Oggi
ancora una volta è la festa della fede.
Nel Concilio
di Nicea la Chiesa ha redatto la formula che chiamiamo “CREDO”.
In esso rinnoviamo la nostra adesione a Dio che è
unico in tre persone.
“Credo
in un solo Dio, Padre onnipotente.
Credo in un solo Signore Gesù
Cristo.
Credo nello Spirito Santo”.
Il segno della Croce in modo semplice, ma profondo e
significativo, ogni giorno vuole rinnovare la nostra fede.
Viviamolo quindi così.
don
Edy
DOMENICA 19 MAGGIO
2024
DOMENICA DI PENTECOSTE
Rif. Biblici: 1^Lettura: At
2,1-11
Epistola: 1Cor 12,1-11
Vangelo: Gv 14,15-20
La
solennità di Pentecoste chiude il ciclo misterico dell’anno liturgico e dà
inizio al tempo della Chiesa che nella storia continua l’opera di salvezza
operata da Cristo Signore.
Lo
Spirito disceso sui discepoli porta a compimento la promessa di Gesù che
abbiamo letto nel brano evangelico.
“Non vi lascerò orfani: verrò da voi”.
Egli è di nuovo con noi. Egli è sempre con noi con la sua presenza
“Spirituale”.
Egli guida la Chiesa, Egli la istruisce, Egli la
consola nei giorni della prova.
Oggi vogliamo rinnovare la nostra fede nella sua
presenza. Invochiamolo ogni giorno
perché possiamo camminare docili nella sua sequela.
Facciamo nostre le parole della Chiesa che cantiamo nell’inno di questa solennità.
Discendi Santo Spirito,
le nostre menti illumina;
del Ciel la grazia accordaci
tu, Creator degli uomini.
Chiamato sei Paraclito
e dono dell'Altissimo,
sorgente limpidissima,
d'amore fiamma vivida.
I sette doni mandaci,
onnipotente Spirito;
le nostre labbra trepide
in te sapienza attingano.
I nostri sensi illumina,
fervor nei cuori infondici;
rinvigorisci l'anima
nei nostri corpi deboli.
Dal male tu ci libera,
serena pace affrettaci;
con te vogliamo vincere
ogni mortal pericolo.
Il Padre tu rivelaci
e il Figlio, l'Unigenito;
per sempre tutti credano
in te, divino Spirito. Amen.
Accogliamo con la mente ed il cuore i suoi doni:
SAPIENZA
INTELLETTO
CONSIGLIO
FORTEZZA
SCIENZA
PIETÀ
TIMOR DI DIO
don
Edy
DOMENICA 12 MAGGIO
2024
DOMENICA DOPO L’ASCENSIONE
Rif. Biblici: 1^Lettura: At
1,15-26
Epistola: 1Tm 3,14-16
Vangelo: Gv 17,11-19
In
questa domenica dopo l’Ascensione del Signore Gesù leggiamo nella pericope
evangelica parte della cosiddetta preghiera “Sacerdotale” che Gesù eleva al
Padre prima della sua passione e morte.
I
discepoli continueranno ad essere testimoni di Gesù e della sua parola seguendo
però percorsi che non sono quelli del mondo.
Continuamente
viene richiamata questa contrapposizione: “Essere nel mondo ma non essere del
mondo”.
Il
termine “mondo” ha nel Vangelo di Giovanni un significato negativo che vuole
indicare una prospettiva chiusa al trascendente e all’incontro con Dio.
È la
storia dell’uomo spesso motivata da interessi egoistici, materialismo,
ingiustizie, falsità, desiderio di ricchezze ottenute con l’inganno,
disuguaglianze tra persone, schiavitù, violenze…
I
discepoli dovranno invece fondare la loro vita sui valori cristiani che
l’apostolo Paolo, nella lettera ai Galati, indica come il frutto dell’apertura
ed accoglienza dello Spirito. “Amore,
gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”.
I
Cristiani, che nel Battesimo si si sono “rivestiti di Cristo”, sono chiamati a
vivere così.
Il
Cristiano è chiamato quindi ad andare spesso controcorrente e per questo essere
rifiutato, odiato e perseguitato.
Dice sempre il brano odierno: “Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”.
Gesù ha pregato per noi perché possiamo attraversare
la storia con fortezza e coerenza anche nelle persecuzioni. “Padre santo,
custodiscili nel tuo nome”.
Il Padre ci custodisce nel suo nome.
Questa certezza ci guidi sempre ogni giorno della
nostra vita.
Preghiamo perché possiamo veramente essere una cosa
sola con Lui.
don
Edy
DOMENICA 5 MAGGIO
2024
SESTA DOMENICA DI PASQUA
Rif. Biblici: 1^Lettura: At 26,1-23
Epistola: 1Cor
15,3-11
Vangelo: Gv 15,26-16,4
Il
dono dello Spirito viene dato nel giorno di Pentecoste. Gesù che aveva promesso di non lasciare soli
i discepoli continua a guidarli in modo “Spirituale”.
Gesù è
ancora presente e sarà sempre presente attraverso il suo Spirito.
Nel
brano evangelico odierno viene chiamato “Paraclito” ossia letteralmente “Colui
che è chiamato vicino”.
È
vicino per consolare (“il consolatore”), è vicino per istruire (“spirito
della verità”), è vicino per difendere (“Avvocato”).
Soprattutto però è colui che nei Sacramenti
rende presente nell’oggi della nostra vita terrena Cristo Signore. Lo ripetiamo sempre nella celebrazione
dell’Eucaristia: “Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché
diventino il corpo ed il Sangue del Signore Gesù”.
La
storia sarà un banco di prova molto duro per i discepoli. Come Gesù è stato rifiutato, perseguitato e
messo a morte così sarà per i Cristiani.
“Vi
scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà
di rendere culto a Dio. E faranno ciò,
perché non hanno conosciuto né il Padre né me.
Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne
ricordiate, perché io ve l’ho detto. Non
ve l’ho detto dal principio, perché ero con voi”.
Preghiamo
affinché possiamo essere docili allo Spirito e lasciarci guidare da Lui e non
arrenderci di fronte alle prove della vita.
Invochiamo
i suoi doni su di noi.
INTELLETTO
CONSIGLIO
FORTEZZA
CONOSCENZA
PIETÀ
TIMORE DI DIO
Ringraziamo perché con questi doni possiamo
camminare nella vita verso l’incontro finale con Lui.
don
Edy
DOMENICA 21 APRILE
2024
QUARTA DOMENICA DI PASQUA
Rif. Biblici: 1^Lettura: At 20,7-12
Epistola: 1Tm 4,12-16
Vangelo: Gv 10,27-30
La quarta domenica del tempo di Pasqua è la domenica del “buon pastore”.
In
modo figurato e simbolico nella letteratura biblica il pastore è stato spesso
indicato come colui che guida, cura e custodisce il popolo di Israele. Il pastore sarà di volta in volta il Re
(Pastore), il profeta (Pastore),il sapiente (Pastore). In realtà questi personaggi rappresentano
l’unico grande pastore che è il Signore.
Uno
dei salmi più belli e famosi, il salmo 22, parla del vero pastore che è il
Signore:
Se
dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei
con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti
a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il
mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i
giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.
Gesù è il buon pastore, ci dice il Vangelo di Giovanni, colui che vuole il bene autentico del popolo a lui affidato dal Padre.
“Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la sua vita per le
pecore”.
Il brano che oggi leggiamo ci dice che il buon
pastore conosce ciascuno di noi. Il
termine conoscere indica qui una vicinanza particolare, segno di amore che dona
la vita eterna.
“Io do
loro la vita eterna e non andranno perdute”. Ci
sostenga sempre questa certezza soprattutto nei momenti difficili. Non siamo soli o abbandonati. Il Signore è con noi.
don
Edy
DOMENICA 14 APRILE
2024
TERZA DOMENICA DI PASQUA
Rif. Biblici: 1^Lettura: At 16,22-34
Epistola: Col 1,24-29
Vangelo: Gv 14,1-11a
La Pasqua di Gesù che segna il momento della sua glorificazione è anche il tempo della separazione dai suoi discepoli.
I suoi
discepoli all’annuncio di Gesù rimangono (ci dice il Vangelo) molto
disorientati e rattristati.
Per questo Egli dice: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”.
La
parola del Signore invita i discepoli anzitutto a Credere che essi non saranno
soli ed abbandonati perché saranno sempre accompagnati dal suo Spirito che li
sosterrà e consolerà anche nei momenti più difficili e faticosi.
L’invito
“Abbiate fede” si ripete anche oggi per noi e l’apostolo Paolo ci dice
di essere lieti anche nelle sofferenze perché sappiamo che Cristo vince ogni
male.
In
secondo luogo la fede ci chiede di saper andare oltre gli orizzonti terreni
della nostra vita ed aprirci alla visione dell’eternità dove saremo chiamati a
condividere per sempre la gioia della beatitudine.
Chiediamo
allora al Signore di aumentare la nostra fede perché spesso abbiamo paura di
fronte alle prove della vita, al male presente nel mondo, alle sofferenze che
dobbiamo subire. In Cristo, ci dice oggi
la Parola che abbiamo ascoltato, avremo la partecipazione alla gloria di
Dio. L’apostolo Paolo dice: “Dio volle far conoscere la gloriosa
ricchezza di questo mistero: Cristo in voi speranza della gloria”.
Noi crediamo alla vita eterna? C’è in noi la speranza viva dell’eternità?
Facciamo nostre le
Parole che sempre l’apostolo Paolo ci dice nella lettera ai Romani: “E non soltanto questo: noi ci vantiamo
anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la
pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non
delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo
dello Spirito Santo che ci è stato dato”. (Rom 5,3-5).
don
Edy
DOMENICA 7 APRILE
2024
SECONDA DOMENICA DI PASQUA
Domenica della Divina Misericordia
Rif. Biblici: 1^Lettura: At 4,8-24a
Epistola: Col 2,8-15
Vangelo: Gv 20,19-31
Questa domenica chiude la settimana dell’ “Ottava di Pasqua” e ci parla del Crocefisso Risorto che da allora in poi si relazionerà in modo diverso con i suoi discepoli.
Gli
Apostoli e gli altri discepoli hanno avuto la fortuna e la gioia di stare con
lui, di parlare con lui, di ascoltare la sua parola. Ora non più.
Gesù è entrato nell’eternità, mentre i discepoli sono nel tempo e nel
mondo.
Le parole di Gesù a Tommaso sono molto significative a questo proposito. “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”.
Non è più il tempo di Vedere, ma di Credere.
È lo Spirito Santo che sostiene il “Credere del
discepolo”. L’evangelista Giovanni ci
dice che nel giorno stesso della sua Resurrezione Gesù anticipa il dono dello
Spirito che poi nel giorno di Pentecoste sarà effuso sulla folla che ascolta il
discorso di Pietro.
Lo Spirito guiderà gli apostoli a continuare la
missione di Gesù ed in particolare a rendere presente e viva nel mondo la
misericordia di Dio.
“A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno
perdonati”.
Oggi
la Chiesa celebra la Domenica della Divina Misericordia a partire dalle parole
di Gesù.
Nella
Chiesa la Divina Misericordia è una devozione propagata da Faustina Kowalska, una
suora polacca del secolo scorso, in tutto il mondo con lo scopo di avere
fiducia nella misericordia di Dio e di adottare un atteggiamento misericordioso
verso il prossimo.
Apriamo
quindi i nostri cuori affinché possiamo essere sempre colmati dall’amore
misericordioso di Dio e perché noi possiamo essere strumenti della sua
misericordia.
don Edy
DOMENICA 17 MARZO
2024
QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA
Domenica di Lazzaro
Rif. Biblici: 1^Lettura: Dt 6,4a.20-25
Epistola: Ef 5,15-20
Vangelo: Gv 11,1-53
La
quinta domenica di Quaresima è conosciuta come la domenica di Lazzaro.
La
liturgia, sempre con un brano del Vangelo di Giovanni, porta a compimento la
catechesi che vuole aiutarci a riscoprire la bellezza del dono ricevuto nel Battesimo.
La
samaritana - l’acqua che purifica e dona la vita.
Abramo - la
libertà dalla schiavitù del peccato.
Il
cieco nato - la luce che ci fa vedere il vero ed il giusto.
La
resurrezione di Lazzaro è segno della vita nuova che nel Battesimo ci è stata donata.
Il grido di Gesù “Lazzaro vieni fuori” è simbolicamente per noi l’invito a “uscire” dalla condizione di peccato e di morte per entrare nella vita eterna.
Il
seme di eternità ricevuto nel giorno del Battesimo va custodito e coltivato
nella fede che ci porta a credere che in Gesù noi tutti avremo la vita eterna.
“Gesù
le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore,
vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?»”.
Oggi
il Signore pone a noi la stessa domanda: “Credi tu questo?” - “Credi
che la morte non sia la fine di tutto o il termine di ogni cosa?”.
Credi,
credi, credo …?
In
Gesù la morte è diventata la partecipazione piena alla Pasqua di Cristo.
Pasqua
significa “Passaggio”. Per noi la
morte è il passaggio da questa vita alla vita eterna.
Diamo
quindi un significato più profondo e vero a quanto recitiamo nel Simbolo di
fede: “Credo la vita eterna”.
Certamente dobbiamo lottare perché profondamente
legati a questa vita che è quella che conosciamo, mentre non conosciamo la vita
eterna ma “Crediamo”.
Il Signore ci accompagni, ci sostenga e aumenti la
nostra fede.
don
Edy
DOMENICA 3 MARZO
2024
TERZA DOMENICA DI QUARESIMA
Rif. Biblici:
1^Lettura: Es 32,7-13b
Epistola: 1Ts 2,20-3,8
Vangelo: Gv 8,31-59
La terza domenica della Quaresima è conosciuta come la domenica di Abramo.
Oggi
la liturgia ci invita a proseguire il nostro cammino alla riscoperta
dell’importanza e bellezza del nostro Battesimo.
L’acqua
che nel Battesimo purifica e dona la vita è la fonte della nostra libertà,
della libertà autentica che spezza le catene della schiavitù del male e del
peccato.
Il
brano evangelico ci mostra il percorso che viene proposto nella fede in Cristo
Gesù, che si manifesta come il figlio di Dio.
“In verità, in verità vi dico prima che
Abramo fosse Io Sono”.
Come nell’incontro con la Samaritana Gesù rievoca
l’episodio della rivelazione del nome che troviamo nel libro dell’Esodo. Alla domanda di Mosè che chiede: “Tu chi sei?”, Dio risponde: “Io Sono”.
Colui che è visto come un uomo, Gesù, afferma: “Io
Sono” ossia non solo uomo ma anche Dio. “Vero uomo e vero Dio”.
Siamo di fronte ad uno dei momenti più alti della
Rivelazione. Siamo messi faccia a faccia
col mistero che non possiamo né comprendere né spiegare. Solo la fede ci permette di accettare ed
accogliere la parola di Gesù.
I Giudei che incontrano Gesù non credono, non sanno
o non vogliono andare oltre ciò che vedono perché sono prigionieri di se stessi
e della loro storia. Appartengono al
mondo e non a Dio. Dice Gesù: “A me, invece, voi non credete,
perché dico la verità. Chi di voi può
dimostrare che ho peccato? Se dico la
verità, perché non mi credete? Chi è da
Dio ascolta le parole di Dio. Per questo
voi non ascoltate: perché non siete da Dio”.
Il Battesimo ci ha fatto dono della fede in Cristo
Gesù che ci rivela il Padre e ci dona lo Spirito.
La fede è un dono che va custodito, curato e fatto crescere. Dice ancora Gesù: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Ci sono tre passaggi fondamentali senza i quali non possiamo dirci Cristiani.
1. “Rimanere
nella mia parola”. L’essere cristiani, discepoli di Cristo,
significa fondare tutto sulla sua parola.
Noi non inventiamo niente, ma solo la sua parola ci costituisce
Cristiani. Sarebbe molto interessante
spiegare la differenza tra Fede e Religione che spesso interpretiamo in modo
univoco.
Non è così.
La fede è l’adesione piena alla parola, la religione sono i gesti umani
che noi compiamo nel tentativo di visibilizzare ciò in cui crediamo.
2. “Conoscere la verità”. La verità è che nessuno di noi è salvezza a
se stesso per appartenenza etnica o per opere o altro. Solo Dio ci salva. Possiamo dire che questa conoscenza della
verità è un cammino che abbraccia tutta la vita fino all’incontro finale con
Dio.
3. “La
verità vi farà liberi”. È la libertà di chi ha scoperto tutta la sua
insufficienza e fragilità e si fida solo di Dio e sa che (come dice il Salmo):
“Chi in te confida non sarà deluso”. Libertà da ogni paura di morte e ogni altro
sentimento negativo. La Quaresima ci
aiuti a radicarci nella Parola, conoscere la verità ed essere liberi.
don Edy
DOMENICA 25 FEBBRAIO
2024
SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA
Rif. Biblici:
1^Lettura: Dt 5,1-2.6-21
Epistola: Ef 4,1-7
Vangelo: Gv 4,5-42
La
seconda domenica della Quaresima ambrosiana è conosciuta come la domenica della
Samaritana a partire dal brano evangelico di Giovanni che leggiamo in questo
giorno.
Essa
dà inizio alla grande catechesi battesimale, voluta da S. Ambrogio, che si
sviluppa in queste domeniche, sempre a partire del Vangelo di Giovanni.
Domenica
della Samaritana - l’acqua
Domenica
di Abramo - la libertà
Domenica
del cieco nato - la luce
Domenica
di Lazzaro - la
resurrezione
Nel
brano odierno Gesù si propone come Colui che dona l’acqua che estingue sempre
la nostra sete.
La
sete di cui Egli parla è sete di vita eterna.
“Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”.
Siamo
invitati a liberare il nostro spirito da tutto ciò che impedisce l’emergere del
desiderio di eternità che è dentro di noi.
È il
cammino della conversione cui siamo chiamati in questo tempo di Quaresima. Le cose materiali, i beni di questo mondo,
non possono dissetarci. Solo Dio lo può
fare.
Nell’acqua
del Battesimo abbiamo ricevuto il seme dell’eternità, che va curato e non
dimenticato o trascurato.
Ci
chiediamo già oggi se in questi primi giorni di Quaresima abbiamo voluto fare a
meno di tante cose terrene per riscoprire che solo Dio può riempire in pienezza
il nostro cuore e che nel Battesimo ci è stata aperta la via per l’eternità.
Ancora
ci ricordiamo di ringraziare Dio per il Battesimo che abbiamo ricevuto, per
l’acqua che ci ha liberati dal male e ci ha fatti figli e figlie di Dio?
Il
Battesimo facendoci figli/e dello stesso Padre ha realizzato una nuova
fraternità. Ce lo ha ricordato San
Paolo nella seconda lettura.
“Un
solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete
stati chiamati, quella della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede,
un solo Battesimo. Un solo Dio e Padre
di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in
tutti”.
In
Quaresima vogliamo ricordare tutto questo.
don Edy
DOMENICA 18 FEBBRAIO
2024
PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA
Rif. Biblici:
1^Lettura: Is 57,15-58,4a
Epistola: 2Cor 4,16b-5,9
Vangelo: Mt 4,1-11
Iniziamo oggi il Santo tempo della Quaresima che ci porterà a rinnovare il mistero della Pasqua di Cristo Signore.
La
Quaresima evoca attraverso il numero quaranta un periodo di grazia, di
vicinanza del Signore, di uscita da una situazione di schiavitù alla piena
libertà.
Su
tutti gli eventi segnati dal quaranta basta evocare gli anni di Israele nel
deserto e i quaranta giorni di Gesù sempre nel deserto.
La
Quaresima è quindi orientata dalla grazia di Dio che si fa vicino e ci chiama a
conversione, ad un cambiamento profondo di vita.
Il
brano di Vangelo, in modo paradigmatico, ci dice che la nostra vita sarà sempre
segnata da tentazioni che, se ascoltate, ci allontanano da Dio, ci danno una
illusione di gioia e di felicità, che poi non si realizzano.
Nella
seconda lettura San Paolo sottolinea con forza questo aspetto.
“Fratelli, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello
interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso
della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di
gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle
invisibili, perché le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono
eterne”.
Siamo chiamati a fissare lo sguardo sulle cose invisibili e non su
quelle di questo mondo. Da sempre la Quaresima per aiutarci a realizzare questo
passaggio ci propone l’ascolto più attento e profondo della Parola. Una preghiera più convinta nel dialogo con
Dio e il digiuno non solo nell’astenersi da cibi e bevande, ma anche digiuno
del pensiero e della parola e ai nostri giorni della televisione e socials.
Ascolto – Preghiera – Digiuno.
La Quaresima vera è il tempo di lotta.
Sempre San Paolo oggi ci dice di aver fede e
di affidarci a Dio.
“Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano
dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non
nella visione - , siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal
corpo e abitare presso il Signore.
Perciò sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di
essere a Lui graditi”.
Buona Quaresima a tutti.
don Edy
DOMENICA 11 FEBBRAIO
2024
ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Rif. Biblici:
1^Lettura: Is 54,5-10
Epistola: Rm 14,9-13
Vangelo: Lc 18,9-14
La liturgia celebra l’ultima domenica del tempo ordinario dopo l’Epifania.
Il
rito ambrosiano inizierà domenica il tempo forte e sacro della Quaresima.
La
Quaresima ci chiamerà a conversione della mente e del cuore per essere degni di
partecipare ai misteri della Pasqua.
Già
oggi la Parola di Dio ci indica la strada da seguire che è quella di Gesù che
si è fatto servo, è stato umiliato e condannato per noi.
Il brano evangelico chiude dicendo: “Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.
Il profeta Isaia nel quarto carme parla del servo
che si lascia umiliare per la nostra salvezza.
“Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si
copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si
è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo
giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i
nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà
salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si
lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”. (Is
53,3-7).
Ma proprio per questo sarà esaltato. Dice sempre Isaia: “Dopo il suo intimo
tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza”.
Anche
noi nella misura in cui sappiamo seguire Gesù “il SERVO”
conosceremo l’amore di Dio che da lontano si è fatto vicino e da
onnipotente piccolo.
Dice
San Paolo: “Abbiate
in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo
di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma
spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli
uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla
morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome”. (Fil 2,5-9).
Sia
questa la strada da seguire con gli stessi sentimenti di Gesù nel cuore per
entrare nella Quaresima.
don
Edy
DOMENICA 4 FEBBRAIO 2024
PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Rif. Biblici:
1^Lettura: Os 6,1-6
Epistola:
Gal 2,19-3,7
Vangelo:
Lc 7,36-50
Oggi
celebriamo la domenica della “Divina clemenza”.
Le
letture ci parlano di Dio che ci viene incontro per donarci il suo perdono e
farci sperimentare la bellezza di sentirsi amati da lui.
Gesù
ci mostra con le sue parole ed il suo agire che Dio è amore che vuole il bene
di tutti a partire dai peccatori.
La Parola che oggi ascoltiamo ci chiede una profonda conversione, della mente e del cuore.
Il
profeta Osea nella prima lettura ci dice: “Affrettiamoci
a conoscere il Signore”.
Ci chiediamo se noi lo conosciamo o no. Lo conosciamo a partire da quanto lui ci ha
detto, ci dice o ci fa vedere, e non dalla nostra esperienza umana e
terrena. Sempre il profeta mette queste
parole sulla bocca di Iahvè: “Poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la
conoscenza di Dio più degli olocausti”.
Questa
conoscenza deve portarci all’imitazione di Cristo per essere come lui e
manifestare al mondo l’amore di Dio.
Nella
seconda lettura Paolo ci dice: “Sono stato
crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo
nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”.
Sono due i passaggi richiesti. Anzitutto “l’essere crocifissi con Cristo”
ossia aver imparato a dire di no al nostro Io, essere in grado di portare la
croce come lui sapendo che dalla Croce viene la nostra salvezza. Come Cristo vivere la vita come servizio in
risposta ai doni che Dio ci ha dato.
Ciascuno di noi ha avuto una vocazione che ci chiama
a rinunciare a progetti umani propri per
seguire la chiamata del Signore. “Chi vuol essere mio discepolo rinneghi se stesso, prenda la sua Croce e
mi segua”.
Il secondo passaggio ospitare nel cuore i sentimenti
di Cristo e nella mente i suoi pensieri per poter dire: “Non vivo più io ma
Cristo vive in me”.
Tutto questo è il traguardo della vita cristiana
verso cui camminiamo nella sequela.
Portiamo allora la croce e lasciamoci crocifiggere
con gioia per poter portare Cristo in noi.
1don
Edy
DOMENICA 28 GENNAIO 2024
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE
Rif. Biblici:
1^Lettura: Is 45,14-17
Epistola:
Eb 2,11-17
Vangelo:
Lc 2,41-52
Oggi celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Già ci siamo fermati a guardare a questa famiglia in occasione del Santo Natale. Ancora una volta il Vangelo delle feste natalizie ci ha detto che il suo fondamento è l’obbedienza alla chiamata di Dio.
Maria
risponde di sì all’angelo dicendo “sia fatta la sua volontà”, Giuseppe
obbedisce prendendo con sé Maria e accogliendo nella sua famiglia, con
l’imposizione del nome, il figlio suo Gesù.
Il
Vangelo odierno ribadisce tutto questo.
È Gesù stesso che afferma: “Non
sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Ritornati a Nazaret Gesù, Maria e Giuseppe vivono la loro esistenza in completa obbedienza alla volontà del Padre che sta nei cieli.
Vediamo l’espressione di questa obbedienza in due
aspetti molto significativi.
“Gesù stava loro sottomesso”. Egli è il Figlio di Dio ma sa che la sua
missione è quella del “Servo di Jahvè”.
Per i nostri peccati sarà umiliato, perseguitato e messo a morte. Gesù sin dall’inizio anticipa tutto questo
rimanendo sottomesso e nascondendo la sua divinità. In lui si compie quanto detto da Isaia nella
prima lettura: “Veramente tu sei un Dio
nascosto, Dio d’Israele, salvatore”.
Il nascondimento di Nazaret è segno che egli è uno
di noi e come noi. Egli sarà
l’Emmanuele, ossia il “Dio con noi”. La resurrezione manifesterà al mondo la
sua divinità e a tutti si rivelerà come “Vero Dio e vero Uomo”, “Vero Uomo e
vero Dio”.
La seconda sottolineatura riguarda Maria di cui si
dice che “Custodiva
tutte queste cose nel suo cuore”.
Ella non comprende ma custodisce perché sa che il
Mistero non può essere spiegato ma va annunciato per la salvezza
dell’umanità.
Nella Santa Famiglia oggi contempliamo il disegno
mirabile di Dio che ha voluto farsi come noi per la nostra salvezza.
Vogliamo custodire nel cuore questa certezza ed
annunciarla mondo intero.
don
Edy
DOMENICA 21 GENNAIO 2024
TERZA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Rif. Biblici:
1^Lettura: Nm 11,4-7.16a.18-20.31-32a
Epistola:
1Cor 10,1-11b
Vangelo:
Mt 14,13b-21
Siamo nel tempo dopo l’Epifania ed anche in questa domenica la liturgia ci presenta un episodio epifanico dopo il racconto del Battesimo al Giordano e la Cena di Cana.
È la
domenica in cui Gesù attraverso il miracolo della moltiplicazione dei pani e
dei pesci si manifesta al mondo come colui che solo può saziare la nostra fame.
Il racconto evangelico va interpretato nella sua ricchissima e multiforme
simbologia.
La fame corporale è segno della fame più profonda e autentica di ogni uomo. Nella misura in cui sappiamo andare in profondità, e non essere superficiali, scopriamo la fame infinita di vita, di eternità, di bellezza, di bene e di pace che le cose di questo mondo non possono darci.
San
Paolo nel brano dell’epistola ci ricorda tutto questo quando dice parlando dei
padri nel deserto: “Tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti
bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale
che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a
Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive,
come essi le desiderarono”.
Abbiamo
fame e sete di eterno.
Per
questo la nostra umanità non può dare una risposta piena e definitiva.
I
discepoli si rivelano incapaci di sfamare la folla che aveva seguito Gesù,
segno dell’incapacità dell’uomo a colmare il desiderio più profondo di senso e
significato che ciascuno di noi ha dentro di sé.
Ci
sono domande a cui non sappiamo rispondere.
“Che
senso ha la vita? Perché il dolore e la
sofferenza e in ultima analisi perché la morte?”.
Solo
nella fede in Cristo possiamo illuminare il mistero oscuro e profondo
dell’esistenza. Cristo ci nutre con la
sua parola che però richiede sempre una risposta da parte nostra. “Credi tu?”.
Sì o
Signore io credo, colmami della tua parola che nutre la mia vita e sazia la mia
fame.
don
Edy
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