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Beni artistici e culturali

LA VERGINE DELLE ROCCE


La parrocchia di Santa Giustina in Affori custodisce da più di 150 anni la Tavola della "Vergine delle Rocce" attribuita da sempre alla scuola di Leonardo, eseguita probabilmente dal Luini.

Si tratta di un dipinto ad olio (inizio ‘500) trasportato su tavola di dimensioni 86,5 x 65,5 cm raffigurante il soggetto leonardesco nella sua seconda edizione, conservata alla National Gallery di Londra.
Rappresenta il leggendario incontro tra i piccoli Gesù e Giovanni Battista narrato nella Vita di Giovanni secondo Serapione e in altri testi sull’infanzia di Cristo: al centro si trova la Madonna che allunga la mano destra a proteggere il piccolo san Giovanni in preghiera, inginocchiato e rivolto verso Gesù Bambino, posto in basso a destra in posizione benedicente; un angelo si trova dietro di lui, mentre Maria stende sul figlio la mano sinistra in un gesto protettivo.

La tavola è stata donata alla Parrocchia di Affori dal cav. Luigi Taccioli, proprietario della Villa Litta, con suo testamento del 10 settembre 1844, consegnata dagli eredi Enrico e Gaetano Taccioli nel 1861 e collocata nel marmoreo altare, opera dell’architetto Luigi Chierichetti, l’8 maggio 1870.

Benché molti critici e studiosi, all’inizio del secolo scorso, l’abbiano ammirata e apprezzata per il grande valore artistico e attribuita ora allo stesso Leonardo, a Marco d’Oggiono e Bernardino Luini, l’opera non è ancora stata attribuita con certezza.
Ricerche e studi successivi hanno rilevato più interventi: nei visi di Maria e dell’Angelo si può intuire la mano del Grande Maestro, nell’assieme del paesaggio lo stile del Luini. Allievi di scuola luinesca hanno completato l’opera che nei secoli ha subito alcuni non lodevoli ritocchi e restauri.

Esposta nel 1939 alla Mostra di Leonardo al Castello Sforzesco, richiesta a Parigi nel 1962 ed esposta nel 1982 al Museo Poldi Pezzoli nella rassegna “Zenale e Leonardo”, la tavola – definita dal Taccioli “opera di grande artista”- è ancora oggi oggetto di interesse e studio da parte di famosi critici d’arte.



La storia, le vicende e gli studi eseguiti sul dipinto sono descritti nel volume “La Vergine delle Rocce di Affori” scritto dal nostro com-parrocchiano Luigi Ripamonti. Il libro è disponibile presso la Segreteria Parrocchiale dal lunedì al venerdì dalle ore 9.15 alle 11.30 e dalle 15.30 alle 18.00 o in chiesa presso il banco de la Buona Stampa durante le Sante Messe.







a cura di Luigi Ripamonti


LA PARROCCHIALE DI SANTA GIUSTINA V. M.  IN AFFORI

Tra le dodici cappelle votive dedicate ai Santi venerati nell’antico territorio di Affori quella dedicata alla giovane martire Giustina ebbe lunga vita e vide nascere attorno a sé il villaggio poi borgo, poi paese di Affori. Sorta ai margini di una stradicciola secondaria che attraversava il territorio in direzione nord/sud verso la grande città dove venivano commerciati i prodotti della terra, dai campi della periferia , venne privilegiata di una particolare devozione .
Nel tempo attorno ad essa si sviluppò il paese lungo la strada secondaria ; le altre due strade militari (romana e per Como) erano troppo pericolose a causa di continui passaggi di eserciti e bande armate.  La piccola cappella subì presto un ampliamento per contenere i devoti in quanto dal 1454, anno di istituzione della parrocchia intitolata appunto a S. Giustina, vi si poterono pure celebrare le SS. Messe ed amministrare i Sacramenti. Con lo sviluppo del paese, favorito dall’immigrazione di contadini dalle zone comasche e bergamasche, si dovette procedere ad un nuovo ampliamento dell’angusta chiesetta. La struttura rinascimentale si può ancora oggi ammirare ( trasformata via via in vari esercizi commerciali) in piazzetta Cialdini. Dagli inizi dell’800 si pensò ad un nuovo ampliamento o, in alternativa, alla costruzione di una nuova e più ampia parrocchiale dislocandola in un terreno più centrale e più spazioso. Dopo un lungo iter di persuasione nei riguardi degli estimati e dei nobili proprietari terrieri del paese, si trovò un accordo tra i possidenti per un notevole sforzo finanziario atto alla costruzione di un tempio degno di tal nome e di tali mecenati. Nel 1853 si diede incarico nientemeno che al famoso architetto Giacomo Moraglia, uno dei più stimati architetti allora operanti in Lombardia che ne tracciò i disegni e ne curò la costruzione affidata ai validi capimastri Verda e Piotti. Il terreno fu acquistato fra le proprietà Lorenzini-Osculati per lire austriache 15.000 e la prima pietra venne posta con rito solenne domenica 15 Marzo 1857. Ai lavori di costruzione partecipò a vario titolo e mansione gran parte della popolazione afforese che, anche nelle domeniche ha prestato la propria volontaria collaborazione  manuale e con mezzi di trasporto e attrezzature. La costruzione venne terminata ai primi di Ottobre del 1859 ed il 23 Ottobre venne solennemente aperta al pubblico culto. Quanto grandiosa e solenne nelle sue arcate, nella grande cupola, nelle colonne , tanto spoglia di opere d’arte religiosa all’interno. Ma negli anni successivi, con la generosa partecipazione del popolo e degli estimati,  ci si premurò di dotarla di quel patrimonio di beni artistici di ottima firma.


L’ARTISTICA SEDIA PRESBITERIALE
Al centro degli stalli in noce del coro, nell’ampia abside, spicca una sedia presbiteriale di ottima fattura in antico e pregiato  noce. Era destinata ad accogliere  un prelato d’alto grado  (Vescovo o Abate) nel presiedere a  funzioni liturgiche nell’antica parrocchiale. Pregevoli intagli a quadrati e piastrelli ne adornano la spalliera richiamando ornamentazioni altomedievali presenti anche nell’arco d’entrata alla Basilica di S. Ambrogio. Vi sovrasta un baldacchino con volta a tutto tondo e le conferisce quell’ieratico aspetto di monumentalità evidenziandone la preziosità. Nel bombardamento del 10 Settembre 1944 è andata perduta la parte terminale a triangolo con inciso un mezzo busto di angelo ad ali spiegate.

Quattro medaglioni ai lati esterni raffigurano due profeti dell’Antico Testamento non meglio identificati, S. Giovanni Battista e S. Ambrogio coi simboli del pastorale e dello scudiscio. In due piccoli tondi su vele frontali rivive il momento dell’annunciazione a Maria. Al centro un tondo mostra il Redentore che regge nella destra l’umanità salvata dal suo sacrificio. Sulla spalliera interna troneggia, avvolto nelle ali di due cherubini, il famoso logo ideato da S. Bernardino da Siena ( ma nativo di Massa Marittima)  e dallo stesso diffuso nella Chiesa occidentale.  Il logo, con iscritto JHS – Jesus Hominum Salvator, è sormontato dalla Croce, secondo la modifica apportata dai Gesuiti. La sedia/tronetto figura già negli inventari della parrocchiale stilati nell’occasione delle Visite Pastorali del Card. Pozzobonelli nel sec. XVIII. 
Tutto quanto scolpito in quel prezioso legno, ottima fattura fine secolo XVI,  tramanda una’antica diceria che afferma essere stata usata dall’Arcivescovo Card. Carlo Borromeo nelle sue due Visite Pastorali alla nostra Parrocchia ( 1568 – 1582). Ma per gli Afforesi del terzo millennio , oltre che un prezioso patrimonio artistico, rimane un vero messaggio di catechesi trasmessoci dai nostri antenati. Un’ autentica, preziosa eredità artistica e morale.






LA STATUA LIGNEA DI S. GIUSEPPE


La devozione a S. Giuseppe in Affori ha radici ultrasecolari: già ai tempi della prima  Visita Pastorale di S. Carlo  ( 20 Dicembre1568) era istituita in parrocchia una Confraternita del SS. Sacramento e di S. Giuseppe alla quale aderivano quasi tutti i capi famiglia del paese. Nell’antica parrocchiale era eretta una cappella dedicata al Santo  e la festa liturgica era celebrata con particolare solennità, preceduta da novena e seguita da triduo in Suo onore. Tale devozione era così radicata che nel 1721 all’unanimità si decise di far scolpire “da abile artigiano intagliatore di Milano” una statua lignea ad altezza naturale da collocare nell’apposita cappella, speculare a quella dedicata all’Immacolata Concezione. 

Il nobile casato afforese dei Canevesi fece dono della preziosa statua alla parrocchia. Con tripudio di festa popolare venne portata in processione da Milano alla sua cappella afforese e nel 1778, il 17 Aprile (e non il 19 Marzo poiché quel giorno cadeva in Quaresima) tutto l popolo afforese tributò al Santo una festa che i documenti ci tramandano con straordinaria vivacità. Allorché nel 1859 venne aperta al culto la nuova parrocchiale, nella cappella dedicata al Santo venne collocata e inserita nell’altare dell’antica parrocchiale, quella stessa statua che oggi possiamo ammirare. Di ottima fattura, la statua ci mostra un padre che accoglie un gesto gentile, una carezza, con la quale  il Bambino  gli sfiora la guancia : tenerezza e grandezza dei due personaggi che da quasi tre secoli accolgono la fede e le preghiere dei devoti Afforesi. 
La cappella dedicata al Santo attualmente ospita alcune opere d’arte: due statue d’angeli  (sec. XVIII) ai lati dell’altare, provenienti dall’antica parrocchiale,due affreschi  (ora staccati dalle pareti) del pittore Enrico Volonterio (1873/1929) raffiguranti  l’annuncio dell’Angelo in sogno al Santo e la sua beata morte assistito da Gesù e Maria SS. Inoltre in facciata l’affresco dell’annuncio a Giuseppe  del pittore Carlo Cocquio di Ligurno e l’altare  con bassorilievi dello scultore De Giovanni ( 1942): sposalizio  e Sacra Famiglia. Al centro altare spicca una pregevole Deposizione, opera dello scultore Ettore Cedraschi, eseguita nel 1953 per un monumento cimiteriale e donata dalla famiglia Tagliaferri.


Corona il complesso dell’altare un’artistica vetrata con l’episodio della fuga in Egitto, opera della Ditta Alemanni e Foglia (1948).



I BRONZEI PORTALI D’INGRESSO

La parrocchiale ci accoglie mostrandoci in tutta la loro maestosità i tre portali bronzei posti al suo ingresso. 

Il grande portale centrale, egregia opera dello scultore PIETRO ZEGNA (dono di Luigi e Giandomenico Baravalli in memoria della loro indimenticata sposa e madre), inaugurato il 27 Maggio 1990, festa liturgica dell’Ascensione di Cristo al Cielo, è quanto mai degna premessa alla lezione di catechesi che la parrocchiale stessa con dipinti, statue, reliquie offre a coloro che la frequentano.
 Sul battente destro spicca in sbalzo il Risorto in gloria ai cui piedi l’Agnello Immacolato è simbolo del sacrificio e della mite      obbedienza alla volontà del Padre. Nel riquadro superiore si nota la scena del Sacrificio, l’orazione nel Getsemani  ed il Cristo deposto in seno alla Madre che Lo piange con dignitoso dolore nell’attesa dell’annunciata resurrezione. Nel riquadro inferiore si nota l’emerito Arcivescovo di Milano, il Card. Martini, che accoglie e benedice, con gesto ieratico e paterno, la nostra Comunità. Sul battente sinistro si nota le gentile ed aerea figura di una giovane donna di Galilea, ripresa nell’atto decisivo del pronunciamento del proprio “fiat”. L’espressione del viso, che accorda giovinezza e maturità, tradisce la consapevolezza con la quale affronta la grande scelta. Ai suoi piedi la colomba, simbolo dello Spirito d’amore, di grazia, di pace. Nel riquadro superiore appare la nascita del Verbo: l’inizio della vicenda temporale ed umana  della Salvezza. Una scena sfrondata da ogni accessorio, ridotta all’essenziale per non turbarne l’intimità, mantenendo il clima di umiltà e dignitosa povertà pur nello stupore dell’evento. Nel riquadro inferiore sono scolpiti, accanto alla torre medievale, già campanile dell’antica parrocchiale, i 10 Santi che all’inizio del millennio avevano cappelle votive loro dedicate dalla devozione degli abitanti del borgo di Aforis. 

Questo portale racchiude in tutto il proprio apparato “ la Bellezza crocifissa ed il trionfo della Bellezza che salva”. Un’armonica simbiosi di arte e di fede.


Il portale di destra, opera dello scultore G. ABRAM che, con tecnica effusiva della “ cera persa”, usata già in antico, ci presenta quattro episodi narrati dagli Evangelisti i cui simboli occupano la parte centrale dell’opera. Nei quattro riquadri  leggiamo : la chiamata degli Apostoli (Matteo), il giovane che      fugge nudo dal Getsemani (Marco), il nobile gesto del samaritano ( Luca), Giovanni e Maria ai piedi del Crocifisso (Giovanni). Inaugurato il 26 Maggio 1991 come “ Porta degli Annunciatori del Messaggio di fede” il portale ci parla col linguaggio semplice fissato nel bronzo da valida mano di artista e da profondo spirito di credente. 


Il portale di sinistra, inaugurato il 27 Settembre 1992, festa patronale, è anch’esso opera dello scultore PIETRO ZEGNA. Si presenta suddiviso in sei riquadri nei quali spiccano le immagini  di grandi figure di Vescovi di Milano: S.      Ambrogio che amministra i Sacramenti, S. Carlo che catechizza i fedeli, i Beati Cardinali Ferrari e Schuster che soccorrono, con gesto pietoso, i fratelli bisognosi  o colpiti da sventura. Gesti di annuncio, di accoglienza e di amore che danno profondo significato all’opera. Nei riquadri centrali è raffigurata la Comunità afforese fine millennio accanto al loro pastore d’anime,.Famiglia , piccola chiesa e Comunità come grande famiglia. Lo scalpello come strumento di arte, ma anche di preghiera e di fede.



IL BATTISTERO


Varcato il portale sinistro dell’ingresso, si nota  la piccola cappella riservata al Battistero, rispettando l’antica usanza. In quella marmorea vasca battesimale da oltre 3 secoli, sono rinati alla Grazia intere generazioni di Afforesi. Infatti la stessa proviene dall’antica parrocchiale ( come le due acquasantiere e molte altre suppellettili)  Sino agli anni ’50 aveva come copertura una specie di cupola cuspidale in legno  ed era avvolta da un bianco lino.  Ora fa bella figura ricoperta da una cupoletta in cristallo  con i classici 8 spicchi e con incisi i 7 Sacramenti ed una Croce. Nella parete di fondo, sovrastante una mensola, il pittore prof. Archimede Albertazzi (al quale si deve l’affrescatura di tutta la parrocchiale nel 1927)  ha raffigurato il battesimo di Gesù ispirandosi ad un celebre dipinto di Daniele Crespi del 1625, ora a Brera.Il battistero è chiuso da un prezioso cancelletto in ferro battuto, opera di fabbri afforesi e dagli stessi donato nel 1893. Inoltre è  impreziosito da un artistico lampadario in ferro battuto , dono del sig. Carlo Santambrogio ed illuminato da un’artistica vetrata, dono dei coniugi Carlo e Bianca Rusconi in occasione del battesimo del loro terzo figlio Giovanni Maria.  Il primo rito battesimale celebrato nella nuova parrocchiale è stato amministrato a Scotti Luigia Marianna Elisa Ravanelli  il 29 Novembre 1859.


Nel 1939 all’affresco dell’Albertazzi venne sovrapposta una pregiata tela, opera di scuola lombarda  primo ‘600. Questa pala d’altare ha una particolare storia: infatti, in occasione delle benedizioni natalizie alle famiglie, nel Natale 1938 il parroco Don Luigi Tognola, buon estimatore d’arte, ebbe espressioni ammirate verso il dipinto notato nella villa del cav. Attilio Prandoni. L’entusiasmo verso l’opera venne ricambiato con una gradita donazione alla parrocchia, avvenuta in occasione del battesimo della nipotina Nazzarena, figlia dei coniugi Luigi Galli e Prandoni Elena. Affidata per un delicato restauro all’esperienza del Prof. Mario Rossi, incorniciata in  un’artistica ancona dorata in faggio duro, scolpito a foglia d’oro e argento antico, venne collocata appunto sulla parete di fondo del Battistero. Per ragioni di sicurezza, ora la pala è esposta in sacrestia.



IL MONUMENTALE ALTARE MAGGIORE


Entrando nell’ampia parrocchiale, costruita in perfetto stile neoclassico su disegno del famoso architetto GIACOMO MORAGLIA, lo sguardo viene attirato dal maestoso altare maggiore che, nel calore dei preziosi marmi, offre l’immagine di un complesso in armonia con il tempio che lo racchiude. Costruito su disegno dell’architetto LUIGI CLERICHETTI, cognato del banchiere cav. Luigi Taccioli, proprietario di Villa Litta, nel 1862, venne a sostituire il precedente altare provvisorio in legno. Donato dalla munifica nobildonna Giulia Clerichetti Taccioli nel 1862 come inciso nella lapide posta in coro: “Ara costruita per la generosità e la devozione di Giulia Clerichetti Taccioli nel 1862, I Fabbriceri della chiesa memori posero. ”Sei candide e snelle colonnine in marmo bianco sorreggono il tempietto sul quale svetta il Risorto benedicente, opera del famoso scultore Luigi Marchesi ( fratello dell’altrettanto famoso scultore Pompeo Marchesi)  autore anche dei due Cherubini posti ai lati dell’altare che rappresentano la Preghiera (lato destro) e l’Adorazione (lato sinistro). 



 Il centro religioso dell’altare è il Tabernacolo con porta dorata e gemmata, opera dell’architetto afforese Ambrogio Annoni (anni 30). Nelle solennità l’altare viene impreziosito con un artistico paliotto in legno dorato (recentemente restaurato) a sfondo rosso raffigurante la cena coi discepoli di Emmaus ed ai lati  le figure di S. Ambrogio e San Carlo.













GLI AFFRESCHI AI LATI DELL’ALTARE MAGGIORE


Un episodio passato nelle cronache del tempestoso periodo della peste nera che nel 1576  ha falcidiato decine di migliaia di vittime tra la popolazione milanese, dopo aver infestato tutto il territorio lombardo, ha dato  spunto per l’affresco al lato sinistro dell’altare maggiore. Tratto dal “Memoriale di S. Carlo Borromeo” sull’espandersi del contagio tra la popolazione, narra che un frate cappuccino, passando  tra mucchi di cadaveri, giacenti nel Lazzaretto di Milano,  ha udito una flebile invocazione di un moribondo che gli chiedeva d’essere comunicato prima del passaggio all’eternità: “Una volta ancora” questo l’estremo desiderio  di quel corpo in disfacimento ma con la forza di una grande fede. Questo momento di straordinaria intensità ha ispirato il genio del pittore DAVIDE BEGHE’ che nel 1902 l’ha fissato nel tempo sulla parete del nostro altare maggiore. 

Dirimpetto a questo affresco nel 1904  il pittore LUIGI VALTORTA (maestro del Beghé) ha richiamato l’episodio dell’istituzione in Milano delle SS. Quarantore  ideate da S. Antonio Maria Zaccaria nel 1530. Il Santo fondatore dei Chierici Regolari di S. Paolo (detti Barnabiti) e delle Suore Angeliche, è raffigurato nell’atto di invitare i fedeli all’adorazione del SS. Sacramento. Due affreschi quindi che richiamano l’Eucaristia e  la presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche. Il parroco  don Paolo Giorgetti ha scelto i il tema dei due affreschi con opportuna saggezza e  mirata opera di catechesi.



IL NUOVO ALTARE E L’AMBONE 

In sostituzione dell’altare provvisorio in legno intagliato da artisti della Val Gardena, durante la S.Messa delle ore 18 di Sabato 5 Febbraio 2011, sono stati inaugurati il nuovo altare e l’ambone per la lettura della Parola di Dio.  Donati da una nostra comparrocchiana, le opere in purpureo blocco di roccia sono abbelliti da due fusioni in bronzo effettuate dalla CU.PRO. Fonderia Artistica di Novate Milanese, nate dalla creatività dello scultore  Piergianni Cedraschi.
All’altare è raffigurata la scena della cena di Gesù coi discepoli di Emmaus, all’ambone una pregevole immagine della giovane martire padovana Giustina, nostra Patrona da circa un millennio. 
Il nostro comparrocchiano geologo dr. Piercarlo Cattaneo così ci descrive il blocco marmoreo delle due opere: “ Si tratta di roccia calcarea del Periodo Devoniano (Paleozoico)  trasformata sotto enormi pressioni e per un complesso di fenomeni atmosferici nel corso di centinaia di milioni di anni. Il nostro è il marmo detto “rosso Francia Languedoc classico”  molto pregiato,  che troviamo anche nella fascia centrale del nostro altare maggiore costruito nel 1862 dall’architetto Luigi Clerichetti”.





L’ ANTICA VIA CRUCIS

Costruita nel 1859 la nuova parrocchiale, su disegno dell’arch. Giacomo Moraglia, installato il nuovo altare maggiore in pregiato marmo nel 1862 su disegno dell’arch. Luigi Clerichetti, un parrocchiano afforese, con nobile gesto, nel 1864 fece dono alla parrocchia di una preziosa artistica Via Crucis in sostituzione della modesta già esistente. 



Nei documenti si legge: “Il signor Luigi Mauro fece dono di magnifica Via Crucis a stampa, benedetta da un Frate Minore Osservante del Convento di S. Angelo in Milano, con artistiche cornici  intagliate da Ambrogio Ghezzi di Niguarda. Così recita la lapide incisa in lingua latina, tradotta  - Questa Via Crucis, che ricorda i misteri della Passione di Cristo, condecora internamente il Sacro Tempio – LUIGI MAURO – eresse nell’anno del Signore  1864. La sua memoria sia in benedizione.” La preziosità delle 14 stampe raffiguranti la Via Crucis deve essere stata ben apprezzata dalla popolazione cosicché il parroco don Giovanni Panceri pubblicò la notizia sul quotidiano “ La Gazzetta di Milano” (conservata in archivio) del 12 Aprile 1864.  “ Il signor Luigi Mauro, addetto allo studio del rinomato, onesto e benefico banchiere Giulio Belinzaghi di Milano, altro dei miei parrocchiani, buon cittadino  italiano ed insieme buon cattolico praticante, sebbene carico di figliolanza, né fornito di ricche fortune, faceva or ora erigere a tutte sue spese, nella suddetta chiesa di Santa Giustina in Affori, una magnifica ed artisticamente preziosa Via Crucis che, per singolare suo pregio , merita d’esser ricordata al pubblico.” Le 14 illustrazioni su stampa d’’epoca e carta speciale, in buono stato di conservazione, recano impressa  la loro origine: autore – J. Carot – ed. Massard – Impr. Villain – Edit. Daniel – Paris; a detta di competenti possono risalire alla fine del ‘700.  Un vero capolavoro ritrovato ed ora gelosamente custodito.


LE ARTISTICHE VETRATE

 Varie ed a soggetti con insiti diversi messaggi  sono le vetrate artistiche che danno luce alla parrocchiale e ne riflettono le luci  all’esterno in occasione di solenni riti serali. Alle vetrate infatti è affidato il compito di fungere da visivi strumenti di catechesi: coi loro mille vivaci colori e con le ammirevoli policromie  ci si propongono come vere pagine di lettura biblica con episodi tratti  dalle Sacre Scritture.
Le vetrate che danno luce dal coro ci presentano due Angeli: quello di sinistra sorregge un’ardente lampada, l’altro stringe al petto una croce : ambedue hanno in testata un cartiglio recante  l’espressione paolina ai Colossesi 1-24: “Adimpleo ea quae desunt passionum Christi in carne mea”. Ai lati superiori dell’altare maggiore una vetrata raffigura il pellicano che nutre i suoi piccoli col proprio sangue e l’agnello, tradizionale simbolo della mansuetudine della vittima sacrificale. Le due cappelle laterali (una dedicata alla Vergine SS. l’altra a S. Giuseppe) ricevono la luce filtrata dalle vetrate che ci presentano la Vergine Assunta in Cielo e la fuga della Sacra Famiglia in Egitto. 


Le vetrate perimetrali ci mostrano degli Angeli ai quali è affidato il compito di ricordarci alcune verità di fede. 

L’Angelo dell’amore – la scritta del cartiglio recita: “Tu scis quia amo Te.” (Tu sai che Ti amo): la risposta di Pietro a Gesù.

L’Angelo del pentimento :- con la scritta: “ Propitius esto mihi peccatori” (Sii misericordioso con me peccatore), il grido del Salmista: “Pietà di me, o Dio, pietà , secondo la tua infinita misericordia!”

L’ Angelo della fede – con la scritta: “Dominus meus et Deus meus” (Signore mio e Dio mio!”, l’esclamazione di Tommaso di fronte all’evidenza del Risorto. 

L’Angelo della preghiera – con la scritta “Pater noster qui es in Coelis” – La preghiera dettata da Gesù stesso a noi, figli dello stesso Padre.

L’Angelo della nuova nascita – sita nel Battistero Il battesimo della Nuova Alleanza e la veste candida che figura l’anima da mantenere pura e illibata nella sequela della Legge di Dio.
Due grandi lunotti superiori immettono luce dorata  dall’alba al tramonto. Le vetrate sono preziosa opera della famosa ditta Foglia e Alemanni, specializzata nel ramo e sono state  applicate dopo il terribile bombardamento del 10 Settembre 1944 che ha colpito gravemente la nostra parrocchiale mandando in frantumi le vetrate esistenti.



I QUATTRO SANTI VESCOVI

In occasione di solenni festività condecorano il nostro altare maggiore quattro Santi Vescovi, raffigurati ad altezza naturale in statue di bronzo dorato  di egregia fattura, opera della famosa Ditta Broggi di Milano, donate nel 1883 dal cav. Gaetano Dacomo. 
Esse rappresentano i Santi:

CARLO BORROMEO e AMBROGIO – compatroni della diocesi ambrosiana

AGOSTINO di Tagaste (Numidia) , grande Dottore della Chiesa, l’aquila di Ippona, il diletto figlio spirituale di Ambrogio, dallo stesso battezzato nel 387  nel Battistero paleocristiano di Santa Tecla (attualmente v. gli scavi sotto il Duomo)


BARNABA – originario dell’Isola di Cipro, considerato il tredicesimo Apostolo dalla Chiesa primitiva, accompagnò S.Paolo nelle sue prime peregrinazioni apostoliche e venne lapidato nel 56 d.C. Nel 51 d.C. consacrò nella romana Mediolanum  il primo fonte battesimale  e issò in un bosco di querce la prima Croce il giorno 13 Marzo, passato poi nella tradizione milanese come “el tredesin de mars”.

Nel piedestallo di ogni singola statua è inserita una targhetta  con iscritta una particolare invocazione al Santo.
S. Carlo Borromeo – “Respice de Coelo vineam tuam” (Guarda benigno dal Cielo la Tua vigna)
S.Agostino – “Pro nobis peccatori bus intercede” (Intercedi per noi peccatori)
S.Ambrogio – Pastore di Milano – “ Gregem tuere jugiter”  (Proteggi assiduamente il Tuo gregge)
S.Barnaba – “Exaudi preces supplicum ut fidei zelo succensi sint” –(Esaudisci le invocazioni di chi Ti supplica affinché ci infiammino di zelo per la fede).
Non solo un ornamento, seppur prezioso, ma un richiamo ed un monito alla nostra chiamata alla santità!



LA CAPPELLETTA DEI SANTI ED IL SACELLO DEI DEFUNTI 


Appena oltrepassato l’ingresso laterale destro della parrocchiale si accede ad una cappelletta riservata ai Santi che in precedenza avevano statue dislocate nello spazio della chiesa. In armonia con le nuove disposizioni liturgiche dettate dal Concilio, sono state poste in un unico luogo. Gli Afforesi avevano particolare devozione ai Santi Francesco, Rita da Cascia,  Antonio da Padova e Teresa del Bambin Gesù. Scolpiti in legno dallo scultore comparrocchiano Gattolin Benvenuto, affiancano la nostra Patrona Giustina e ci introducono nel sacello dedicato ai nostri defunti. I numerosi loro nomi sono scolpiti in tavolette marmoree ed impressi in targhette di plastica 
formando il nostro Campo Santo  in cui la Croce, un fonte battesimale ed il cero pasquale ci ricordano il dolore, la vita alla Grazia, la resurrezione con la vittoria di Cristo sulla morte. 





I TRE TABERNACOLI


Al momento della sua costruzione (1862) l’altare maggiore era dotato di un tabernacolo in legno dorato, in netto contrasto con la maestosità del complesso marmoreo. Solo qualche anno dopo si provvide alla sistemazione di un tabernacolo in marmo. Nel 1933, su disegno del comparrocchiano e già famoso architetto Ambrogio Annoni, si installò l’odierno artistico tabernacolo con porticina dorata e gemmata, sovrastato da un’icona dell’Agnello inserito in una conchiglia. Il tutto in armonico stile con la bellezza dell’altare del Clerichetti. 


L’altare della cappella dedicata a S. Giuseppe presenta un tabernacolo di semplice fattura ed in linea col complesso di quello che dal 1836 fungeva da altare maggiore dell’antica parrocchiale. I fregi ornamentali, nello stile dell’altare, contornano la dorata porticina sulla quale spicca la classica iconografia dell’occhio di Dio Onnivedente, Onnipresente e sprizzante un fascio di raggi luminosi che vincono un cumulo di nuvole.







Diverso soggetto raffigura la porticina dorata del tabernacolo all’altare della cappella dedicata a Maria SS. Un Cristo Risorto, luminoso e trionfante  sembra uscire dal tabernacolo modellato a forma di antico sepolcro. L’opera è coeva con l’altare marmoreo del Clerichetti e datata 1861





L’AFFRESCO DEL SEMICATINO




Distrutta in seguito al bombardamento del 10 Settembre 1944, l’area del semicatino sovrastante l’abside venne ricostruita nel 1945 e affidata alla maestria del pittore Carlo Cocquio. La scena raffigurata ci presenta in un spazioso orizzonte la S. Trinità in gloria: il Padre, lo Spirito Santo ed il Figlio, in continuità spaziale, in un cielo a nubi concentriche son circondati da dodici Arcangeli che cantano l’eterna lode al Cristo Risorto. Un gruppo di dieci Santi affianca  il Cristo in gloria ed ai lati estremi due angioletti recano cartigli con scritta. I dodici Arcangeli rappresentano le dodici tribù d’Israele ed i Santi raffigurati sono quelli che nell’antica Affori erano oggetto di devozione in cappelle loro dedicate e sparse nei campi del territorio. 
Partendo da sinistra vediamo S. Severo – artigiano scalpellino e poi vescovo del IV secolo, S. Eurosia  vergine, la cui cappella venne edificata solo nel 1698,  S. Clemente I papa e martire, S. Giustinamartire di Padova, la nostra Patrona,  Maria SS. S. Pietro, S. Mamete, giovinetto martire di Cappadocia, l’Arcangelo S. Michele, il difensore contro le forze del male, S. Apollinare, primo vescovo di Ravenna del II secolo,  S. Martino vescovo di Tours . Santi già citati nel “Liber Notitiae Sanctorum Mediolani”  opera  del canonico di Rovello Goffredo da Bussero, datata 1285
Delle antiche cappelle solo quella dedicata a S. Mamete, coi suoi preziosi affreschi del 1100,  si è salvata nel corso dei secoli ed ancora oggi ci racconta della profonda devozione dei nostri antenati. L’angioletto alla sinistra, detto “l’angelo del dolore” col cartiglio ricorda la triste notte di morte del 10 Settembre 1944 che distrusse la parte nord della parrocchiale. L’angioletto alla destra, detto “ l’angelo della gioia” nel cartiglio ricorda lo sforzo solidale e generoso di tutta la popolazione compiuto per la ricostruzione di quanto la violenza della guerra aveva distrutto. 




GLI AFFRESCHI AI TRANSETTI


Nel 1942 fu affidato al pittore Carlo Cocquio il primo incarico di affrescare con quattro episodi della vita di Gesù gli spazi alti dei transetti. Vennero pertanto scelti quattro momenti particolari tratti dal Vangelo: la nascita a Betlemme, il discorso della montagna, l’ elezione di Pietro a capo della Chiesa e la deposizione dalla Croce.
Nell’affresco della Natività l’espressione dolcemente materna di Maria, l’estasiata ammirazione di Giuseppe . l’umile e semplice offerta di doni dei pastori, vengono irradiati dalla luminosa immagine del piccolo nato Figlio di Dio. L’Angelo/stella annuncia al mondo avvolto dalle tenebre e dal freddo delle notti betlemite il grande annuncio che a noi è nato il Salvatore.

Il discorso della montagna riassume il programma della dottrina del Verbo: la nuova scelta di valori fondamentali per un cammino verso il Regno. Il popolo d’ogni età e condizione attornia il Messia e Lo ascolta con attenzione.  Una Parola che giunge sino a noi che ammiriamo Gesù, a mano alzata, che pronuncia il suo messaggio:  “Beati”
Gesù affida la nascente Chiesa a Pietro, fondandola sulla roccia: “Tu sei Pietro e su questa pietra fondo la mia Chiesa”. Gli Apostoli assistono al grande evento in cui Cielo e terra si toccano per la continuità della Buona Novella di salvezza per il nuovo popolo di santi. All’estrema sinistra un Giuda (senza aureola) stringe tra le mani il prezzo del tradimento, ponendosi fuori da quella Chiesa che Gesù sta consegnando a Pietro.

Un’atmosfera di dignitoso dolore soffonde la scena della deposizione: gli sguardi fissi su quel Corpo martoriato ed inerte, abbandonato in mani pietose ed amiche. Maria accenna ad un’ultima materna carezza al suo Figlio, la Maddalena ad un delicato  quanto significativo gesto di affetto, Giovanni ad un moto di pietà. Ma quelle membra dal pallore marmoreo della morte quanta vita sprizzeranno dall’incavo oscuro e roccioso del sepolcro di Giuseppe d’Arimatea.

Quattro affreschi che sintetizzano la vita del Messia, dalla nascita alla proclamazione della Buona Novella, dalla fondazione della Chiesa alla definitiva chiusura della vicenda umana del Messia, preludio alla gloriosa resurrezione. Un micro vangelo che ci richiama alle verità di fede che ci fanno un testimoniante “popolo di Dio”. 









GLI AFFRESCHI DELL’ ABSIDE


Nel 1948 fu affidato al pittore Carlo Cocquio l’affrescatura dell’abside con due quadri raffiguranti il processo a Giustina  Cipriano ed il martirio dei due giovani ordinato dall’imperatore Diocleziano nel IV secolo a Nicomedia. Nota curiosa: il pittore Cocquio, per meglio inserire la vicenda della Santa Patrona nel contesto della comunità afforese, si ispirò a veri personaggi del quartiere . Particolare fu la designazione della figura di Satana sconfitto e cacciato in un angolo della scena: il parroco don Tognola segnalò al pittore un ragazzo la cui vivacità ed irrequietezza erano ben note tra la popolazione. Da notare il grande contrasto di luci ed ombre tra la serafica figura di Giustina e la tenebrosa immagine del demonio tentatore. 

Nella scena del martirio è ben visibile tra il pubblico la figura del parroco don Tognola, solerte animatore nella gravosa opera della ricostruzione della parrocchiale. Le vicende raffigurate negli affreschi dell’abside si riferiscono a Giustina (e Cipriano) che per molto tempo, sino a qualche decennio fa, i parrocchiani avevano indicato come Patrona. Ricerche successive hanno condotto invece all’identificazione della Patrona in Giustina, giovane martire di Padova, molto più aderente a documentazione storica che non la leggenda di Giustina e Cipriano. 

Le artistiche vetrate, raffiguranti gli Angeli della Fede e della Testimonianza, fanno da cornice alla vicenda dei due martiri rimarcando il profondo significato del loro sacrificio. 
Nella parte centrale domina la mano benedicente del Creatore con le iniziali Alfa ed Omega inserite in una gran croce attorniata da quattro medaglioni raffiguranti i simboli degli Evangelisti.